Da mercoledì la XIV edizione ''O flos colende''

Ammirevole intento di recuperare un patrimonio musicale dimenticato e spesso legato alla storia culturale fiorentina, dando così anche un significativo contributo alla valorizzazione del patrimonio artistico di competenza dell’Opera del Duomo.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 marzo 2010 18:19
Da mercoledì la XIV edizione ''O flos colende''

Accattivanti rarità ma anche interpreti di alto livello, uniti dal filo rosso di una raffinata e rivelatrice attenzione alla storia musicale di Firenze e della sua Cattedrale, scandiscono ancora una volta il cartellone 2010 degli appuntamenti di “O flos colende” (5 concerti, dal 24 marzo al 7 settembre), la rassegna musicale nata nel 1997 per volontà della Presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore Anna Mitrano, fin da allora realizzata grazie alla cura artistica di Gabriele Giacomelli, e che è sostenuta con entusiasmo dell’Arcivescovo di Firenze monsignor Giuseppe Betori.

Giunta alla sua XIV edizione, “O flos colende” è guidata dall’ammirevole intento di recuperare un patrimonio musicale dimenticato e spesso legato alla storia culturale fiorentina, dando così anche un significativo contributo alla valorizzazione del patrimonio artistico (monumentale e archivistico) di competenza dell’Opera del Duomo. La rassegna inizia il 24 marzo, data carica di significati perché ricorrenza della Vigilia della Festa dell’Annunciazione e della consacrazione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore: il Tempo di Passione e la celebrazione mariana suggeriscono così la proposta di un programma incentrato sulle “Sonate del Rosario” (Rosenkranz Sonaten) del musicista boemo Heinrich Ignaz von Biber, da lui composte per l’arcivescovo di Salisburgo nel 1678.

Pagine evocative per violino e basso continuo, destinate a fornire un commento musicale ai Misteri del Rosario: la medesima prassi che verrà riproposta nel concerto in Duomo, con passi di argomento religioso tratti da testi di Dante e Goethe, di Jacopone da Todi, di Luzi e Petrarca, autorevolmente recitati dal grande attore Ugo Pagliai, già ospite di successo nelle precedenti edizioni di “O flos colende”. Ad eseguire le pagine di Biber è l’ensemble Musica Antiqua Roma, gruppo nato nel 2007 e già distintosi in importanti stagioni concertistiche: nell’occasione si presenta formato dal violinista e suo fondatore Riccardo Minasi, dal violoncellista Ludovico Minasi e da Giulia Nuti al clavicembalo e all’organo. Il concerto del 19 aprile – esplicitamente concepito nell’ottica della valorizzazione del patrimonio artistico dell’Opera del Duomo – permetterà ancora una volta di far apprezzare le particolarità timbriche, le qualità spiccatamente sinfoniche e la potenza sonora (ben settemila sono le sue canne) del grande organo Vincenzo Mascioni del Duomo, dopo lunghi anni di silenzio fatto rivivere con pieno successo grazie proprio a “O flos colende”.

E dopo Olivier Latry, interprete allo strumento nella scorsa edizione, tocca ancora a un grande virtuoso far rivivere le qualità sonore che fanno del Mascioni uno strumento unico in Italia e fra i pochissimi del genere al mondo: è Wayne Marshall, organista, pianista e direttore d’orchestra di fama mondiale, nato in Inghilterra ma da una famiglia caraibica, fattosi apprezzare fin dall’inizio della carriera proprio come interprete all’organo. Fra l’altro, Marshall è titolare (dal 1996) dell’organo Marcussen della Bridgewater Hall di Manchester e ha inaugurato l’organo della nuova Disney Hall di Los Angeles.

Interprete ideale, che affronterà pagine del repertorio tardoromantico, Rossini, Bossi (una soave Ave Maria), Widor, Liszt (la virtuosistica e grandiosa Fantasia e Fuga su “Ad nos, ad salutarem undam”), ma si farà anche ammirare in quell’arte dell’improvvisazione nella quale è anche lui maestro indiscusso: al termine della serata, Marshall imbastirà variazioni e fantasiose elaborazioni su alcuni temi, consoni all'ambiente sacro, che il pubblico gli avrà proposto. Nella ricorrenza della festività di San Zanobi (10 maggio), “O flos colende” celebra in musica il Santo, uno dei primi vescovi della diocesi di Firenze, con un suggestivo programma articolato in forma di Messa: le sezioni polifoniche dell’Ordinario della messa, composte da alcuni dei principali autori del Trecento fiorentino come Francesco Landini, Lorenzo Masini, Bartolo, Gherardello e Giovanni da Firenze, si alternano a brani in gregoriano espressamente dedicati a San Zanobi, fra i quali anche l’inno “O flos colende”; questi ultimi si trovano in manoscritti conservati anche presso il prezioso archivio dell’Opera del Duomo.

