“Ifigenia” di Euripide al Fabbricone di Prato.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 gennaio 2000 14:30
“Ifigenia”  di Euripide al Fabbricone di Prato.

Fino al 23 gennaio prossimo all’interno del suggestivo spazio del Teatro Fabbricone è in programma il dramma euripideo “Ifigenia” diretto da Massimo Castri. Il regista con quest’opera porta a compimento il suo “Progetto Euripide” cominciato dieci anni fa con i giovani dell’Atelier Costa Ovest, quando mise in scena contemporaneamente l’”Elettra” e l’”Oreste”, e poi continuato soprattutto negli anni 1993-1995 nella personale lettura dell’autore greco. L’”Ifigenia” è un testo difficile, e al tempo stesso ricchissimo formalmente, una delle ultime opere di Euripide, quando già la demolizione della struttura formale e del senso della tragedia classica era compiuto: proprio per il suo carattere di opera “di confine” si presta a letture diverse, orientandosi verso percorsi inediti.

Castri analizza il testo con il solito rigore metodologico, facendone emergere i temi profondi e immaginari. La materia, conosciuta benissimo dal regista, è l’occasione per sottrarla ad una lettura univoca e svelarne la pluralità di elementi interpretativi: intreccio psicologico, profilo psicoanalitico dei personaggi non più eroi, casualità degli eventi, scrittura e racconto innovativi. Il regista estremizza la dissoluzione della struttura della tragedia operata da Euripide, eliminando il coro e la presenza finale della dea Atena quale “deus ex machina”.

In tale struttura essenziale si muovono benissimo i giovani attori , quasi figure stilizzate che sottolineano i momenti più significativi del testo. Una riconferma per il talento di Massimiliano Speziani, nella duplice veste del mandriano e del messo.

Euripide, la morte della tragedia.
Il filosofo e filologo F.Nietzsche, nella sua polemica feroce contro lo spirito apollineo greco rappresentato da Socrate, accusò Euripide di aver ucciso la tragedia. La tragedia non è però morta di morte violenta, ma di morte naturale ed Euripide è un artista che prende atto della sua dissoluzione, del suo trapasso da fatto religioso a mitico a opera di arte e di cultura.

L’Ifigenia, una delle 17 opere che ci sono giunte, testimonia che la struttura della tragedia non c’è più, gli eroi sono andati via e gli dei stanno smobilitando, al loro posto si afferma una divinità più potente, il Caso. Nuova tecnica e nuova forma trasformano la tragedia: il prologo, l’epilogo, il coro, sono tutti elementi che con Euripide cambiano radicalmente di significato. In questo spazio nuovo si muovono personaggi umanissimi, privi ormai di certezze, capaci soltanto nell’arte dell’arrangiarsi.

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