Focus sull’olio toscano: oggi a Scandicci il convegno regionale Arsia

Presentati i risultati del progetto Mateo - propone nuovi scenari per rendere il sistema olivicolo - che può essere più competitivo puntando alla riduzione dei costi di produzione e alla qualità e rapporto con il territorio. In Toscana 50mila aziende

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 luglio 2009 23:14
Focus sull’olio toscano: oggi a Scandicci il convegno regionale Arsia

Firenze, 21 luglio 2009- Se l’olivicoltura toscana vuole avere ancora un futuro dovrà saper coniugare la tradizione e il paesaggio con una maggiore produttività (oltre 5 q.li/ha negli oliveti tradizionali e oltre 8 q.li/ha negli oliveti specializzati), mantenendo inalterate qualità e identità del prodotto. Esistono molteplici olivicolture toscane e molteplici modelli che consentono la riduzione dei costi di produzione, che rappresenta il vero tallone d’Achille del settore. E’ quanto è emerso oggi a Cerbaia (Scandicci, Firenze), presso la sede dell’Ota (Olivicoltori toscani associati), in occasione del convegno regionale “L’olivicoltura toscana: come cambia il modello produttivo”, organizzato da Arsia-Regione Toscana in collaborazione con Ota, per la presentazione dei risultati del progetto di ricerca MATEO (Modelli tecnici ed economici per la riduzione dei costi nelle realtà olivicole della Toscana) che nel corso di un quadriennio ha affrontato il problema dei costi di produzione per l’olivicoltura toscana.

I risultati del progetto – che ha coinvolto 20 aziende olivicole su tutto il territorio regionale - hanno portato a diversi modelli per realtà molto diverse fra di loro e a molteplici strategie di rilancio: il rinnovamento degli impianti privilegiando le varietà toscane (leccino e frantoio); una meccanizzazione ad hoc per le diverse realtà produttive; una progettazione e gestione dell’oliveto con un monitoraggio costante sulla sostenibilità economica e ambientale. L’olivicoltura toscana può contare su 97mila ettari (80% in collina), oltre 15milioni di piante, 50mila aziende olivicole, più di 400 frantoi, 180mila quintali annui di olio prodotti e oltre 70 varietà locali.

Le aziende hanno una dimensione media di meno di 2 ettari, ben il 66% delle aziende ha infatti uliveti inferiori a 5 ettari ed una produzione di olio a pianta di circa 1,1 kg. Da tenere sotto controllo è l’andamento dei prezzi: nell’ultimo anno (dal luglio 2008 al luglio 2009, fonte Ismea) il prezzo dell’olio d’oliva Dop Chianti Classico è diminuito del 4,91%; l’Igp Toscano (che rappresenta il 15% della produzione regionale) del 31,53% e l’extravergine sfuso del 14,93%. 3 le Dop toscane (Chianti Classico, Terre di Siena e Lucca) e 1 Igp (Toscano).

Secondo lo studio del Deart, mantenendo costante la produzione unitaria di olio, per azzerare la perdita economica, il prezzo dovrebbe oscillare dai 10 ai 12 euro al kg. Con un prezzo costante di 7,60 euro/kg la coltivazione risulta economicamente sostenibile con una produttività di 4-5 quintali per ettaro. Nei nuovi impianti specializzati, invece, con un prezzo costante si ha una buona remunerazione con una produttività di 5,5-6,7 quintali per ettaro; e mantenendo costante la produzione unitaria di olio, l’azzeramento del profitto avviene con un prezzo che oscilla dai 5 ai 6,5 euro/kg.

Da considerare inoltre che l’operazione di raccolta incide per circa il 30% sui costi di produzione, mentre negli oliveti moderni arriva al 20%. Il progetto Mateo (costo di 180mila con finanziamento Arsia per 135mila euro) si è occupato di proporre modelli organizzativi di gestione dell’oliveto, con particolare riguardo alle operazioni di potatura e di raccolta, introducendo innovazioni relative alla meccanizzazione in aziende diverse per tipologia di impianto olivicolo, territorio, e capacità economica di investimento.

