Firenze nei secoli, fra storia e tradizioni

Edito da Polistampa per Sarnus, il volume di Luciano Artusi e Donatella Cirri (pp. 352, Euro 20), accompagna il lettore alla scoperta della storia e delle tradizioni fiorentine e toscane, dalla politica all’economia, dalla cucina alla letteratura.

19 marzo 2016 15:59
Firenze nei secoli, fra storia e tradizioni

FIRENZE - Firenze (e la Toscana) di santi e di eroi, imperatori e mercanti, poeti e contadini: questi i protagonisti di oltre due millenni di storia, ricostruita e narrata nel bel volume di Luciano Artusi e Donatella Cirri, appena edito da Sarnus, etichetta della casa editrice Polistampa, espressamente dedicata all’arte e alla cultura della Toscana. Il titolo, Storie della Storia di Firenze. Cronaca, tradizioni, misteri, moda e cucina dai Villanoviani ai Medici,è emblematico dello scopo di questo puntuale e intelligente volume, che intende ricostruire venti secoli di evoluzione della civiltà toscana, affiancando la storiografia “maggiore” a quella “minore”, per dar voce a figure poco conosciute ma non per questo meno significative, per raccontare l’evoluzione di usi e costumi popolari, per affiancare gli avvenimenti politici ad aspetti sociali quali la religiosità, le feste, l’ordinamento economico, e inquadrare la storia del territorio in tutti i suoi aspetti, con particolare rilievo alla dimensione popolare, perché la storia è un mosaico di tanti piccoli fatti, anche umili, che in un certo senso costituiscono la scintilla per eventi di maggior portata, come si comprende, in maniera anche un po’ ironica, a proposito di Cosimo de’ Medici e della sua predilezione per i beccafichi.

A prima vista, un libro del genere sembrerebbe uno dei tanti dedicati alla storia locale, ma a renderlo del tutto peculiare, è l’attenta ricerca dalla quale nasce, basata su un’indagine storica, sociale, artistica, letteraria, architettonica, che trasmette al lettore di oggi un quadro il più ampio possibile dell’evoluzione della città di Firenze, e dei suoi dintorni, dalle origini agli ultimi Medici. Un volume scritto con la genuina passione per la ricerca storica, una passione confermata dall’approfondimento che, senza pedanterie accademiche, caratterizza ogni singolo capitolo, e coinvolge il lettore grazie a un piglio che lo rende una sorta di conversazione fra amici, nel bello stile della colloquialità toscana; un libro, quindi, che ci appartiene anche nei suoi caratteri stilistici, quelli di una prosa asciutta ed esauriente, che si avvale anche di citazioni da autori della grande tradizione toscana, da Dante a Ricordano Malespini, da Giovanni Villani agli umili ma saggi proverbi popolari; terzine della Divina, appunti storici, notazioni dell’esperienza quotidiana, compenetrano e arricchiscono le pagine, dando loro un particolare sapore familiare.

Manca il taglio accademico, si diceva di sopra, per meglio rispondere al carattere dei toscani e della Toscana - “che alla poesia preferisce la prosa”, come suggerirebbe Curzio Malaparte -, ma anche per ribadire che qui, più che in altri territori, il popolo ha sempre avuta una sua vitalità, una propria idea ben ferma del concetto di libertà e di autonomia, puntelli su cui costruire una civiltà in grado di primeggiare nell’economia e nelle arti. Immergersi nella lettura significa compiere un viaggio caleidoscopico nella storia di Firenze e della Toscana - dalle origini della civiltà villanoviana, fino agli ultimi Medici -, compiuto sia attraverso la rievocazione dei grandi fatti che hanno interessata la città, sia con l’approfondimento di figure meno conosciute, sia con interessanti e gustose “divagazioni” nella gastronomia, nella storia del costume, della tecnica e della medicina, nell’aneddotica d’autore, nella citazione dotta; ne risulta un quadro estremamente composito, che ci restituisce l’immagine di una città vivace, operosa, ingegnosa, che seppe essere “capitale del mondo”.

Scorrendo le pagine, ci si imbatte nella scorrere della storia e nell’evoluzione della società, scoprendo i cambiamenti urbanistici e architettonici della città di Firenze, i suoi impeti artistici e intellettuali, un certo raffinamento della gastronomia, e la situazione degli usi e costumi cui erano soggetti i cittadini e i campagnoli. Ognuno dei capitoli affronta tutti i vari aspetti della storia, presentandosi come un corpus organica, inserito nel più ampio progetto dell’intero volume.

Il viaggio prende le mosse dall’insediamento villanoviano, la cui storia è ricostruita attraverso la citazione della campagna di scavi della fine dell’Ottocento, nel periodo del “risanamento” del vecchio centro storico. I resti di quella civiltà sono oggi ammirabili al Museo Archeologico, così come i reperti dell’Età Etrusca. Con il 59 a.C. anno della fondazione della colonia romana, Firenze (Florentia), assume la denominazione che la caratterizza ancora oggi, e acquista una certa importanza geografica per la sua posizione sull’Arno, importante arteria commerciale in quanto all’epoca navigabile.

Ad aiutare il lettore nell’immaginare la città di queste epoche lontane, riproduzioni grafiche di spaccati di vita, fotografie degli scavi archeologici di fine Ottocento, oltre a dettagliati paragrafi sugli usi e i costumi, in particolare quelli gastronomici, ma anche i “consigli di bellezza” delle dame del tempo.

