La bellezza della civiltà etrusca raccontata da George Dennis

Presentato presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze l’edizione integrale italiana di Città e Necropoli d’Etruria, dello scrittore, viaggiatore, archeologo e diplomatico inglese George Dennis. Edito dalla Nuova Immagine Editrice di Siena.

12 febbraio 2016 10:30
La bellezza della civiltà etrusca raccontata da George Dennis

FIRENZE - Ha finalmente vista la luce l’edizione italiana di Città e Necropoli d’Etruria, curata da Silvia Nerucci ed Elisa Chiatti, tradotto da Domenico Mantovani, dall’originale inglese The Cities and Cemeteries of Etruria di George Dennis (1814-1898), che lo pubblicò a Londra nel 1848, e nel 1870 in una seconda edizione. Un corposo volume in due tome, di oltre 1200 pagine, che evoca l’emozione della scoperta di un popolo dalla grande tradizione civile e artistica, che ci ha lasciate innumerevoli testimonianze, molte in particolare le affascinante necropoli, sulle quali Dennis compie uno studio approfondito. Popolo misterioso, l’etrusco, le cui incerte origini anatoliche sembrano confutate da un esame effettuato nel febbraio scorso confrontando il DNA mitocondriale dell'attuale popolazione toscana con quello estratto da ossa scoperte in alcune tombe antiche, ha mostrato che gli Etruschi non sono originari dell'Anatolia, come sosteneva Erodoto, ma erano una popolazione autoctona italica, come invece sosteneva Dionigi di Alicarnasso.

Diatriba sulle origini a parte, non può non affascinare, a distanza di secoli, quella poetica solarità che contraddistingueva la loro visione della vita, gaudente e riflessiva quanto basta, che permise loro di fondare un fiorente regno fra Umbria, Toscana e Lazio, prima di soccombere alla straripante potenza militare di Roma. Ma ancora oggi, quasi commuove la solennità dei tumuli funerari, adorni di cipressi e circondati da un silenzio antico di secoli, solenne quanto la Storia.

La corposa opera di Dennis costituisce non soltanto un’importante ricostruzione della civiltà etrusca, ma fornisce anche una testimonianza storica e sociale dell’Italia di metà Ottocento, appena prima dell’Unità. Diplomatico a tempo perso, e appassionato di viaggi e di antichità, Dennis infatti amava particolarmente la Penisola, e l’impulso ad approfondire la civiltà etrusca nacque in lui dopo la visita a una mostra di antichità etrusche organizzata a Londra da due antiquari di Tuscania.

Decise quindi, attorno al 1842, di trasferirsi per un periodo a Roma, e da lì mosse per l’Etruria. Da sottolineare come già avesse alle spalle l’esperienza necessaria, avendo egli compiuto nel 1839 un lungo viaggio nella Penisola Iberica, sulla quale aveva pubblicato un libro che ebbe un buon successo. Eccolo quindi alla volta dell’Etruria, che percorse muovendosi principalmente a piedi o a cavallo, più raramente in treno, e che quindi ebbe modo di conoscere anche nei suoi aspetti più popolari, come i pastori che pascolavano le greggi fra le rovine di Veio, o la preparazione del formaggio nelle campagne circostanti.

Un mondo agricolo e pastorale immerso nel silenzio e in un apparente idillio, in realtà flagellato dalla malaria, dalla fatica quotidiana, dalle ingiustizie sociali. Testimonianze che affiorano anche nelle pagine di Dennis. Inoltre, il volume è importante perché dà al lettore e all’archeologo del Duemila lo stato di conservazione delle città etrusche a metà dell’Ottocento, registrando monumenti oggi purtroppo scomparsi.

Ma l’importanza e la bellezza dell’opera di Dennis sta nella sua idea di una compenetrazione fra antichità archeologica e paesaggio, suggerendo un’idea di conservazione estetica tipica degli studiosi formatisi alla scuola di Johann Joachim Winckelmann. Da questo punto di vista, affascinano le descrizione che Dennis ci lascia di quei paesaggi, all’epoca ancora incontaminati, e a fianco dell’archeologo, scopriamo l’esteta e scrittore, che ci accompagna nel suo personale Grand Tour alla scoperta dell’eleganza di una civiltà la cui cultura artistica ha esercitato grande fascino su tanti uomini di pensiero, politico o estetico che sia, e che è ancora materia di riflessione per questa nostra epoca così avulsa dalla cultura, e così lontana dalle proprie radici.

Perdersi fra le pagine di quest’opera, significa compiere un viaggio in un’epoca ormai leggendaria, che però ha fornito materia di studio a generazioni di eruditi, il cui amore per la cultura si intravede anche nella certosina opera di studi etruschi compiuti nei secoli, ai quali dette certamente impulso lo stesso George Dennis. Purtroppo, al suo apparire, l’opera di Dennis ricosse poco successo, e l’autore si dedicò a tempo pieno al servizio diplomatico, che svolse per dieci anni nella Guyana Britannica, da dove, nel 1863, fu trasferito prima in Sicilia, e successivamente in Liba e Turchia, mentre la sua opera cominciava ad essere apprezzata per il suo reale valore.

Scrisse anche, sulla Sicilia, un volume che meriterebbe di essere riscoperto. Fa comunque riflettere che a valorizzare il patrimonio artistico italiano, fossero in gran parte personaggi stranieri, i quali, molto spesso, manifestarono una competenza e un amore per il nostro tesoro culturale, che ancora oggi molti italiani non hanno sviluppato.

Niccolò Lucarelli

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