Afghanistan: missione del Consiglio della Toscana
Continuano in tutta la regione le manifestazioni pacifiste

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 luglio 2006 19:15
Afghanistan: missione del Consiglio della Toscana<BR>Continuano in tutta la regione le manifestazioni pacifiste

Il Comitato fiorentino Fermiamo la guerra promuove da ieri fino a venerdì Veglie di pace per l'immediato cessato il fuoco in Libano e tutto il Medio Oriente. Dalle ore 21.30 alle 23.00 in Piazza del Duomo. Giovedì 27 luglio (ore 17) presidio davanti alla prefettura di Massa (Piazza Aranci) organizzato dal Laboratorio Marxista per protestare contro la visita in Italia del primo ministro israeliano Ehud Olmert e contro il massacro perpetrato dall'esercito israeliano ai danni del popolo libanese e di quello palestinese.

Si svolgerà nel prossimo mese di agosto la visita di una delegazione del Consiglio regionale della Toscana, guidata dal presidente Riccardo Nencini, in Afghanistan.
L’ invito viene dal governo afgano attraverso la sua ambasciata a Roma, considerato l’interesse della regione per il problema degli emigrati e dei rifugiati dal paese asiatico e con la partecipazione del Cisa (il comitato italiano di solidarietà con l’Afghanistan).
Della delegazione faranno parte anche oltre a Nencini (che è fra l’altro presidente della Calre, la conferenza dei presidenti dei parlamenti regionali europei) e al presidente della Commissione regionale sui rapporti con l’Unione Europea, Angelo Pollina, anche un rappresentante della maggioranza e uno della minoranza del Consiglio toscano e dall’ esponente del Cisa Abdullah Amirian, che fungerà anche da interprete.
Fra i possibili ambiti di collaborazione l’individuazione di aree dove favorire il sorgere di nuovi villaggi, le ipotesi di eventuali gemellaggi, la realizzazione di opere di interesse pubblico in Afghanistan, tutto peraltro condizionato ai pareri e alle indicazioni della ambasciata italiana nel paese asiatico e nell’ambito dei programmi governativi.



Il Consiglio provinciale ha approvato, all’unanimità, un documento della Conferenza dei Capigruppo sulla crisi in Medio Oriente.
Di fronte alla grave e tragica situazione in Medio Oriente, il Consiglio provinciale di Firenze rivolge un pressante appello alle parti in causa per un immediato cessate il fuoco in Libano, Palestina ed Israele; al governo italiano, all’Unione europea, alle Nazioni Unite di attivarsi per questo obiettivo, aprire un corridoio umanitario e fermare le ostilità.
A tal scopo, il Consiglio provinciale chiede con urgenza la dislocazione di una forza di interposizione Onu.

«Applicare le risoluzioni delle Nazioni Unite, liberare prigionieri e territori occupati, ammettere il diritto alla vita e all'esistenza di tutti».

Solo così, secondo la consigliera dei DS Susanna Agostini, «potrà esserci la pace in Medio Oriente». «E così - ha aggiunto - né Hezbollah né Hamas avranno più ragione di esistere e tantomeno avere il supporto del loro popolo disperato. In quella regione martoriata i problemi devono essere risolti alla radice ma i politici debbono poter stare su questa difficile scena con tutto il realismo e con tutta la credibilità per sostenere una strategia dei piccoli ma solidi passi in avanti, per rimanere interlocutori privilegiati e affidabili nel lungo lavoro che sarà richiesto per uscire da questa crisi di portata eccezionale».

«Sostenere una politica a favore dello sblocco della situazione mediorientale e per avviare una serie di relazioni diplomatiche fra le parti coinvolte nel conflitto».

E' quanto propone Lorenzo Marzullo, presidente della commissione per la pace e la solidarietà internazionale. «Lo scontro in atto in Medio Oriente - ha aggiunto Marzullo che sulla questione ha presentato un'apposita risoluzione - sta provocando una carneficina di civili per questo bisogna fare di tutto per evitare il rischio di una guerra dichiarata, in questo conteso basta una scintilla per arrivare a coinvolgere tutto il bacino mediorientale. L'unico modo per contrastare il terrorismo, avviare un processo di pace e garantire la sicurezza in Israele è sconfiggere l'idea dello scontro di civiltà e affermare il riconoscimento di uno stato palestinese indipendente e sovrano».

«La soluzione del conflitto israelo-palestinese può essere il crocevia per arrivare alla pace - ha concluso il presidente della commissione pace - è necessario iniziare a costruire una serie di rapporti diplomatici a livello internazionale e tra tutti gli organi istituzionali coinvolti per far si che le parti in conflitto possano arrivare ad un accordo. Invitiamo il sindaco a proseguire e intensificare il suo appoggio alle azioni che il Governo sta portando avanti in relazione al conflitto in atto».



