I Baroncelli: una famiglia fiorentina ad Avignon

La storia di Palais Roure, la loro secolare dimora nel centro della città, e del marchese Folco, l'ultimo dei Baroncelli, l'inventore della Camargue

Nicola
Nicola Novelli
11 agosto 2019 16:20
I Baroncelli: una famiglia fiorentina ad Avignon
Foto di Miriam Curatolo

Il Baroncelli più illustre della storia è sfortunatamente quel Bernardo Bandini Baroncelli noto per essere stato l’esecutore materiale dell'assassinio di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico, nel 1478.

Ma forse non tutti sanno che una parte della famiglia, spogliata di diritti, cariche e dignità dalla vendetta dei Medici si stabilì ad Avignon, allora Contea Venaissin, dove già nel 1468 il banchiere Piero de’ Baroncelli, aveva preso dimora insieme alla moglie Leonarda de’ Pazzi. Tesoriere Generale della Santa Sede, ambasciatore presso papa Sisto IV, Piero aveva acquistato un palazzo, l’attuale Palais du Roure e proprietà terriere nei dintorni. Negli anni successivi, comprò due palazzi adiacenti, allargando e ristrutturando il complesso immobiliare a due passi dal Palazzo dei Papi.

Per secoli l’aristocratica famiglia di origine toscana abitò e visse al Palais Roure, sinché nel 1907 l'edificio fu messo in vendita dal gentilhomme-mandriano Folco de Baroncelli, considerato in Francia "l'inventore" della Camargue.

Folco, l’ultimo dei Baroncelli

Nel 1895, il giovane marchese Folco Baroncelli, o come verrà chiamato in provenzale Lou Marqués, aveva deciso di abbandonare la comoda vita cittadina ad Avignon, per fondare in Camargue un allevamento bovino, il Manado Santenco nei pressi delle Saintes-Maries-de-la-Mer. Una scelta eccentrica per quei tempi, ma che avrebbe segnato il destino della regione. Perché Folco, con le sue risorse, la sua cultura, le sue conoscenze, si fece promotore del rilancio di quel magico territorio.

Infatti nel 1905 Baroncelli conobbe Buffalo Bill durante il tour del suo circo americano in Europa. Folco offrì al più celebre dei cow-boy il suo aiuto, mettendogli a disposizione uomini e animali per gli spettacoli che Buffalo Bill organizzava con il titolo di Wild West Show. Baroncelli d’altra parte ne trasse ispirazione per inventare i giochi equesti dei gardian, i mandriani che ancora oggi affascinano i turisti. E sempre i suoi tori negli anni successivi saranno immortalati in alcuni film realizzati in Camargue, forse i primi western mai girati in Europa, con l’aiuto del fratello Jacques, noto cineasta.

In quegli anni il marchese collaborò con altri allevatori a ricreare la razza pura dei tori camarghesi. La sua selezione appassionata fu premiata da Prouvènço, lo storico toro cocardier, che scatenò i clamori del pubblico delle arene taurine, tanto per le sue qualità estetiche quanto le capacità di combattimento nelle Courses camarguaises.

E fu ancora Baroncelli nel 1924, a commissionare la croce simbolo della Camargue a un fabbro di Saintes-Maries-de-la-Mer. Negli anni ‘30 si batté per la creazione di una riserva naturale, affermandone l'importanza in funzione turistica e supportò il pellegrinaggio degli zingari, intercedendo con l'arcivescovo di Aix en Provence affinché tollerasse la processione con la statua di Santa Sara, portata in mare dagli zingari, per la prima volta, il 25 maggio 1935.

Il corpo del Marchese Baroncelli riposa oggi sulle spoglie della sua ultima fattoria, Lou Simbeu, distrutta nel 1944 dalle truppe tedesche durante la ritirata. Nel luglio 1951 le sue ceneri vennero traslate da Saintes-Maries-de-la-Mer proprio nel punto in cui si trovava la fattoria, ma il suo cuore è collocato nella cappella dei suoi antenati, nel Palazzo Roure, ex palazzo Baroncelli. Si narra che, mentre il corteo funebre procedeva lungo i prati, i tori della sua vecchia manade si siano messi a seguire lentamente la processione, accompagnando il loro padrone per l'ultima volta.

Il Palazzo Baroncelli ad Avignon

Ma torniamo al palazzo di famiglia ad Avignon. Fu proprio un’amica di Folco, la letterata Jeanne de Flandreysy ad acquistare il Palazzo Roure nel 1918, per restaurarlo e trasformarlo in istituzione di promozione della cultura provenzale e italiana. La de Flandreysy era una cultrice delle opere di Dante e Petrarca e il palazzo diventò così un'importante biblioteca di letteratura italiana e sede di incontri di cooperazione culturale Francia-Italia.

Quando, tra 1927 e 1928 furono organizzate le celebrazioni del 600° anniversario del soggiorno di Petrarca ad Avignon, Jeanne de Flandreysy partecipò agli incontri di L'Isle-sur-la-Sorgue e Arezzo. Il re Vittorio Emanuele III presiedette la manifestazione nella città natale del poeta, insieme a Giuseppe Belluzzo, ministro della pubblica istruzione, e Francesco Giunta, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio. Parteciparono anche molti letterati italiani, oltre al direttore dell'Istituto francese di Firenze, Henri Graillot.

La proprietaria di Palazzo Roure tornò in Italia nel 1929, per partecipare al 34° Congresso della Società Dante Alighieri tenutosi a Pisa e Livorno, e nel 1930 di nuovo in Toscana, alla guida di una piccola delegazione francese per una visita a Volterra e alla napoleonica isola d'Elba.

Nel 1944 Jeanne de Flandreysy decise, in occasione del suo 70° compleanno, di lasciare in eredità alla città di Avignon il Palazzo Roure e tutte le sue collezioni, così come l'annesso, la villa di Chêne vert aux Angles, dall'altra parte del Rodano. I due edifici formano dall'ottobre 1952 l'Istituto Mediterraneo di Palais Roure, che oltre agli archivi famiglia Baroncelli, conserva la grande biblioteca italiana della sua donatrice.

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