L’Arnina ritrovata, in mostra a Firenze

La Galleria dell’Accademia celebra il genio naturalista dello scultore pratese, che fu apprezzato anche dai Bonaparte e dall’aristocrazia europea. Fino all’8 febbraio 2015, con la mostra L’Arnina di Lorenzo Bartolini. Il marmo ritrovato per Giovanni degli Alessandri. Tutte le informazioni al sito http://www.polomuseale.firenze.it/bartolini/.

17 novembre 2014 20:01
L’Arnina ritrovata, in mostra a Firenze

FIRENZE - Arnina, delicata figura di una moderna mitologia che pur si riallaccia alla tradizione classica, e ingentilisce l’immagine politica e guerresca della Dominante da una parte, e del furioso Arno dall’altra, che tanto spesso in passato si è fatto conoscere per le sue piene. La figura della ninfa, scolpita da Lorenzo Bartolini (Savignano di Prato 1777 - Firenze 1850), è protagonista alla Galleria dell’Accademia, nell’unica versione marmorea sin qui conosciuta fra quelle eseguite dallo scultore, eseguita per il barone degli Alessandri.

La piccola ma raffinata mostra, promossa dal MiBACT e dalla Galleria, e curata da Lia Brunori, è occasione per condividere con il pubblico gli ulteriori studi attorno a Bartolini, del quale riemerge, dopo decenni di deposito al Museo Civico di Prato, la delicata Arnina. Scolpendo la ninfa, l’artista si rifà alla tradizione classica della statuaria greca, ma nell’opera emerge quella concezione della bellezza intesa non soltanto quale attributo fisico, ma anche come virtù morale e spirituale, e la naturalezza della posa della giovane modella riscosse l’ammirazione dei contemporanei. Dal marmo non scaturisce più la bellezza classica, bensì la sua evoluzione in senso moderno; lo scalpello di Bartolini accarezza il marmo e gl’infonde inusuale morbidezza, ravvisabile nell’appena accennata torsione del collo, nella dolcezza delle spalle, nell’espressione pensosa d’adolescente, e nel drappeggio della veste.

Considerato il più grande scultore italiano dell’Ottocento, ha aperte nuove strade alla scultura introducendovi il concetto del Bello naturale, fondamentale nel cruciale passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo.

Nacque a Savignano di Prato, sulle prime pendici collinari della città, da modesta famiglia artigiana, e sin dall’infanzia fu animato da un profondo interesse per l’arte. Nonostante le difficili condizioni economiche della famiglia, riuscì a iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, e si formò artisticamente nella bottega dei fratelli Pisani. Poco soddisfatto di queste modeste esperienze formative, sul finire del secolo la sua indole inquieta lo condusse a Parigi, dove frequentò l’atelier di Jacques David e strinse amicizia con Ingres, con il quale condivise l’ammirazione per gli scultori del Quattrocento fiorentino.

In particolare, Bartolini guardava al Verrocchio e a Desiderio da Settignano, e concepì uno stile rivoluzionario che congiunge una morbida spontaneità espressiva, a emozioni e sentimenti che sgorgano dai volti scolpiti con maestria, che siano di personaggi mitologici o reali. A Parigi entrò nelle grazie di Napoleone Bonaparte, del quale eseguì un busto, e la Granduchessa di Toscana Elisa Baciocchi, sorella dell’Imperatore, gli assegnò nel 1808 la cattedra di scultura all’Accademia di Carrara, carica che perderà con la Restaurazione e il ritorno dei Lorena.

Fu nominato membro d’onore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1812, quando era ormai lo scultore privilegiato di Elisa Baiocchi e della nobiltà fiorentina e non solo. I numerosi busti delle personalità storiche a lui contemporanee - fra i quali Pio IX e i membri della famiglia Bonaparte, ai quali il Bartolini è molto legato -, esprimono con le loro fisionomie l’energica vena naturalistico-psicologica dell’artista. Per la cronaca, lo si nota nel Busto di Napoleone Bonaparte, che ebbe modo di conoscere negli anni trascorsi a Parigi, all’inizio dell’Ottocento. L’artista ottenne la prestigiosa commessa a seguito di un rifiuto da parte di Houdon, interpellato prima, e rese magistralmente la verità dei lineamenti dell’Imperatore, che diventa autentica bellezza scolpita, tale da rendere vivo il personaggio. Napoleone apprezzò molto il busto, che volle esporre al Musée Napoleon.

L’essersi messo in luce presso la famiglia Bonaparte valse a Bartolini, nel 1807, la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara, carica offertagli da Elisa Baciocchi, sorella dell’Imperatore e Granduchessa di Toscana.

È tuttavia nella produzione statuaria che Bartolini raggiunse l’apice della sua arte, con opere quali la Ninfa oceanina e La fiducia in Dio, considerata il suo capolavoro. È in questa fase della piena maturità che nel suo stile si afferma al massimo il principio estetico del Bello naturale, che gli permise di creare splendidi nudi mitologici e di inaugurare una nuova stagione della scultura europea. Bartolini non è riconoscibile come un teorico del disegno lineare, bensì un acuto osservatore di quella bellezza “epidermica” che aveva imparato ad appezzare negli anni parigini a contatto con Ingres e David.

A Firenze seppe farsi apprezzare dalla folta comunità straniera che vi risiedeva, e legò in particolare con la famiglia Demidoff. Per il conte Nicola eseguì il monumento funebre, e quando il modello fu presentato al committente, nel gennaio del 1837, in occasione di un ricevimento mondano, la commozione di Demidoff fu tale che, riporta il Romanelli, disse a Bartolini: “Voi mi avete reso un favore che non dimenticherò per tutta la vita”.

Tale era la fama raggiunta dallo scultore, che il leggendario Caffè Doney, raffinato ritrovo del beau monde fiorentino, conservava in una sala una copia del Bacco, eseguita da Gaetano Giolli, allievo di Bartolini.

Nel 1839 il Granduca Leopoldo lo nominò maestro di scultura dell’Accademia di Firenze, dopo anni di ostracismo politico. Continuò l’attività artistica nell’atelier fiorentino, e morì il 20 gennaio del 1850, nella sua casa di Borgo Pinti.

A torto oggi misconosciuta dal grande pubblico, la figura di Lorenzo Bartolini s’inserisce invece fra i protagonisti del rinnovamento dell’arte europea del primo Ottocento, portandovi un approccio rivoluzionario a quel bello che da sempre è l’anima dell’arte.

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