Il tessuto musicale del programma è poi contrappuntato anche dalla lettura di alcuni passi dalla “Leggienda di messere Santo Zanobj vescovo di Firenze”, uno dei numerosi testi agiogarfici dedicati al Santo. A presentare questa evocativa celebrazione musicale in onore di San Zanobi è l’Ensemble San Felice, gruppo vocale-strumentale di consolidata autorevolezza in questo repertorio e protagonista di importanti riscoperte: lo guida il suo direttore stabile Federico Bardazzi, musicista da sempre attento allo studio filologico e all’interpretazione musicale dell’antico repertorio liturgico.

Lo stesso ensemble accompagnerà la Messa in onore di San Zanobi (Cattedrale, ore 18) presieduta dall’Arcivescovo di Firenze monsignor Giuseppe Betori. Appuntamento davvero di spicco quello del 4 giugno: una vera e propria celebrazione di Luigi Cherubini nel duecentocinquantesimo anniversario dalla nascita (1760-2010), che coinvolge il superbo Coro del Maggio Musicale Fiorentino sapientemente istruito dal suo direttore Piero Monti e con la partecipazione di Andrea Secchi all’organo.

Il concerto rinnova così la collaborazione fra “O flos colende” e il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, figurando anche nel cartellone del 73° Maggio Musicale. L’omaggio a questo grande della storia della musica, senza dubbio il più importante compositore europeo nato a Firenze, viene reso con la proposta di alcune sue rarissime pagine sacre che sottolineano – grazie alle ricerche di Gabriele Giacomelli – anche il particolare legame avuto da Cherubini con il Battistero di Firenze già come cantore adolescente, e dunque prima della partenza per Londra e poi per Parigi.

Il programma della serata impagina così due sorprendenti pagine del giovane Cherubini: il possente ed emozionante Credo a 8 voci in doppio coro, tenuto in incubazione per quasi trent’anni come un vero work in progress, e il mottetto Nemo gaudeat, un brano solcato da tensioni e accenti dolorosi. Se le avvincenti pagine di Cherubini sono poste a suggello del concerto, a inaugurarlo sono brani di carattere sacro di due autori i cui nomi sono assai frequenti nell’Archivio dell’Opera del Duomo.

S’inizia così con Marco da Gagliano, il compositore di maggior rilievo del Seicento fiorentino, maestro della cappella granducale per un quasi una vita intera, nell’occasione rappresentato da alcune fra le sue più belle composizioni, come il festoso mottetto Clemens cum Gabriele e la toccante Ave Maria. L’altro nome è quello di Niccolò Jommelli, ben noto nel Settecento come compositore di opere e qui invece rivelato come autore non meno ispirato di pagine destinate al tempo di Pentecoste, che combinano la più rigorosa polifonia a passi solistici dalla generosa cantabilità. Per la vigilia della Festa della Natività di Maria e della fondazione dell’Opera di Santa Maria del Fiore, il 7 settembre, “O flos colende” impagina un accattivante florilegio di arie sacre e mottetti del Barocco fiorentino, preziosa panoramica su un repertorio ancora tutto da conoscere.

Interprete d’eccezione della serata è il noto soprano Monica Bacelli, spesso al fianco di direttori come Abbado, Alessandrini, Chailly, Harnoncourt, Mehta, Muti, interprete di prime esecuzioni (Antigone di Ivan Fedele) che è stata legata da lungo sodalizio artistico a Luciano Berio, cantante d’opera dedita anche a diversi progetti cameristici che spaziano dalla musica antica al pieno Novecento; l’accompagnano all’organo e al clavicembalo Attilio Cremonesi, già assistente di René Jacobs e impegnato pure come direttore del Collegium Vocale Gent e della Kammerorchester Basel, e all’arpa Loredana Gintoli, protagonista di un’intensa attività concertistica spesso al fianco di gruppi come il Concerto Italiano, l’Ensemble Aurora e l’Accademia Bizantina.

Alla voce duttile di Monica Bacelli è dunque affidato un programma avviato e chiuso nel nome di Pietro Sammartini, rinomato maestro di cappella di Santa Maria del Fiore alla fine del Seicento, qui autore di mottetti che s’impongono all’attenzione per i sorprendenti effetti e il celestiale virtuosismo di un canto di gusto squisitamente barocco. Ma fra le pagine devozionali di Marco da Gagliano, le Canzonette spirituali dell’organista del Duomo Giovanni Maria Casini e due brani strumentali di Pietro Paolo Raimondo e Gerolamo Frescobaldi s’incastona, gemma dalla luce austera, il capolavoro barocco del Pianto della Madonna di Claudio Monteverdi, pagina segnata da una dolorosa drammaticità e da un severo pathos. Ingresso libero.

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