Crimini di massa: lunedì 3 marzo un convegno a Firenze

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 febbraio 2008 15:25
Crimini di massa: lunedì 3 marzo un convegno a Firenze

Il convegno si terrà il prossimo lunedì 3 marzo a Firenze. Organizzato dal SUM (Istituto Italiano di Scienze Umane) con la collaborazione dell’Institut Français de Florence, il convegno è curato da Francesco Palazzo e sarà presieduto da Antonio Cassese.
Negli ultimi anni non sono mancati convegni, incontri, celebrazioni concernenti i massacri e gli stermini più o meno noti, consumati nel passato, nel “tragico” secolo scorso e nel presente: dal massacro del popolo armeno a cavallo tra ’800 e ’900 alle recenti pulizie etniche dell’ex-Yugoslavia, passando per la Shoa e per i massacri di Rwanda, Darfur, Congo.

Alla memoria storica di queste manifestazioni del male smisurato si affianca il ruolo sempre più importante dei tribunali internazionali: da quello istituito a Norimberga al termine della seconda guerra mondiale, alla Corte penale internazionale dell’Aja (1998), passando per i vari Tribunali ad hoc (per la ex-Yugoslavia, per il Rwanda).
Rispetto alla memoria storica, la giustizia penale sembra rappresentare una “risposta” diversa e ulteriore (più forte?) nei confronti dei crimini di massa.

Ed è appunto per discutere sulla posizione attuale e sulla storia della giustizia penale di fronte alla dismisura del male, su ciò che può e deve il diritto di fronte ai crimini di massa, che lunedì 3 marzo a Firenze si riuniranno importanti studiosi e rappresentanti del diritto internazionale, sotto la presidenza di Antonio Cassese, già Presidente del Tribunale Internazionale per la ex-Yugoslavia. Il convegno, organizzato dal SUM (Istituto Italiano di Scienze Umane) con la collaborazione dell’Institut Français de Florence, si svolgerà a Palazzo Strozzi (sede del SUM), a partire dalle 10 di mattina.
“Il convegno – spiega il curatore, Francesco Palazzo - nasce dalla necessità di una riflessione che, di fronte ai crimini di massa, cerchi di comprendere i bisogni profondi che la punizione individuale può soddisfare; e di valutare la reale adeguatezza del diritto e del processo penale a raggiungere i suoi scopi.

I crimini di massa sono variamente collegati ai conflitti fra etnie (ex-Yugoslavia), fra civiltà (11 settembre), fra potere statale e oppositori (desaparecidos argentini): ma in ogni caso è difficile non scorgere negli stermini di massa il coinvolgimento degli apparati pubblici e statali. Con la conseguenza che solo il diritto internazionale può opporsi a questi crimini.”
La sostanziale incapacità della comunità internazionale a prevenire e mettere fine alle situazioni in cui i crimini di massa si verificano, ha spinto, da una parte, a cercare di combattere l’impunità mediante l’istituzione di tribunali penali internazionali e, dall’altra, a proclamare la responsabilità collettiva di proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l’umanità.

L’intervento di Luigi Condorelli intende fare il punto sulla situazione attuale in proposito. Jacques Sémelin, autore del recente Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi (Einaudi, 2007) traccerà una case-history del crimine di massa. Nella relazione di Mireille Delmas -Marty, un nome tra i più importanti del diritto penale europeo, c’è una riflessione fondamentale: se i crimini di massa costituiscono manifestazioni di un male estremo, oscuro, inumano, forse il diritto penale è in grado di scoprirne e razionalizzarne il disvalore universale nell’umanità violata dalla sofferenza.

La relazione del giudice argentino Eugenio Raúl Zaffaroni si domanda invece se possa il diritto penale svolgere un’efficace funzione di prevenzione di questi crimini che, per la loro enormità, sembrano sottrarsi all’effetto deterrente attribuito in genere alla pena? O se invece l’unica arma sia, drammaticamente, quella preventiva della cultura e dell’educazione sociale?
La repressione dei crimini di massa sembra volgersi da uno scopo d’utilità ad un ideale di giustizia, che non può rimanere inappagato dinanzi all’enormità e alla “irrimediabilità” della sofferenza inferta col massacro.

Ma questa giustizia - si chiede Gustavo Zagrebelsky - può essere compatibile con la giustizia della responsabilità individuale, posto che la genesi dei crimini di massa trascende sempre la dimensione individuale? Non vi è il rischio di una deformazione delle reali responsabilità storiche attraverso le categorie penalistiche della colpevolezza individuale? O non vi è il rischio che i tribunali penali diventino tribunali della storia, stravolgendo gli angusti paradigmi processuali?

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