Sui monti della Calvana un laboratorio per recuperare un’area di circa 30 ettari
Alta Velocità in Alto Mugello: che cosa si sta scaricando ai piedi del sito europeo di Monte Beni?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 novembre 2003 07:01
Sui monti della Calvana un laboratorio per recuperare un’area di circa 30 ettari<BR>Alta Velocità in Alto Mugello: che cosa si sta scaricando ai piedi del sito europeo di Monte Beni?

L’obiettivo è di realizzare un pascolo sostenibile. E’ questo un degli interventi che l’assessorato alle Aree protette della Provincia di Prato sta portando avanti nell’ambito del progetto per la tutela della biodiversità in Calvana e sul Monteferrato “Habio”, sul quale oggi a Prato, alla Limonaia di villa Rospigliosi, si è tenuto un convegno aperto dal presidente della Provincia di Prato Daniele Mannocci e a cui hanno partecipato l’assessore all’Ambiente della Regione toscana Tommaso Franci e l’assessore all’Assetto del territorio della Provincia di Firenze, partner del progetto, Luciana Cappelli.

“Si tratta di una azione per il recupero delle praterie secondarie che costituiscono un habitat di grande importanza, la cui conservazione è considerata prioritaria nel territorio dell’Unione europea - spiega l’assessore della Provincia di Prato Nadia Baronti – La Calvana tradizionalmente è frequentata da molti uccelli rari, soprattutto passeriformi e rapaci, legati agli ambienti aperti. Il censimento effettuato nell’ambito del progetto ha già evidenziato rispetto a precedenti analisi una riduzione consistente delle specie rare e la causa è proprio la riduzione di praterie e pascoli”.

L’assessore Baronti ha ricordato anche come l’azione di tutela avviata col progetto Habio non sia conciliabile con l’ipotesi di collocare sul crinale della Calvana stessa un impianto industriale per la produzione di energia eolica. La sperimentazione sarà realizzata in una zona che si trova fra il Passo della Croce e l’Aia Padre (presso il crinale della Calvana sopra Sofignano), dove si è quasi completata una recinzione all’interno della quale inserire capi di bestiame in accordo con un allevatore locale.

Nell’area sono state realizzate dall’Università di Firenze 4 aree di saggio per il monitoraggio dello stato di conservazione delle praterie anche in conseguenza del pascolamento.
Il progetto, inserito nel programma Life-Natura dell’Ue e finanziato con Fondi comunitari, dedica grande attenzione al rirpistino di torrenti e piccole raccolte di acqua in Calvana, dove vivono due specie di anfibi tutelate: la salamandrina dagli occhiali e l’ululone dal ventre giallo, segnalate negli allegati della direttiva “Habitat” della Comunità europea come specie minacciate da estinzione.

E nel caso dell’ululone, un rospo di piccole dimensioni, ci sono serie preoccupazioni dal momento che non è ancora stato censito nemmeno un esemplare.
“Habio”, che è stato proposto dalla Provincia di Prato e presentato insieme ad altri dodici partner (Provincia di Firenze, Comuni di Prato, Cantagallo, Montemurlo, Vaiano, Calenzano, Comunità montana, Anpil Monteferrato, Associazione Alta Via Trekking, WWF Sezione di Prato, Legambiente, Unione speleologica di Calenzano) ha come obiettivo anche il recupero di Monteferrato e Monte Iavello.

Qui si trova una particolarissima flora che vegeta sulle rocce verdi o serpentine e dagli estesi arbusteti dominati dal ginestrone sulle pendici meridionali del Monte Iavello in cui vivono anche rare specie di uccelli. La vegetazione delle rocce, di piccole dimensioni e bisognose di molta luce, sono minacciate dall’espandersi della copertura arborea derivata dal rimboschimento di pino marittimo realizzato nell’800. Ecco quindi gli interventi, già progettati e con in corso le procedure di affidamenti dei lavori, di rinaturalizzazione tramite diradamenti per favorire il mantenimento delle radure ancora aperte.

Per gli arbusteti di ginestrone ed erica, fra i più estesi della Toscana, il pericolo maggiore sono i ripetuti incendi, in questo caso è prevista la realizzazione di una fascia parafuoco fra gli arbusteti e il bosco.