Particolarmente suggestivi i capitoli dedicati al Medioevo intriso di spiritualità e misticismo, in tempi in cui la fede era il solo baluardo da ergere contro carestie e pestilenze. Il fatto storico affianca e compenetra la leggenda, ed ecco allora San Miniato, San Zanobi, Santa Reparata - figure molto venerate nella Firenze dell’epoca -, compiere i loro miracoli, proteggere la città dalle invasioni straniere, mentre all’intorno prosperavano i monasteri e i castelli dei grandi feudatari, in un’epoca in cui l’economia curtense era basata sull’autosufficienza, a causa delle difficoltà dei commerci, soggetti alla scarsità di vie di comunicazione e di sicurezza.

Una società chiusa, immobile, anche da un punto di vista sociale, condizioni particolarmente difficili per le donne, ma il volume di Artusi e Cirri fa luce su interessanti e coraggiose figure femminili quali Berta di Lotaringia (discendente di Carlo Magno), Matilde di Canossa e Gualdrada dei Berti; tre donne che tra l’800 e il 1100 fecero molto parlare di sé, distinguendosi per intelligenza politica e forte personalità le prime due, e per virtù e pudicizia di costumi. Conoscerle attraverso le loro gesta, le loro parole, immaginarle sfidare la rigida società medievale, tenere testa a re e imperatori, è un modo per rinsaldare le nostre radici, e, perché no, esserne fieri.

A fianco di queste gloriose figure, un mondo operoso e pio di contadini, pievani, artigiani, pellegrini, a suo modo pittoresco e colorato; leggendo i capitoli, che ne forniscono puntuali ritratti, pare di sentire, in sottofondo, San Bernardino predicare alla folla inginocchiata, o Franco Sacchetti narrare una novella arguta. E ancora, il sistema mercantile, i primi banchieri, Dante e gli Stilnovisti, i Guelfi e i Ghibellini. Non meno affascinante l’Età Umanistica, probabilmente l’apice della storia fiorentina, dagli ultimi capitani di ventura al consolidamento del potere mediceo.

Alla dinastia avviata da Cosimo il Vecchio, è dedicata un’ampia parte del volume, che ne ricostruisce i vari aspetti: le figure principali, comprese le loro grandi donne, quali Clarice Orsini, Contessina de’ Bardi e Bianca Cappello, ma anche la loro passione per la caccia, le feste, il “carnasciale”, la predilezione per i manicaretti dei grandi cuochi. E ancora, la passione dei Granduchi per la botanica, l’alchimia, l’archeologia, la letteratura, la filosofia.

Con il Seicento, Firenze conosce l’inizio del tramonto, ma tuttavia saprà mantenere la sua vocazione di città aperta alla cultura, e nonostante la cappa di piombo della Controriforma, ospiterà Galileo e sarà al centro di interessanti innovazioni tecniche e agricole, così come vedrà la nascita del melodramma. Il Seicento vede anche il fiorire delle Accademie, e il consolidarsi della tradizione conviviale dei banchetti, che il libro affronta con dettagliata competenza. Senza mai perdere di vista il popolo, colui che sin dalle origini è soggetto attivo del territorio (tanto che gli stessi Medici non vantano origini nobiliari, ma popolari), che se mal sopportò Cosimo III, dimostrò invece bonario affetto per Gian Gastone, e autentica gratitudine e venerazione per Maria Luisa, l’Elettrice Palatina che con lungimiranza legò alla città il patrimonio della famiglia Medici.

Con lei si chiude l’arco storico preso in esame da Artusi e Cirri, appena prima che la Toscana passi sotto la dominazione lorenese, perdendo un po’ della sua identità libertaria, che mai più ha conosciuta piena espressione.

A dare la misura dell’identità fiorentina e toscana, il ricco apparato di festività e ricorrenze, laiche e religiose, di cui il volume dà ampio conto. Un libro da leggere, da studiare, ma anche soltanto da sfogliare, lasciandosi attrarre dal ricco apparato iconografico, rigorosamente in un bianco e nero d’altri tempi, che documenta opere d’arte, palazzi, chiese, monasteri, ma anche miniature con scende di vita quotidiana, stemmi araldici, tabernacoli e vedute urbane. Impreziosisce il volume, un vero e proprio ricettario, dispiegato lungo i capitoli, che attraverso le epoche storiche mostra l’evoluzione della cucina di casa nostra, specchio di abitudini, necessità materiali, osservanze religiose e di una diremmo poetica vicinanza alla natura e ai suoi cicli.

Una cucina che, nelle sue linee guida, si è mantenuta ancora oggi pressoché immutata, a testimonianza del carattere “conservatore” del popolo toscano, della sua lucida parsimonia, del suo pragmatismo, in cucina come in politica, potremmo dire.

Un libro del genere, lo si potrebbe adottare nelle scuole, affinché anche le future generazioni abbiano ben impresse le radici dalle quali proveniamo, in tempi di sbandierata “globalizzazione”, portatrice però di un relativismo in larga parte dannoso, che crea qualunquismo e preoccupanti sacche d’ignoranza. Ripartire dal territorio, dalla sua storia, può essere invece un modo per ritrovare se stessi. Anche grazie ai libri.

Niccolò Lucarelli

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