Nencini al console cinese: “Non solo parole”

L'assessore: "Senza collaborazione non sarà possibile attenuare la morsa dell’illegalità che sta strozzando la nostra economia". A Prato un incontro al Centro di Ricerca cino-italiano

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 novembre 2011 19:20
Nencini al console cinese: “Non solo parole”

“E’ urgente passare dalle parole ai fatti e servono decisioni finalizzate ad arrestare la grave situazione in cui ci troviamo”. E’ chiaro l’assessore Riccardo Nencini con il console cinese Hu Chengyuan, che ha incontrato stamani e a cui ha ripetuto che “senza la collaborazione attiva e convinta delle autorità politiche ed istituzionali che rappresentano la comunità cinese in Toscana non sarà possibile attenuare la morsa dell’illegalità che sta strozzando la nostra economia”. Da parte del console cinese, racconta Nencini, non è mancata attenzione al problema e disponibilità a collaborare con gli enti locali e le istituzioni toscane: soprattutto per rafforzare le pratiche di informazione e comunicazione nei confronti degli imprenditori cinesi sul sistema delle regole e delle leggi da rispettare.

“Ma ho a mia volta rilevato – dice – che la stessa disponibilità ci fu data un anno fa dal console generale Li Runfu e da allora non è successo niente. Anzi, la situazione si è ulteriormente aggravata, come ci raccontano le cronache delle ultime settimane”. “È vero, come ha sottolineato il dottor Hu, che le aziende sono private e dunque difficilmente controllabili – aggiunge Nencini – , è vero che possono essere i rappresentanti degli imprenditori cinesi ad individuare le priorità; ma non è pensabile che si possa affrontare un problema di tale portata se le massime autorità istituzionali, la Regione e il Consolato, non intensificano la loro collaborazione.

Noi lo stiamo già facendo e non intendiamo mollare la presa”. La Regione già domani sarebbe pronta a mettere a disposizioni tecnici e funzionari per individuare, assieme agli addetti del Consolato, le misure e le iniziative da intraprendere nei prossimi mesi. L’assessore al bilancio Nencini aveva scritto due settimane fa al console cinese, dopo l’ennesima operazione delle forze dell’ordine che aveva portato alla luce, tra Prato e Firenze, un vero e proprio ‘lager’ in cui cittadini cinesi venivano tenuti segregati, costretti a lavorare in condizione di schiavitù da altri connazionali.

Una questione posta con forza da Nencini al console già in un incontro di un anno e mezzo fa, quando l’assessore sottolineò al diplomatico la necessità di concentrare gli sforzi delle istituzioni e di tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella lotta all’evasione fiscale verso le sempre più diffuse situazioni di illegalità economica del ‘distretto cinese’. Con un duplice danno: per le aziende toscane, costrette a far fronte alla concorrenza sleale delle imprese cinesi, ma anche per i lavoratori cinesi, i cui diritti vengono sistematicamente violati, e dunque per i giovani, ai quali il mancato rispetto delle leggi da parte delle aziende ruba il futuro. I dati raccolti da Silvia Pieraccini del Sole 24 Ore in un libro di pochi anni fa fotografano una situazione di estrema emergenza, che negli ultimi tempi certo non è migliorata.

Su 3400 imprese cinesi del distretto pratese, la stima era che vi lavorassero circa 40mila persone. Ma solo 6.147 dipendenti cinesi erano iscritti all’Inps, mentre in tutto il 2009 sono stati solo 3 gli infortuni denunciati all’Inail. I furbetti delle tasse, dati 2009, costano ai toscani piàù di due miliardi di euro l’anno. Una cifra enorme eppure parziale. “Le imprese cinesi non sono le sole ad operare nell’illegalità – conclude Nencini – e ci sono, tra loro, anche aziende che rispettano le regole.

Ma è un distretto in cui si concentrano più illegalità e per questo costituiscono una questione che occorre affrontare con urgenza”. Intanto a Prato, in Provincia, c'è stato un incontro con le categorie economiche per discutere se conviene aprire, nella cittadina toscana, un Centro di ricerca cino-italiano. Sarà un gruppo di lavoro formato da rappresentanti di industriali, artigiani e delle istituzioni a mettere nero su bianco le istanze che il distretto tessile vuole fare arrivare alla Regione in vista della definizione dell’accordo sul centro di ricerca italo cinese che potrebbe trovare collocazione al Creaf.

E’ il risultato dell’incontro convocato dal presidente della Provincia, Lamberto Gestri, per questa mattina anche sulla scia delle polemiche delle settimane scorse, sollevate prima di tutto dagli industriali. Erano presenti, oltre alla vicepresidente Ambra Giorgi, Vinicio Biagi per la Regione Toscana, Roberto Caverni per il Comune di Prato, il presidente di Creaf, Luca Rinfreschi, il presidente dell’Unione industriale, Riccardo Marini con il direttore Marcello Gozzi, il presidente di Cna, Anselmo Potenza, quello di Confartigianato, Luca Giusti con il direttore Galli.

Presenti il sindaco di Cantagallo, Ilaria Bugetti, il vicesindaco di Vaiano, Primo Bosi e l’assessore del comune di Carmignano, Sofia Toninelli. “Prima di firmare qualsiasi accordo è importante che industriali e artigiani chiariscano la loro posizione. Le scelte vanno condivise”, ha annunciato Gestri aprendo l’incontro. Tutti insieme, dunque, attorno a un tavolo per discutere sulla convenienza dell’apertura a Prato del Centro di ricerca cino- italiano. Con alcuni distinguo ma con l’obiettivo – comune- di andare a scoprire fino in fondo le carte e in vantaggi di un eventuale accordo.

Nel corso dell’incontro è stato sgombrato il campo dal dubbio – paventato dall’Unione industriale – che nella bozza dell’intesa ci fossero riferimenti al cardato. Determinato a questo proposito l’intervento dell’assessore allo Sviluppo economico del Comune di Prato, Roberto Caverni: il cardato rappresenta una produzione strategica del distretto e su di essa non si possono trattare scambi di conoscenze con la Cina. Il presidente Marini ha messo sul tavolo alcuni interrogativi circa l’efficacia, in termini di vantaggi per le imprese italiane che esportano, di un una struttura di certificazione che potrebbe trovare sede nel centro di ricerca.

Per il presidente dell’Unione, infatti, sarebbe decisivo incidere sulle procedure che riguardano la dogana, fermo restando che la materia generale è di pertinenza europea e che comunque dovrebbe essere la Cina stessa ad assumere decisioni che sanino in via definitiva le asimmetrie di fatto negli accessi ai mercati. Dagli artigiani – hanno parlato Giusti e Potenza – è venuto un invito a un forte coinvolgimento delle forze economiche nella definizione dello scenario dell’accordo. E’ stato lo stesso presidente di Cna, Potenza, a proporre la creazione di un tavolo operativo per decidere cosa chiedere.

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