Da Firenze a Melbourne per dipingere ''L’Ultima cena'' di Leonardo

“Il Cenacolo” di Antonio De Vito verrà “staccato” nel 2010 per essere esposto in Corea, Stati Uniti e Giappone. In ciascuna delle tappe, l’artista fiorentino lavorerà in fresco dal vivo, completando via via l’opera.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 novembre 2009 15:34
Da Firenze a Melbourne per dipingere ''L’Ultima cena'' di Leonardo

“Di tutti gl'altri modi che i pittori faccino, il dipignere in muro è più maestrevole e bello, perché consiste nel fare in un giorno solo quello che nelli altri modi si può in molti ritoccare sopra il lavorato”. Il giudizio, espresso da Giorgio Vasari nel lontano 1550 (“Le Vite”, capitolo 19), pare essere pienamente condiviso dei visitatori della mostra “Leonardo Da Vinci Anatomy to robots”, in scena a Melbourne fino alla fine di gennaio, rimasti incantati dall’arte di Antonio De Vito, maestro d’affreschi fiorentino, nonché esponente della Federazione Artigianato Artistico di Confartigianato Imprese Firenze, che, dal vivo, su un muro di dieci metri per cinque, sollevato da terra di due, ha iniziato a riprodurre, “in fresco” “L’Ultima cena” di Leonardo Da Vinci.

Non una semplice copia, ma, visto che circa il 70% dell’opera è perduta, una rilettura personale e scientifica, basata sullo studio dell’originale e sul confronto con le decine e decine di copie prodotte dall’antichità, così da avvicinarsi il più possibile all’opera Leonardiana, recuperando sfondi, espressioni di volti, posture dei corpi. “Il tutto - spiega De Vito - lavorando artigianalmente in fresco, ovvero stendendo l’intonaco di calce e sabbia, disegnando i contorni con il rosso sinopia e colorando con terre naturali.

Ovviamente, ciascuna di queste fasi va iniziata e finita nella giornata, nel giro di 5-6 ore”. Una tecnica difficile, in cui, per dirla ancora con Vasari, occorre che “giuochi molto più nel pittore il giudizio che il disegno, e che egli abbia per guida sua una pratica più che grandissima, essendo sommamente difficile il condurlo a perfezione. Molti de' nostri artefici vagliono assai negl'altri lavori, cioè a olio o a tempera, et in questo poi non riescono per essere egli veramente il più virile, più sicuro, più resoluto e durabile di tutti gl'altri modi, e quello che, nello stare fatto, di continuo acquista di bellezza e di unione più degl'altri infinitamente”.

Così difficile che, in Italia, a dipingere “artigianalmente” ad affresco (cosa bene diversa dal trompe l'oeil) sono ormai rimasti circa in venti. L’opera di De Vito ha fornito una lettura agli antipodi di quella proposta per il “Cenacolo”, sempre a Melbourne e nello stesso periodo, da Peter Greenaway, uno dei più significati cineasti della cinematografia britannica contemporanea, che ha “clonato” e animato il dipinto di Leonardo con un’istallazione multimediale, basata sull’impiego di un’avanzatissima tecnologia dell’immagine. De Vito non è nuovo ad “imprese” di questo genere.

Sua, infatti, anche la ricostruzione ad affresco della perduta “Battaglia di Anghiari” di Leonardo, presentata nel 2007 a Palazzo Pitti di Firenze. Al termine della mostra australiana, De Vito provvederà a staccare dal muro il proprio affresco con una tecnica (lo stacco, appunto) tipica del restauro, ma oggi pochissimo nota perché usata raramente solo quando il restauro non può avvenire in loco. Il Cenacolo sarà quindi esposto in Corea, Stati Uniti e Giappone, per essere ri-attaccato e completato, via via, dal vivo in ogni tappa che la personale itinerante di De Vito toccherà nei prossimi quattro anni.

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