Il piacere della buona tavola, dalle origini al Rinascimento

Il più celebre trattato sulla filosofia della buona tavola, in una nuova edizione commentata e con testo latino a fronte, curata da Enrico Carnevale Schianca. Edito per i tipi di Leo S. Olschki, Il volume (VI-590 pp., 58 Euro), è inserito nella collana “Biblioteca dell’«Archivium Romanicum».

19 febbraio 2016 10:30
Il piacere della buona tavola, dalle origini al Rinascimento

FIRENZE - Il piacere della buona tavola ha accompagnato il progresso civile sin dai Greci e dagli Etruschi, raffinandosi nei secoli fino a raggiungere la teatralità dei banchetti rinascimentali, o l’eleganza della cucina francese dell’Ottocento. Comunque la si allestisca, una buona tavola non può prescindere dalla salubrità dei cibi, dal giusto modo di accostarli, e dallo scopo di conservare la salute del corpo attraverso il cibo. Il piacere della buona tavola diviene così una sorta di filosofia di vita, in sintonia con l’epicureismo, e tante sono le opere scritte raccogliendo metodi di preparazione dei cibi, loro conservazione e caratteristiche. Fra queste, spicca il quattrocentesco De honesta voluptate e valetudine, composto da Bartolomeo Platina, umanista dall’esistenza movimentata, che si prefisse lo scopo di codificare le regole della buona tavola, rifacendosi ad autorevoli fonti antiche.

Ad accompagnare il lettore in uno dei testi più curiosi del Rinascimento, l’esauriente introduzione di Carnevale Schianca, che tratteggia in primis la figura del Platina, o Bartolomeo Sacchi, nato da umile famiglia nella campagna cremonese attorno al 1420, che fu soldato di ventura sotto le bandiere di Francesco Sforza e Niccolò Piccinno fra il 1440 e il 1444, prima di poter finalmente riprendere gli studi presso la Casa Giocosa di Mantova, considerata il primo ginnasio moderno in Italia, istituita dalla colta e munifica dinastia dei Gonzaga.

Il curatore si sofferma su questa importante “casa della cultura” avanti lettera, dando al lettore interessanti notazioni dalle quali si scopre che vi s’insegnavano il trivio e il quadrivio, assieme alla fisica e la metafisica, ma anche l’equitazione e il gioco della palla. Qui si formò il Platina dopo gli anni militari, e iniziò la sua carriera di umanista come precettore dei figli di Ludovico III Gonzaga, grazie ai buoni uffici del quale, nel 1457 fu accolto a Firenze alla corte di Cosimo I, dove strinse amicizia con celebri umanisti quali Marsilio Ficino, Poggio Bracciolini, Francesco Filelfo, e Leon Battista Alberti.

Trasferitosi a Roma nel 1464, ricoprì l’incarico di abbreviatore (ovvero stenditore delle Bolle papali), sotto Pio II e Paolo II, fino a quando nel 1467, venne accusato di complicità in una congiura contro il Papa, e, assieme ad altri abbreviatori, di avere ideali pagani. Imprigionato, rivide la luce del sole due anni dopo, prosciolto da ogni accusa ma segnato dalle torture subite in carcere, e risentito contro il regime papalino che lo aveva ingiustamente accusato. Dopo una parentesi con i Gonzaga, tornò a Roma nel ’71, accolto da Sisto IV, grazie al mecenatismo del quale scrisse e pubblicò il Liber de vita Christi et omnium pontificum.

Divenne poi direttore della Biblioteca Vaticana, incarico che manterrà fino alla morte. Il suo tenore di vita si elevò notevolmente, e poté quindi attendere in tranquillità alla scrittura del De principe, del De vera nobilitate e del De falso et vero et bono, ma la sua fama resta legata al De honesta voluptate e valetudine, composto sul finire degli anni Sessanta del Quattrocento, al quale Carnevale Schianca dedica il secondo capitolo dell’introduzione, che non può essere annoverato, come accadde all’epoca, come un semplice libro di cucina, poiché va oltre l’ottica del mero ricettario, disquisendo con garbo sulle tecniche di preparazione, sulla natura dei vari cibi (siano essi carni, spezie, verdure, frutti, eccetera), la loro stagionalità e le virtù terapeutiche. Non bisogna infatti dimenticare che la medicina antica curava attraverso il cibo, regolandosi sull’equilibrio di umori nell’organismo umano, umidità e secchezza dei vari alimenti, eccetera, tentando un approccio scientifico all’alimentazione, mutuato dagli insegnamenti di Ippocrate, cogliendo l’importante parallelo fra alimentazione e salute.

Il capitoletto dedicato alla storia dei regimi sanitari, è utile strumento per comprendere l’ottica nella quale s’inserisce il De honesta voluptate, cioè quell’approccio scientifico e filosofico al cibo indispensabile alla salute del corpo, e alla sua armonia nell’intero universo. Il Platina si rifà a numerose fonti antiche, capillarmente descritte da Carnevale Schianca, che scava fra autori greci e latini, fino alle fonti medievali: ed è fra queste che si annovera la più importante, ovvero il Libro de arte coquinaria di Maestro Martino, cuoco del Patriarca di Aquileia nel Quattrocento.

Dopo questa importante ed esauriente introduzione, si entra nel vivo dell’opera, presentata con l’originale testo latino a fronte, che permette di apprezzarne la veste nella quale fu redatta. Attraverso dieci libri, il Platina disserta su ogni tipo di alimento allora conosciuto, ed è fonte preziosa per il lettore contemporaneo, che vi ritrova cibi ormai scomparsi o non più in uso, come l’agresto, il lupino, le pastinache, la ruta, le rane. Aspetti di una cultura agreste, di tempi in cui la maggior parte della popolazione doveva accontentarsi di cibi semplici e poco costosi.

Accanto a questi piatti più umili, spiccano le elaborate torte ripiene si selvaggina, pesci pregiati come lucci, trote, merluzzi, le aragoste, i calamari e i frutti di mare, riservati alle mense più abbienti. Dalla frutta alla verdura, dalle carni ai pesci, ogni alimento è descritto attraverso interessanti notazioni storiche e scientifiche, assieme alle ricette dell’epoca, apprezzabili anche in latino grazie al testo a fronte. In apertura d’opera, un breve saggio sulle buone abitudini a tavola e nella vita, rifacendosi a Seneca, Lucrezio, Diogene Laerzio, che apprezzarono la lezione di Epicuro, e la sua teoria del piacere come regola e mezzo di una vita virtuosa e sana.

Da qui, l’idea della buona tavola come mezzo per assicurarsi la salute del corpo (ma un po’ anche dell’anima).

Non un semplice trattato gastronomico, quindi, ma una dotta disquisizione sulle virtù della buona cucina, e se certe notazioni scientifiche, o presunte tali, sono radicalmente sbagliate o inesatte, ciò non diminuisce valore morale dell’opera, e la sua importanza storico-documentaria, che la puntuale curatela di Enrico Carnevale Schianca ci restituisce in tutta la sua freschezza.

Niccolò Lucarelli

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