Gent.mo Avvocato Visciola,
sono in procinto di sposarmi e mi piacerebbe poter stipulare con il mio futuro coniuge un patto prematrimoniale che disciplini i nostri futuri rapporti in caso di fallimento di matrimonio. Possiamo farlo o sono patti vietati?
Gentilissima,
gli accordi prematrimoniali in vista del divorzio sono molto frequenti in altri Stati, specialmente quelli di cultura anglosassone, dove svolgono una proficua funzione di deflazione delle controversie familiari e divorzili, consentendosi ai coniugi di dettare le regole da applicare nel caso di loro futuro eventuale divorzio.
Nel nostro ordinamento, tuttavia, tali accordi, assunti prima del matrimonio, sono sempre stati ritenuti nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con ì principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio. Più precisamente, la tesi tradizionalmente assunta dalla giurisprudenza è quella della nullità dell'accordo prematrimoniale per illiceità della causa, in quanto si porrebbe in violazione dell'art. 160 c.c., in forza del quale i coniugi non possono derogare né ai diritti né ai doveri che sorgono dal matrimonio.
Del resto, un accordo che trovi la sua causa genetica nel matrimonio e, quindi, nella sua crisi, andrebbe ad incidere sulla indisponibilità (sancita dal codice civile) dei diritti e dei doveri derivanti dal matrimonio, con inevitabili effetti deterrenti volti a condizionare la libertà decisionale degli sposi in ordine all'assunzione di iniziative preordinate allo scioglimento del vincolo coniugale.
Tale accordo, infatti, dato il suo contenuto diretto a disciplinare le vicende patrimoniali conseguenti al fallimento del vincolo coniugale, si rivela in astratto idoneo a produrre effetti dissuasivi potenzialmente diretti a condizionare in maniera rilevante la libertà dei coniugi in ordine allo scioglimento del vincolo coniugale e, quindi, ad incidere sull'affermata indisponibilità dello status.
Un accordo che trovi la sua causa genetica nel matrimonio e nella futura crisi coniugale, deve quindi essere inquadrato nell'ampia categoria, per sua natura di contenuto atipico, dei patti patrimoniali, ritenuti nulli per illiceità della causa, per i motivi sopra esposti.
Vi è però, specie negli ultimi anni, un dibattito sempre più acceso sul tema, tenuto conto della evoluzione dei rapporti familiari e dello stesso sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale.
Sono stati quindi ritenuti pienamente validi gli accordi tra i coniugi che vogliano regolamentare i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio, laddove tale evento costituisca non la causa genetica, ma solo una condizione sospensiva apposta al contratto. Per tali ipotesi, in forza dell'autonomia negoziale riconosciuta all'individuo diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 c.c., tali accordi sarebbero da ritenersi validi.
Tale valutazione è emersa anche in tempi recentissimi, con ordinanza di pochi giorni fa della Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. I, Ord., 21/07/2025, n. 20415) nella quale sono stati messi in evidenza due principi.
Da un lato, è stato ribadito che gli accordi con i quali i coniugi fissano in sede di separazione il regime giuridico del futuro ed eventuale divorzio, sono nulli per illiceità della causa, anche nella parte in cui concernono l'assegno divorzile, che per la sua natura assistenziale è indisponibile, in quanto diretti, implicitamente o esplicitamente, a circoscrivere la libertà di difendersi nel giudizio di divorzio.
Dall'altro lato, la Corte ha però precisato che è valido l'accordo che abbia la sola funzione di porre fine, in caso di fallimento del matrimonio, ad alcune controversie di natura patrimoniale insorte tra i coniugi, senza alcun riferimento, esplicito o implicito, al futuro assetto dei rapporti economici tra i coniugi conseguenti all'eventuale pronuncia di divorzio, in quanto contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell'autonomia negoziale dei coniugi e diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell'art. 1322, secondo comma, cod. civ.. E ciò in quanto, per tale ipotesi, il fallimento del matrimonio non è la causa genetica dell'accordo, ma mero evento condizionale.
In buona sostanza, se il contenuto dell'accordo è lecito, l'accordo può legittimamente essere sottoposto alla condizione sospensiva della separazione, nel senso che produce effetti solo nel caso in cui si giunga alla separazione.
Tutto dipende quindi da cosa si va a regolamentare e su quali presupposti.
Ove intenda disciplinare con il Suo coniuge qualche aspetto patrimoniale su cui far leva nell'ipotesi del fallimento del matrimonio, alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali lo potrà fare, fatto salvo il rispetto dei diritti e doveri indisponibili che sorgono dal matrimonio. Le suggerisco di confrontarsi con un legale di Sua fiducia per valutare al meglio i Vostri interessi e i margini per stipulare un accordo che soddisfi le Vostre richieste, senza incorrere in situazioni di nullità stante la giurisprudenza sopra citata.
Cordialmente,