Beni culturali: è scontro tra Ornaghi e Renzi, eppure la Toscana fa affari

Il sindaco attacca il Ministero, che replica "Lamentarsi non basta", ma l'altro è andato via. La Regione rende noto uno studio: la Toscana tra le prime a fatturare utili con l'industria culturale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 novembre 2012 21:31
Beni culturali: è scontro tra Ornaghi e Renzi, eppure la Toscana fa affari

E' scontro tra il sindaco di Firenze Matteo Renzi e il Ministro ai Beni culturali Lorenzo Ornaghi oggi a Palazzo Vecchio. ''Il ministero dei beni culturali non funziona. E' vittima dei burocrati. Bisogna avere il coraggio di dirlo e di cambiare''. L'occasione della polemica è stata il convegno dal titolo: 'Conservazione e valorizzazione dei beni culturali; paesaggio; industrie creative ' nell'ambito di Florens 2012, il luogo il Salone dei Cinquecento , lo stesso che fino a poche setimana fa ospitava i ponteggi finalizzati alla ricerca della Battaglia di Anghiari smantellati per via della mancata autorizzazione a proseguire da parte di Soprintendena e Ministero.

Proprio la rinuncia alla ricerca del capolavoro perduto tanto cara a Renzi aveva fatto dire al sindaco "Se il ministro ha paura ad autorizzare ciò che viene autorizzato costantemente in tutti i restauri del mondo, aspetteremo che cambi Governo". Renzi sceglie così di approfittare oggi della sua partecipazione al convegno che tra i protagonisti aveva proprio il Ministro Ornaghi per tornare sulla questione. Il sindaco fiorentino attacca il Mibac e l'eccesso di burocrazia e solleva il problema degli investimenti privati: ''In dieci anni - dice Renzi - hanno tagliato il 30% dei fondi pubblici per la cultura, è assurdo.

Il governo non deve spendere meno, ma spendere meglio. Non avremo mai investimenti privati - sostiene il sindaco di Firenze - se non cambiamo il regime fiscale, sul modello di quello americano. Vogliamo cambiare o preferiamo continuare col modello del tremontismo?''. ''Le lamentazioni in sè non bastano'' risponde il Ministro a Renzi che però ha già lasciato il Salone dei Cinquecento, ''se fosse stato presente - ha ironizzato Ornaghi - lo avrei innanzitutto intrattenuto su una questione filologica che è la distinzione antica tra il soprintendente e il sovrintendente.

Ma certamente sulla scelta del termine funziona anche il gusto. Il termine che comprensibilmente non piace al signor sindaco io lo trovo gradevole perché mi ricorda l'antica figura dell'intendente che fu grande servitore della monarchia amministrativa francese e fu il capo-stipite dei prefetti. Non vorrei che l'ondata di critiche alle soprintendenze travolgesse anche le prefetture''. ''Il signor sindaco - prosegue Ornaghi - coglieva sicuramente un problema reale ma per il problema reale va cercata l'adeguata soluzione.

Anche a mio parere non v'è dubbio che ci possa essere vecchiezza nei modelli di funzionamento organizzativo, magari avvertibile gia' nello stile, che riguarda non solo il Mibac ma tutte le amministrazioni e anche le amministrazioni comunali. Ma anche in questo caso le lamentazioni in sè non bastano, perché se l'occhio intende volgersi al futuro, se da questa crisi vogliamo uscire, dobbiamo cercare le soluzioni piu' appropriate. E forse si intravedono già, a partire da quel conservare che non è certamente un atteggiamento rivolto al passato: si conserva perchè si salva.

Accanto al conservare va affiancato il promuovere''. E proprio nel giorno della polemica tra sindaco e ministro sulla gestione del patrimonio culturale italiano la Regione Toscana rende noto uno studio che metterebbe in evidenza come la cultura, in partcolar modo in Toscana, fa utili. Lo studio realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Florens conferma che il settorevale il 5,3% della ricchezza prodotta e impiega 110mila persone. Firenze, Arezzo e Pisa nella top ten delle province a livello nazionale.

Insomma la cultura, in Toscana, sarebbe un vero affare. “L’Italia deve fare l’Italia – è il commento di Ermete Realacci, presidente di Symbola Fondazione per le qualità italiane –. Non possiamo che puntare su innovazione, ricerca, green economy, e incrociarle con la forza del made in Italy, con la qualità, con la bellezza. La cultura è l’infrastruttura immateriale fondamentale di questa sfida. Firenze e la Toscana, con la loro storia e la loro identità rappresentano al meglio questa idea di Italia”.

In un contesto economico caratterizzato dal progressivo indebolimento dei tradizionali sistemi industriali, la cultura rappresenta senza dubbio una delle strade da percorrere per ridare nuovo slancio alla crescita. E in alcune province toscane in particolare le “perfomance” culturali sono ragguardevoli. Arezzo e Pisa sono rispettivamente in testa e in nona posizione nella classifica nazionale delle province che più producono ricchezza con la cultura. Un risultato raggiunto grazie all’intreccio tra bellezza, cultura, innovazione, saperi artigiani e manifattura che ha saputo rilanciare il made in Italy e restituire all’economia toscana in generale, e a quella di Arezzo e Pisa in particolare, una prospettiva al di là della crisi.

Rispetto all’incidenza dell’occupazione prodotto dalla cultura sul totale degli impiegati dell’economia locale, la Toscana può contare su Firenze, provincia nella quale la cultura porta il 7,6% dell’occupazione e che proprio grazie a questa performance si piazza al nono posto nelle classifica dei posti di lavoro dell’industrie culturali sul totale provinciale degli occupati. Le province toscane, inoltre, possono vantare altri due primati a livello nazionale: Firenze, Arezzo e Pisa sono nella top ten nazionale della graduatoria provinciale per densità imprenditoriale dei sistemi culturali con Firenze in vetta alla classifica, Arezzo in quinta posizione e Pisa in settima; le province toscane, infine, rientrano anche nelle prime venti posizioni della graduatoria delle province italiane per propensione all’export di cultura.

In questo caso Pisa è al quinto posto, Firenze al dodicesimo, Siena al quindicesimo posto, Lucca in diciassettesima posizione e Pistoia in diciottesima.

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