La vicenda è arcinota. Siamo nell'Alto Mugello, nel complesso di Monte Beni, un ecosistema che la Regione Toscana ha candidato al massimo livello di protezione in ambito europeo, cioè al rango di Sito di Importanza Comunitaria. Qui si continuano a deporre da mesi tonnellate di fanghi derivanti dal lavaggio di inerti, per venire incontro alle richieste di un gruppo certo molto potente di privati, il consorzio CAVET che costruisce con denaro pubblico la linea ferroviaria ad Alta Velocità Bologna-Firenze.

Ma l'ente che autorizza tutto ciò - l'amministrazione comunale di Firenzuola - non dispone ancora di alcuna prova di fonte indipendente circa l'innocuità di questi materiali. Come può succedere tutto ciò?
E' quello che si chiede e torna a chiedere Idra, con crescente preoccupazione, soprattutto adesso che la risposta formale dell'Agenzia pubblica di protezione ambientale della Toscana, l'ARPAT, è pervenuta alla sede dell'associazione di volontariato fiorentina e al gruppo di cittadini della frazione di Pietramala che avevano inoltrato all'Agenzia una serie di quesiti sulle motivazioni, le caratteristiche e gli impatti dell'intervento di riempimento della cava con i limi provenienti dall'impianto di lavaggio degli inerti estratti dal Sasso di Castro.
Nella sua nota di risposta, precisa e circostanziata, datata 14 novembre 2003, L'ARPAT premette: "A seguito delle vostre segnalazioni, questo Servizio sta effettuando accertamenti che sono tuttora in corso e riteneva necessario concluderli prima di fornire una relazione sugli esiti", ma aggiunge anche che "tuttavia, dato che le indagini stanno proseguendo, si ritiene necessario fare il punto su quanto finora emerso".
Nella nota, il responsabile del Servizio ARPAT, dr.

Piero Biancalani, fa riferimento a tre sopralluoghi svolti dall'Agenzia.
Il primo ha avuto luogo l'8 agosto presso la ex Cava di Monte Beni. Ma l'Agenzia - si legge nella nota - non era in possesso, fino a quel momento, di informazioni relative alla messa in sicurezza della frana (!) e "pertanto è stata recuperata la documentazione relativa presso il Comune di Firenzuola". Come mai, viene spontaneo domandarsi, l'Agenzia regionale non era stata informata e documentata su un intervento così importante e invasivo? Come mai niente ne sapeva lo stesso Osservatorio Ambientale Locale istituito dalla Comunità Montana del Mugello e presieduto da uno stimato geologo, docente presso l'Università di Firenze, il prof.

Giuliano Rodolfi?
Il secondo sopralluogo, prosegue la nota, è stato effettuato il 9 settembre presso la Cava di Sasso di Castro (ricordiamo che anche Sasso di Castro fa parte del Sito di Importanza Comunitaria n. 36, indicato dalla Regione Toscana nella Deliberazione del Consiglio Regionale n. 342 del 10.11.'98, in attuazione della delibera comunitaria "Habitat").
"Successivamente al sopralluogo presso la Cava Sasso di Castro - si legge poi nella nota - è stata effettuata un'ulteriore verifica sullo stato di avanzamento dei lavori presso il sito di Montebeni".
Dunque, ben tre interventi si sono susseguiti in questi mesi da parte dell'agenzia tecnica indipendente di cui il Comune di Firenzuola avrebbe potuto avvalersi.

Interventi che sono stati richiesti però, curiosamente, dai cittadini e dalle loro associazioni. Ai quali va il merito aggiuntivo, sembra, di avere informato l'ARPAT di un progetto già cantierato di cui - prima dell'8 agosto 2003 - negli uffici di tutela ambientale della Regione non si aveva neppure notizia.
Oggi che sono passati oltre tre mesi dall'S.O.S. della società civile preoccupata per questa invasione di fanghi senza certificazione pubblica di qualità in un sito "europeo", qual è la diagnosi dell'ARPAT?
"Le analisi finora svolte, e la documentazione acquisita - scrive il dott.

