Sinagoga: il vino nel Cantico dei Cantici

Il valore simbolico nelle religioni ebraica e cristiana, con la conversazione “Il vino nel Cantico dei Cantici”, alla sua percezione nella storia della filosofia con l’incontro Ripensando al Caffè Filosofico

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 dicembre 2009 19:13
Sinagoga: il vino nel Cantico dei Cantici

Un legame continuo e profondo quello fra la cultura e il vino, testimoniato sia nella religione che nella filosofia. Per conoscere meglio questa “affinità elettiva”, l’11 dicembre la Sinagoga e il Teatro del Sale di Firenze saranno i luoghi d’elezione di questo connubio con due iniziative firmate “Vignaioli & Vignerons”, la manifestazione che la Toscana dedica al mondo della vite e del vino. La prima è un incontro alla Sinagoga di Firenze (Via Farini, ore 12,00) per una analisi del valore simbolico nel Cantico dei Cantici con il Rabbino Capo Yoseph Levi e il Parroco Luca Mazzinghi, nonché Docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica di Firenze e al Pontificio Istituto Biblico di Roma.

Due religioni a confronto su un testo dell’Antico Testamento di altissimo valore per entrambe, dove il vino è uno dei protagonisti metaforici principali. La seconda è una conversazione al Teatro del Sale di Firenze (Via de’ Macci 111/r, ore 19.00 posti disponibili su prenotazione), che affronterà il tema Filosofia e Vino. Ripensando al Caffè Filosofico… di fronte a un fiasco di vino con Nicola Perullo (professore di Estetica presso l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Bra) e Sergio Givone (professore di Estetica presso l’Università degli Studi di Firenze), moderati nella discussione da Alessandro Pagnini (professore di Storia della Filosofia contemporanea presso L’università degli Studi di Firenze).

Un viaggio del vino e del suo significato filosofico che partirà dall’antica Grecia fino ad arrivare al suo senso contemporaneo. Il Cantico dei Cantici nell’ebraismo esprime l’amore del creatore per il suo popolo (Israele). Nella tradizione Cristiana,invece, il Cantico esprimerebbe l’amore di Cristo per la Chiesa. Nel testo della Sacra Scrittura, per certi aspetti inusuale per la sua liricità e sensualità, il vino, nel suo significato traslato, è non soltanto simbolo di vita e di salvezza, ma anche d’amore.

Il vino diviene il suggello dell’unione d’amore tra l’amato e l’amata. E non è un caso, che la prima parola del Cantico dei Cantici sia proprio quella che descrive un bacio inebriante, accompagnato da “tenerezze più dolci del vino”. I due sposi, protagonisti del Cantico, sono come avvolti in una rete sottile, simile a quella prodotta dal vino. La soavità del vino è il paragone più usato nel Cantico per esprimere l’ebbrezza dell’amore. Il primo felice incontro dell’amante con l’ amata è proprio nella “cella del vino”.

È noto che nell’antichità la “cella del vino” era una sorta di cantina dove si conservava il vino, ma era al tempo stesso anche una capanna usata per la vendemmia, e poteva anche essere una sala dove abbandonarsi a gustare cibi annaffiati con generosi vini. Nel Cantico la “cella del vino” è la camera nuziale dove gli sposi celebrano il loro convito d’amore. Le “focacce all’uva” sono il sostenimento che la donna chiede. Erano considerate dagli orientali come un potente afrodisiaco, ma erano anche offerte votive per ottenere la fecondità.

Vino e cibo, dunque, diventano simboli destinati ad esaltare il trionfo dell’amore che trasfigura l’essere intero dell’uomo e della donna. Il percorso che illustreranno Nicola Perullo, Sergio Givone e Alessandro Pagnini, che avrà inizio con una cena a cui seguirà la conversazione è, invece, un viaggio nel senso più profondo che il vino ha assunto nel lungo cammino della storia della filosofia. Forse nessuno meglio di François Rabelais, che dedica la sua opera Gargantua e Pantagruel ai “bevitori illustrissimi”, ha posto meglio in evidenza l’umanesimo del vino, facendo del bere ciò che caratterizza l’uomo.

E allora il vino diventa un potente simbolo della saggezza umana e fonte di ispirazione. Vino, dunque, come essenza stessa dell’uomo. Ma il bere vino non è un mero deglutire per sedare la sete. Il bere vino di qualità costituisce un atto carico di significati, laici e religiosi. Il vino scandisce l’esistenza dell’uomo nella vita quotidiana, fino alla sobria ebrietas, vertice dell’esperienza mistica e contemplativa secondo una tematica variamente ripresa dalla tradizione platonica, gnostica e cristiana.

Nell’area Mediterranea la presenza del vino è insieme segno e simbolo di amicizia fra gli uomini, fra gli uomini e gli dèi. Pensiamo, ad esempio, al Simposio di Platone e alle libagioni di Socrate che, nonostante la loro abbondanza, non lo privavano mai della sua nota forza argomentativa. E oggi dove sono andati a finire tutti questi significati simbolico-allegorici del vino? Al di là della mera merce, il vino dovrebbe assumere un contenuto estetico superiore e la discussione del Teatro del Sale proverà a rispondere anche a questa domanda. Le iniziative fanno parte di “Vignaioli & Vignerons”, dieci giorni di eventi in Toscana dedicati al mondo della vite e del vino.

Fino al 13 dicembre, palazzi, cantine, musei e piazze di oltre 60 comuni toscani, ospiteranno incontri, convegni, laboratori, degustazioni, mostre, wine talks e mercati, della prima manifestazione in Italia dedicata alla cultura del vino nelle sue molteplici espressioni, promossa da Regione Toscana, Slow Food, Fondazione Sistema Toscana e Arsia.

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