Questo invece il testo dell'intervento di Forza Italia Enrico Bosi: «La nostra mozione è molto chiara e netta: pieno sostegno a Israele in questa che si può chiamare la sesta guerra israelo-araba. Noi manifestiamo quindi la nostra solidarietà allo Stato ebraico riconoscendo la continua e grave minaccia alla quale è esposto per la presenza di basi terroristiche vicine ai propri confini e per l'azione destabilizzatrice dei governi siriano ed iraniano che fomentano e sostengono il terrorismo propugnandone la distruzione.

Chiediamo anche la liberazione dei prigionieri, condizione primaria per riaprire il dialogo nelle aspettative di una tregua, di pace e di rispetto reciproco con le componenti non violente del mondo palestinese e libanese. Chiediamo anche il disarmo degli Hezbollah ed il dispiegamento dell'esercito libanese lungo la frontiera. Nello stesso tempo contestiamo la politica di "equivicinanza" del nostro governo e del suo ministro degli esteri, al quale ricordiamo che la Conferenza di Roma si fa nella nostra capitale soltanto per ragioni di sicurezza (doveva tenersi infatti a Il Cairo) e non per il lavoro della nostra diplomazia.

Riteniamo inoltre di sottolineare l'infelice uscita del "facilitatore" Prodi che poteva risparmiarsi l'invenzione di un ruolo che non gli compete, mancandogli, fra l'altro, le capacità e l'autorevolezza per svolgerlo. La sua telefonata al mediatore iraniano Larijani, "padrino" dei guerriglieri Hezbollah e protagonista dei negoziati farsa sul nucleare, ci ha reso ridicoli in tutto il mondo. Vogliamo ricordare anche che questa guerra sta determinando in Israele la liquefazione della sinistra israeliana: gli oppositori alla guerra nel Libano che nel 1982 si erano radunati, in 40mila, nella piazza principale di Tel Aviv, avanti ieri si contavano in appena qualche centinaio.

Come si spiega questo cambiamento? Israele si è accorto che qualsiasi concessione ai Palestinesi è interpretata come un gesto di debolezza, non di volontà di pace. In secondo luogo perché ha compreso che con il terrorismo non si può trattare. In terzo luogo perché sa che, nonostante tutte le accuse dell'Europa, in questa battaglia, oltre che alla propria sopravvivenza è in gioco il proprio ruolo di baluardo dell'Occidente. Ma questa non è la sola differenza con la guerra in Libano, 25 anni fa.

Al posto dei guerriglieri dell'Olp di Arafat ci sono i guerrieri di Hassan Nasrallah. Sono diversi nella tattica di combattimento, nell'armamento, nella disciplina. Lo sono soprattutto nella strategia. In comune col passato non hanno che la volontà di distruggere Israele. Ma gli Hezbollah vogliono una Palestina (e nella misura del possibile, un Libano) non laica ma islamica. Hanno sostituito all'URSS (anche se i comunisti catto-laici e i no-global continuano a tifarlo) l'Iran - di cui costituiscono una sorta di braccio armato d'esportazione - e la Siria, guidata dal debole figlio di Assad padre.

Radicalmente cambiati infine sono il governo israeliano e la situazione politica in cui opera. Governo guidato da un delfino di Sharon, ma che, a differenza del governo Begin del 1982, gode di un più largo consenso popolare dall'estrema destra all'estrema sinistra. Nel quadro interno c'è, come nel 1948, la consapevolezza di una guerra per la sopravvivenza. A livello internazionale c'è la comprensione di gran parte delle grandi potenze. Queste differenze col passato sono decisive per la condotta, la durata e il possibile allargamento del conflitto.

Che sarà relativamente breve se la Siria non si farà coinvolgere e l'Iran accetterà la sconfitta del suo braccio armato in Libano. Lunga e pericolosamente estesa alla regione se Assad e Ahmadinejad vedranno nel successo delle armi israeliane una minaccia mortale per il loro potere e prestigio».

«Abbiamo deciso anche noi di mobilitarci per chiedere la fine del conflitto in Medio Oriente, una regione già martoriata da decenni di violenze e occupazioni». E' quanto ha dichiarato la presidente del consiglio degli stranieri Divinia Capalad «Chiediamo al Governo italiano di schierarsi in maniera decisa contro la guerra - ha aggiunto - di impegnarsi a livello internazionale perché si arrivi ad un accordo tra i due paesi ed evitare che siano violati i diritti umani.

Esprimiamo infine la nostra solidarietà e vicinanza alle popolazioni colpite dai bombardamenti causati da una guerra che semina odio». La presidente Capalad ha poi invitato i cittadini «a partecipare al sit-in di protesta organizzato dal comitato 'Fermiamo la Guerra' per l'intera settimana ad iniziare da oggi dalle 21 alle 23 in piazza Duomo davanti al Battistero, dove saranno presenti anche alcuni componenti del consiglio degli stranieri».

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