La Battaglia di Anghiari e il restauro dell’etica italiana

Riflessione sulle polemiche e le paure circa le ricerche dell’affresco perduto di Leonardo da Vinci nel Salone dei Cinquecento

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 agosto 2012 23:54
La Battaglia di Anghiari e il restauro dell’etica italiana

di Nicola Novelli Proprio questi giorni di pausa estiva, magari in vacanza lontano, o lontanissimo, dalla citta`, possono aiutarci a vedere con piu` nitidezza una vicenda che ha infiammato la polémica, anche política, fiorentina degli ultimi mesi. E davvero sorprende come si siano accaniti sulla decisione di Matteo Renzi di dare via libera alla ricerca da parte di National Geografic Society dell’affresco perduto nel Salone dei Cinquecento, esponenti politici che sino a pochi mesi fa pensavano che Vasari fossero gli artigiani che realizzano vasi, cosi`come si sono mostrati preoccupati delle conseguenze per Firenze del lavoro dell’ing.

Maurizio Seracini, direttore scientifico dello studio, funzionari pubblici che in anni recenti, nella loro attivita`professionale, nulla hanno fatto perche`la speculazione edilizia travolgesse l’immagine consolidata di tanti luoghi, piu`o meno, storici della citta`. Salvo poi farsi sostituire nella tutela dell’interesse generale dai magistrati. Pur augurandoci che la Giustizia non finisca per occuparsi anche della Battaglia di Anghiari, dimenticata, o ritrovanda che sia, certo che l’Etica ci pare che riguardi la diatriba.

E per spiegarlo proviamo a sviluppare un’ipotesi, domandandoci cosa succederebbe se domani il dibattuto affresco di Leonardo da Vinci riapparisse improvisamente sulla scena culturale fiorentina. Dunque immaginiamo che a ritrovare dopo secoli di oblio una delle opere piu`affascinanti del Rinascimento italiano fosse non uno dei baroni della critica dell’arte nazionale, non uno di quelli che occupano dinásticamente la sua poltrona accademica sino a che morte non lo separi dal potere, ma l’ing.

Maurizio Seracini, laureato in California, direttore a San Diego del Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology, e che ha trovato sostegno finanziario alla sua ricerca non dai dinosauri della cultura italiana, ma da National Geographic Society, fondata 150 anni or sono in USA e da allora sinonimo globale di promozione della cultura, della storia e delle scienze. Sarebbe un duro colpo per le italiche baronie, che da sempre gestiscono il patrimonio culturale nazionale come cosa propria, persino a discapito del suo sviluppo, della sua conservazione, della sua fruizione.

Una sconfitta per chi non ha mosso un dito per una vita per trovare l’affresco perduto e che si vedrebbe ora soffiare d’un tratto gloria e fama mondiali da un ricercatore estraneo dalle combriccole locali. E l’interesse generale? E il progresso della cultura italiana? E l’umano istinto di scoprire la verita` su un grande enigma dell’arte? E’ davvero per timore e per invidia che Seracini e Renzi hanno trovato tanti veti incrociati in questa impresa? Noi speriamo che non sia così.

Perchè un’Italia in crisi economica, ma anche etica, avrebbe davvero bisogno di una classe dirigente che sapesse svestire l’interesse privato e le mire personali, che da tanto contraddistinguono le scelte amministrative e politiche, per aderire a una nuova moralita`dell’agire pubblico, specie quando si parla di opere d’arte, tra le maggiori espressioni dell’ingegno umano. Come potremmo sperare altrimenti di risollevare il paese dalla grigia condizione attuale, se non unendoci intorno a importanti obiettivi condivisi?

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