Biancalani -, non permettono di trarre delle conclusioni relativamente alla tipologia del materiale utilizzato per la messa in sicurezza del sito e pertanto sono previsti sia nuovi approfondimenti sul campione già prelevato sia ulteriori campionamenti. Al termine di questi approfondimenti sarà possibile rispondere ai vostri quesiti per quanto di competenza dell'Agenzia".
Quanto basta, sembra evidente, per non sentirsi propriamente tranquilli. Quanto dovrebbe bastare, torna a scrivere Idra al sindaco di Firenzuola dott.

Renzo Mascherini, per suggerire l'adozione di un provvedimento cautelativo urgente che - in attesa dei risultati definitivi delle analisi da parte dell'ARPAT - tenga conto delle preoccupazioni apparentemente non infondate dei cittadini. La risposta odierna dell'Agenzia regionale, ancora così marcatamente interlocutoria a oltre tre mesi dall'avvio della cantierizzazione di Monte Beni, dovrebbe spingere l'Amministrazione comunale - secondo Idra - a colmare il deficit di informazione sulla natura dei materiali depositati ai piedi del Monte Beni prima che i lavori di stoccaggio proseguano: solo le perizie indipendenti dell'ARPAT potranno garantire infatti agli abitanti una fondata tranquillità a proposito della sicurezza dell'intervento e della salubrità dell'ambiente.
La comunicazione dell'ARPAT del 14 novembre scorso, giova ricordare, è stata inviata per conoscenza anche al primo cittadino di Firenzuola, al Comandante della Stazione del Corpo Forestale dello Stato di Firenzuola, al responsabile dell'Unità Funzionale PISSSLL dell'ASL del Mugello (per la verifica delle condizioni di sicurezza delle lavorazioni svolte in prossimità della cava, in considerazione dell'ordinanza precedente che vietava l'accesso a chiunque) e all'Assessore all'Ambiente della Provincia di Firenze.
A Idra nel frattempo sono pervenute le segnalazioni dei cittadini che hanno scritto al sindaco di Firenzuola evidenziando i problemi legati alla cantierizzazione del Sito Comunitario.

Secondo questi cittadini, lo stoccaggio dei fanghi (almeno di quelli depositati fino a fine settembre, che ne rappresenterebbero la maggior parte) sarebbe stato effettuato in un'area non contemplata dallo stesso progetto del consorzio costruttore dell'Alta Velocità CAVET, e c'è da temere che per quest'area, anche se di stoccaggio provvisorio, non sia stato effettuato un piano di regimazione delle acque. In particolare, si legge nella lettera indirizzata all'associazione Idra, nei giorni 6, 7 e 8 agosto sarebbero stati scaricati circa 50 autotreni al giorno, e sarebbe stata realizzata una strada/argine a ridosso della frana con buona pace - si teme - della Legge 626 sulla sicurezza.

I cittadini hanno inviato a Idra le foto scattate in quei giorni (vedi allegato), e copia della lettera con cui hanno chiesto al Comune di Firenzuola di effettuare un sopralluogo.
Per quali motivi Monte Beni è un sito meritevole di particolari attenzioni ambientali in ambito europeo?
Nella descrizione dei "Valori naturali" del Sito "Sasso di Castro e Monte Beni", classificato col n. 36 fra i 133 indicati nella Deliberazione del Consiglio Regionale n. 342 del 10.11.'98, in attuazione della delibera comunitaria "Habitat", compaiono le seguenti indicazioni:
"Presenza di cespugliati a Genista radiata e Amelanchier ovalis, estremamente rari a livello regionale, a mosaico con praterie secondarie, che ospitano specie ornitiche rare e minacciate.

Limitate estensioni di formazioni forestali con aceri e tiglio su pendici rocciose. Presenza del Pecchiaiolo, nidificante nei boschi, e del Canis lupus, legato alle cospicue popolazioni di ungulati. Presenza di invertebrati localizzati. Rilievo caratterizzato da una morfologia accidentata, di notevole pregio paesaggistico, con affioramenti di diabase".
Nella rubrica "Rischi reali per la conservazione", la stessa deliberazione regionale 342/98 informa e ammonisce: "Ambienti dove le attività antropiche (abbandono e riforestazione) hanno ridotto naturalità e diversità, necessitano di piani di conservazione (in preparazione - Provincia di Firenze).

Probabile ampliamento di una cava interna al sito".

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