Fra i risultati anche quello di favorire azioni di formazione e divulgazione ai produttori delle tecnologie e strategie tecniche a disposizione, compensazione della differenza di reddito nel mantenimento. Inoltre sarà necessario compensare la differenza di reddito nel mantenimento dell’olivicoltura marginale, rivalutandone anche il ruolo produttivo e la relativa filiera corta tipica. «L'olivicoltura in Toscana riveste una fondamentale importanza dal punto di vista ambientale, paesaggistico, sociale e culturale, ma risente delle ridotte dimensioni della maggior parte delle aziende, della bassa produttività degli oliveti, degli elevati costi di produzione e dei prezzi di vendita in diminuzione.

Il compito della Regione è e sarà quello di creare le condizioni utili alla ripresa della produttività e della convenienza economica; per le piccole imprese marginali occorrerà individuare gli strumenti di sostegno a garanzia del loro ruolo di tutela del territorio e del paesaggio». Lo ha detto stamani il presidente Claudio Martini nel suo intervento al convegno “L'olivicoltura toscana: come cambia il modello produttivo”, in svolgimento presso il frantoio degli Olivicoltori Toscani Associati a Cerbaia.

«L’occasione mi sembra utile – ha aggiunto Martini - per ricordare la norma comunitaria che ha introdotto, dal 1° luglio scorso, l’obbligo di indicare l’origine dell'olio in etichetta e che di fatto regolarizza una precedente norma nazionale che aveva anticipato questa tematica. Si rende giustizia al mondo olivicolo che spesso si vede penalizzato in uno dei principali attributi di un prodotto, autentico valore aggiunto: l’origine. Certo contro il rischio di contraffazione i controlli devono essere efficienti.

Saremo attenti a un rafforzamento delle attività di controllo svolte sia dall’Istituto Controllo Qualità del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che dagli altri organismi preposti ai controlli». L'olivicoltura interessa in Toscana circa 97.000 ettari, oltre 15 milioni di piante, 70.000 olivicoltori, oltre 400 frantoi oleari, numerose imprese di confezionamento e dà luogo ad una produzione media di circa 170-180. 000 quintali annui di olio con forti oscillazioni (nel 2007 138.000 quintali, nel 2008 circa 180.000, non sufficiente neppure a coprire gli stessi consumi regionali).

E' una produzione tradizionale, di qualità ma costosa che deve competere con produzioni di qualità inferiore ma più meccanizzate e quindi meno costose. Proprio per studiare strumenti di modernizzazione e razionalizzazione del settore, quattro anni fa è nato il progetto MATEO (modelli tecnici ed economici per la riduzione dei costi di produzione nelle realtà olivicole della Toscana), coordinato da Arsia e realizzato dalla stessa OTA in collaborazione con le tre università toscane. Costato 180mila euro, di cui 135mila a carico di ARSIA e 45mila come cofinanziamento dei partner di progetto, i risultati operativi di MATEO sono stati al centro della discussione davanti alla numerosa platea di addetti ai lavori. Possono essere riassunti in sei punti: rinnovo degli impianti,progettazione e gestione dell’oliveto, diffusione della meccanizzazione, azioni di formazione e divulgazione, compensazione della differenza di reddito nel mantenimento delle forme marginali attraverso la rivalutazione della filiera corta tipica, mantenimento dell’olivicoltura tradizionale per le sue funzioni paesaggistiche, ambientali e sociali da essa rappresentate.

Sul fronte della valorizzazione delle produzioni possono inoltre essere citate alcune iniziative utili quali ad esempio quelle volte a favorire la filiera corta, le strade del vino e dell’olio, nonché tutte le campagne informative rivolte ad aumentare la consapevolezza dei consumatori nei riguardi delle caratteristiche delle produzioni di elevata qualità, in particolare quelle rivolte alle giovani generazioni ad esempio attraverso iniziative nelle scuole.

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