Eutanasia all’italiana è quella che spesso viene praticata nel silenzio e con complicità di medici e non solo nei confronti di persone che “implorano” di porre fine alla loro vita sofferente. Poi c’è anche la variante quando il familiare si uccide a sua volta, o cerca di farlo.
A seguito della recente sentenza della Corte costituzionale 132/2025, “Libera”, 55enne toscana completamente paralizzata a causa della sclerosi multipla, non potrà, per ora, essere aiutata da un medico nella somministrazione del farmaco letale, come aveva chiesto. Il giudice dovrà, infatti, verificare a livello nazionale l’esistenza di strumentazioni per l’autosomministrazione. Nel frattempo le condizioni di “Libera” sono peggiorate, non riesce quasi più a parlare.
Assistita dal collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, la donna al momento non può procedere autonomamente con l’assunzione del farmaco per il fine vita: non può autosomministrarsi il farmaco letale a causa delle sue condizioni fisiche ma neanche ottenere la somministrazione del farmaco letale da parte del medico.
Approfondimenti
Queste le parole di “Libera”, affidate all’Associazione Luca Coscioni, a seguito della sentenza: “Capisco che sia difficile comprendere davvero cosa significhi per me continuare ad aspettare. Ma è proprio questo il punto: i miei tempi non sono quelli della politica. I parlamentari hanno rinviato la discussione sul fine vita a settembre, come se la mia malattia potesse prendersi una pausa estiva. I miei tempi non sono neanche quelli della giustizia. I giudici chiedono altra documentazione, altri approfondimenti. Ma ogni giorno in più, per me, è sofferenza. Ogni giorno in più è tortura, è umiliazione. Vi chiedo una sola cosa: fate presto”.
“La Corte costituzionale non entra nel merito della questione di legittimità costituzionale esaminando l’articolo 579 codice penale, non chiude la porta, anzi ribadisce e rilancia alcuni principi fondamentali del diritto costituzionale: il diritto all’autodeterminazione e il ruolo attivo del Servizio sanitario nazionale nel fine vita. Ora il procedimento su ‘Libera’ torna al tribunale di Firenze, che dovrà effettuare delle verifiche su scala nazionale, coinvolgendo anche il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità.
La Corte non elude il nucleo del problema: chiarisce che, una volta verificate tutte le condizioni stabilite dalla sentenza n. 242/2019 (caso Cappato/Dj Fabo) e ribadite nelle n. 135/2024 e 66/2025 — ovvero patologia irreversibile, sofferenze intollerabili, capacità di autodeterminazione e decisione libera e consapevole — la persona interessata si trova in una situazione soggettiva tutelata costituzionalmente. L’urgenza è evidente: le condizioni cliniche di ‘Libera’ stanno peggiorando e ogni ulteriore rinvio rischia di trasformarsi in una concreta negazione del diritto che le è stato già riconosciuto.
In questi casi, il tempo non è una semplice variabile: diventa parte integrante del diritto stesso”, ha dichiarato l’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e legale di “Libera” di cui coordina anche il collegio di studio e difesa*
"In un Paese dove l’84% degli italiani sarebbe favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia -dichiara Vincenzo Donvito Maxia, presidente dell'Associazione Diritti Utenti e Consumatori- oggi siamo alle prese ancora con fatti come questi. A cui il legislatore intende rispondere con una legge che è specchio di cattiveria umana e istituzionale. Nonostante due sentenze della Corte Costituzionale perché venga riconosciuto il diritto individuale, il legislatore le ha ignorate: il diritto è previsto solo per chi è in un programma di cure palliative, nessun supporto dal Servizio Sanitario Nazionale, e la valutazione di una comitato di nomina governativa sull’eventuale istigazione al suicidio di chi ha aiutato il suicida"