Una novella patria dello spirito. Firenze e gli artisti delle Venezie

Il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi offre alla conoscenza del grande pubblico una generazione di giovani artisti, immaginabili come gli ultimi idealisti di una serie di generazioni cresciute nel mito del Risorgimento

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 dicembre 2013 17:24
Una novella patria dello spirito. Firenze e gli artisti delle Venezie

FIRENZE - A dispetto della sua centralità nella geografia italiana, o forse proprio per questo, nel corso della sua storia culturale Firenze è stata al centro di un discorso artistico di respiro mitteleuropeo che, nel primo trentennio del Novecento vide il rifiorire della tecnica dell’incisione. A questa prolifica ma poco conosciuta stagione rende omaggio l’elegante e suggestiva mostra Una novella patria dello spirito. Firenze e gli artisti delle Venezie nel primo Novecento, con la quale il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi offre alla conoscenza del grande pubblico una generazione di giovani artisti, immaginabili come gli ultimi idealisti di una serie di generazioni cresciute nel mito del Risorgimento, che conservavano nei loro pensieri un’eco di quello spirito romantico che li portava a unire l’arte al sentire politico.

Cresciuto nel clima mitteleuropeo del Friuli e del Trentino, e formatisi perlopiù presso le accademie di Vienna e Monaco di Baviera, molti di loro si scoprirono insofferenti alla monarchia austro-ungarica, e dalle terre natie finirono esuli a Firenze sul finire del ’14, per evitare il richiamo al fronte nelle file dell’esercito asburgico. Si sentivano italiani, e Firenze, all’indomani del cinquantenario dell’Unità, appariva loro come terra patria, espressione di una tradizione artistica diametralmente opposta alla Secessione viennese di Klimt, Schiele e Kokoschka.

I vari Carlo Sbisà, Giannino Marchig, Fabio Mauroner, Carlo Cainelli, giunsero a Firenze sulla scorta delle precedenti esperienze di Umberto Saba, Italo Svevo, Carl Michaelstaedtler, loro compatrioti delle Terre Irredente, che sul finire dell’Ottocento erano calati sulle rive dell’Arno attratti dalla vitalità della scena intellettuale, animata dalle riviste letterarie. Il loro bagaglio artistico comprendeva la lezione simbolista - della quale apprezzavano le suggestioni poetiche -, e Whistler, il cui approccio romanticheggiante non manca di interessare gli incisori delle Venezie.

Altro artista di riferimento, a conferma della pluralità internazionale di questa stagione, Edgar Chahine acquafortista viennese di origine armena, viaggiatore a Venezia, Parigi e Costantinopoli. Suggestioni da città molto diverse fra loro, ma comunque legate da un invisibile filo di eleganza, che ritorna nella forma espressiva di questi artisti, legati a temi del figurativo, a causa della natura intima dell’incisione Guardati con superbia dai Futuristi, che, accalcati alle Giubbe Rosse, della Mitteleuropea avevano apprezzate le teorie di Otto Weiniger e poco altro, a Firenze ritrovarono la vivacità dei caffè letterari, che avevano avuto modo di apprezzare già a Trieste, nelle sale del San Marco o dei tanti locali affacciati sulla storica Piazza Grande.

I direttori del Gabinetto, Marzia Faietti e Giorgio Marini, hanno selezionate 66 opere, fra disegni e stampe, per far luce su un percorso artistico ricco di suggestioni, di dialoghi fra correnti e artisti, fra Paesi e città diverse. Ne scaturisce una visione d’insieme non priva di arguzia e modernità, che coinvolge intenti sentimentali, naturalistici, intimisti e poetici, per un viaggio figurativo in città, nelle campagne, e nella società dell’epoca, sullo scorcio degli ultimissimi bagliori della Belle Époque.

Le suggestive Fiera in Piazza San Gallo, e La giostra, entrambe opera di Giannino Marchig, offrono una Firenze colta in occasioni festose, che cadono in inverno a giudicare dagli alberi completamente spogli e dagli abiti pesanti indossati dalla folla. Sembra di percepire la pungente aria appena mitigata da un tiepido sole, e l’allegria da giorno di festa. Bozzetti di vita sociale, brevi racconti la cui solennità stilistica li apparenta a certe descrizioni urbane di Italo Svevo. Ma lo sguardo di Marchig conosce anche orizzonti ben più mondani.

Come non avvertire un’aria parigina nelle eleganti signore che immortala al tavolino di un caffè, impeccabili con i loro femminili cappelli neri. Parimenti suggestive le donne di Sbisà, avvolte in soffici pellicce. Dame borghesi? Donne di vita? Poco importa, la preziosità di queste incisioni sta nello sguardo privo di retorica e moralismi con cui l’artista ritrae una Firenze ancora gaudente, legata a quella joie de vivre che il primo Dopoguerra spazzerà via per sempre. Nelle incisioni di paesaggio di Barriviera, prende vita un mondo figurativo sospeso fra la grande tradizione inaugurata da Rembrandt tre secoli prima, e il lirismo della Scuola Toscana caro a Soffici e Martini.

La ricerca sul chiaroscuro è affiancata a un’autentica vena intimista. Sorprende piacevolmente la modernità urbana della Corte Bottera, angolo veneziano inciso da Mauroner con piglio quasi fotografico. Da tutte le opere esposte - delle quali abbiamo rapidamente analizzata una piccolissima parte -, emerge una ricerca del bello che, prima di essere estetica, è interiore. L’ultima, grande stagione dell’incisione si esaurisce alla metà degli anni Trenta, non trovando più ragion d’essere nell’Italia littoria, sempre alla ricerca di forme espressive magniloquenti, che esaltassero le gesta del regime.

Un compito impossibile per artisti dal linguaggio sommesso, intimo e per certi versi crepuscolare, lontano anni luce dagli entusiasmi per la modernità. Una mostra, questa, che ha la bellezza quale fil rouge ideale, bellezza cercata ed estrapolata dalla vita vissuta, dalle piazze in festa, dai cipressi solitari, da paesini di campagna, e che solleva un velo su un momento artistico poco noto del Novecento, foriero d’intuizioni estetiche, e portatore, nella sua produzione, di quell’afflato intellettuale che scaturisce dalla pagine si Svevo, Stuparich, Saba, caratterizzato da uno sguardo curioso e appena ironico, ma sempre comprensivo, sulla società e le sue stranezze, i suoi slanci sentimentali e le sue nefandezze.

Parte di questo pensiero, scaturisce anche dalla ritrattistica degli artisti selezionati. La mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Coronini Cronberg e la Soprintendenza di Trieste, sarà visibile fino al 9 febbraio prossimo nella Sala Detti del Gabinetto Disegni e Stampe. Ulteriori informazioni al sito http://www.polomuseale.firenze.it/musei/?m=disegni. Niccolò Lucarelli

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