Chianti Classico: la denominazione e il marchio patrimonio colletivo

Una vera e propria rivoluzione parte dal Consorzio del Gallo Nero che ripartisce in modo etico, corretto e democratico il peso economico delle spese fra tutti i soggetti che usufruiscono dei vantaggi di una denominazione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 febbraio 2012 14:32
Chianti Classico: la denominazione e il marchio patrimonio colletivo

Firenze, 14 febbraio 2012- Ha la dimensione di una vera e propria svolta storica per l’Italia del vino quella compiuta dal Consorzio Vino Chianti Classico, che, primo Consorzio del vino italiano ad applicare operativamente le nuove funzioni di tutela, vigilanza e promozione “erga omnes”, dettate dal decreto legislativo 61 del 2010, diventa, a norma di legge, custode e gestore della denominazione e del marchio Chianti Classico, che, a loro volta, diventano così un patrimonio collettivo, al quale tutti (aziende vitivinicole consorziate o meno) dovranno dare il loro contributo.

Un traguardo che sarà illustrato alla “Chianti Classico Collection”, l’anteprima delle annate 2011, 2010 e della Riserva 2009 del Chianti Classico (il 20 febbraio, riservata agli operatori, ed il 21 e 22 febbraio per la stampa; www.chianticlassicocollection.it), di scena alla Stazione Leopolda a Firenze. Il Consorzio del Gallo Nero (che rappresenta ad oggi il 90% della produzione dell’intera denominazione e spende ogni anno circa 2 milioni di euro in comunicazione e 200.000 euro per la per la tutela del marchio) raggiunge questo importante traguardo dopo un percorso che lo ha visto fin dal gennaio 2011, cioè immediatamente dopo l’approvazione del Decreto applicativo del 16 dicembre 2010 - “Disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini” - attivarsi a partire dalla procedura interna di modifica del proprio Statuto che, approvata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha condotto all’ultimo atto normativo rappresentato dall’autorizzazione ministeriale del 30 settembre, che ha attribuito le funzioni “erga omnes” al Consorzio del Chianti Classico dal 1 ottobre.

Il Consorzio del Gallo Nero è diventato così, a norma di legge, custode e gestore della denominazione Chianti Classico e per questo chiamerà a contribuire alle spese di tutela vigilanza e promozione della denominazione tutte le aziende (“erga omnes”) che la utilizzano, siano esse socie o no. Evidentemente, la ripartizione dei costi avverrà in modo trasparente e democratico distribuendo l’onere con pagamenti proporzionali alla produzione di uve, di vino e di bottiglie, secondo quanto previsto nel decreto legislativo. “Si tratta, al di là del fatto che siamo il primo Consorzio di Tutela del vino a cominciare questa nuova esperienza - spiega Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio del Chianti Classico - di un passo fondamentale per l’azione di tutela consortile che finalmente trova una realizzazione all’insegna dell’equità e della correttezza.

È una rivoluzione storica, democratica ed etica. La denominazione e il suo marchio diventano, di fatto, un patrimonio collettivo, ed il Consorzio lo mette a disposizione di tutti”. È evidente, quindi, che i costi delle attività di tutela, vigilanza e promozione debbano coinvolgere tutti i produttori. Il valore di un marchio collettivo o, come nel caso di una denominazione, di un marchio “d’area”, è direttamente proporzionale alla capacità dei produttori, alla fiducia che il consumatore vi ripone, ma anche e soprattutto alla serietà complessiva che viene spesa nel garantire continuità e sicurezza a quel marchio.

Ed in questo senso che il marchio collettivo o “d’area” è da ritenersi, di fatto, come un marchio registrato di proprietà di chi lo ha creato, difeso e promosso. I “gestori naturali” dei marchi collettivi o “d’area” dell’agroalimentare italiano sono i Consorzi di Tutela delle denominazioni e il loro ruolo fondamentale deve essere riconosciuto anche da chi ne ha usufruito e continua a usufruirne dei benefici senza aver contribuito ed è quindi giusto che il costo della sua tutela e in alcuni casi della sua promozione sia sostenuto anche dai non soci. Dal punto di vista normativo, questa novità recepisce le direttive comunitarie che, di fatto, uniformano il settore del vino a quello delle Dop ed Igp dell’agroalimentare, sia nei riguardi delle funzioni dei Consorzi che degli obblighi dei produttori, e deriva dalla possibilità di costituire ed essere riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole un Consorzio di Tutela.

Si tratta di una novità introdotta con l’ultima Ocm vino e che trova applicazione nazionale, proprio, con il Decreto legislativo 61 del 2010 e successivamente con il Decreto applicativo del 16 dicembre 2010, che regola la rappresentatività e le funzioni “erga omnes” che un Consorzio di Tutela, fatte salve alcune condizioni, può svolgere. Qualora infatti i Consorzi siano rappresentativi di almeno il 40% dei viticoltori e di almeno il 66% della produzione di competenza dei vigneti iscritti nello schedario viticolo della relativa Dop o Igp, calcolato sulla base del quantitativo certificato negli ultimi due anni, possono svolgere funzioni “erga omnes”, dunque su tutti i soggetti inseriti nel sistema della denominazione.

È ancora confermata l’adesione volontaria da parte dei produttori ai Consorzi di Tutela, se il Consorzio ha una rappresentatività pari al 35% dei viticoltori che rivendicano la denominazione e almeno il 51% della produzione certificata, e quest’ultimo può agire esclusivamente nei confronti dei propri associati, oltre ad avere compiti generali propositivi e di tutela della denominazione, nonché di collaborazione con le amministrazioni. Se, invece, il Consorzio ha una rappresentatività pari al 40% dei viticoltori che rivendicano la denominazione e almeno il 66% della produzione certificata - come nel caso del Consorzio del Chianti Classico - allora può gestire l’attività di valorizzazione e di propaganda richiedendo il contributo a tutti gli utilizzatori della denominazione (“erga omnes”). Tra le attività che il Consorzio di Tutela può effettuare sempre in regime di “erga omnes”, c’è anche quella di vigilanza.

Queste attività di vigilanza vanno assolutamente distinte dalle attività di controllo che sono competenza di organismi terzi(enti di certificazione). Sono attività svolte nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria e sono svolte sotto il coordinamento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi (Icqrf) dei prodotti agroalimentari, vengono esplicate prevalentemente nella fase del commercio e consistono nella verifica che le produzioni certificate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari, e che prodotti similari non ingenerino confusione nei consumatori e non rechino danni alle produzioni Dop e Igp.

Nell’organizzazione delle suddette attività di vigilanza i Consorzi di Tutela possono avvalersi della figura dell’“agente vigilatore” (Decreto 21 dicembre 2010 - Procedura per il riconoscimento degli agenti vigilatori dei Consorzi di Tutela di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 526 ed al decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61).

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