Api: senza inquinanti finisce la moria

Il 1° monitoraggio “Apenet” dimostra che senza neonicotinoidi anche le nuove malattie sono compatibili con la vita delle api. Panella (presidente degli apicoltori): “Veleno nella rugiada delle piante trattate, le multinazionali sapevano e nascondevano”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 febbraio 2010 19:52
Api: senza inquinanti finisce la moria

Roma– In Italia, sospesi nel 2009 i trattamenti per la ‘concia’ dei semi di mais a base di neonicotinoidi, non sono state riscontrate morie massive di api. Soltanto l’anno precedente circa il 50% della popolazione degli alveari era morta (il livello più alto dell’Unione Europea, che in media ha toccato il -25%. Fonte Efsa), con un danno enorme per l’agricoltura (stima -2,6 miliardi di euro per mancata impollinazione di frutta e verdura), per i 50.000 apicoltori (dimezzato il fatturato) e l’ecosistema (stima –3 miliardi di euro per mancata impollinazione delle specie selvatiche).

Inoltre, inizia ad emergere anche un altro rischio: le poetiche goccioline di rugiada sulle foglie possono essere un pericoloso veleno, quando le piante sono state trattate con sostanze tossiche. La Regione Toscana vuole vederci chiaro ed intensificherà le azioni per la salvaguardia e lo sviluppo dell’apicoltura e la tutela del miele e dei suoi processi produttivi, mentre gli apicoltori denunciano l’omertà delle multinazionali. Il riscontro sulla possibile interazione tra ‘concia’ e moria delle api arriva dal 1° monitoraggio annuale dello studio “Apenet”, varato dal Ministero Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dalle Regioni, in collaborazione con le associazioni degli apicoltori e realizzato dalla rete degli Istituti Zooprofilattici.

Per scoprire il mistero sulla ‘scomparsa’ delle api, iniziata in tutto il mondo nel 2006 e particolarmente violenta in Italia, è stato coinvolto tutto il territorio nazionale, con la predisposizione di 20 moduli di monitoraggio (uno per regione) ai quali se ne sono aggiunti altri 4 in Toscana (che da sola rappresenta il 20% dei dati raccolti), mettendo sotto osservazione 1.000 alveari e circa 150 milioni di api. L’analisi della situazione è stata fatta in una conferenza stampa presso la sede di Roma della Regione Toscana dove sono intervenuti: Sylvie Coyaud (giornalista ed autrice del libro “La scomparsa delle api”); Francesco Panella (presidente nazionale dell’Unione Apicoltori Italiani); Claudio Porrini (Università di Bologna - rete Apenet Nazionale); Giovanni Brajon (responsabile Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Toscana e Lazio e Coordinatore rete monitoraggio Apenet Toscana); Alberto Masci (Ufficio ricerca e sperimentazione Ministero politiche agricole), Aldo Manetti (presidente II Commissione del Consiglio regionale della Toscana).

“Avevamo ragione a denunciare il killeraggio dei nenonicotinoidi, visto che il Ministro Luca Zaia ha annunciato la sospensione della concia dei semi anche per il 2010. Ma c’è di più –ha dichiarato Francesco Panella, presidente nazionale dell’Unione Apicoltori Italiani-, le ricerche della dottoressa tedesca Hedwing Riebe e del professor Vincenzo Girolami dell’Università di Padova evidenziano che il veleno dai semi risale sulla superficie della pianta con il fenomeno della ‘guttazione’.

Quel ‘sudore’ si asciuga e la molecola chimica velenosa imbeve la rugiada del mattino, che transita per contatto o prelievo su altri organismi. Le multinazionali degli agro-farmaci da anni conoscono questo fenomeno –ha concluso Panella- ed hanno deliberatamente nascosto la verità alle istituzioni comunitarie ed ai cittadini”. Intanto, la Regione Toscana, che ha deciso di riconfermare l’appoggio al progetto di monitoraggio “Apenet”, punta a tutelare assieme ambiente, produttori e consumatori.

La prossima settimana il Consiglio regionale approverà, prima in Italia, una risoluzione finalizzata a promuovere la tipicità del miele; predisporre severi controlli sanitari sulle importazioni da paesi extracomunitari; studiare un’etichetta per la totale tracciabilità del prodotto; assicurare il monitoraggio per conoscere le sostanze potenzialmente pericolose immesse nell’ambiente; realizzare una banca dati genetica delle api con l’obiettivo di identificare e mantenere ecotipi legati ai diversi territori.

“La Toscana - ha ricordato Aldo Manetti, presidente della Commissione agricoltura del Consiglio regionale – è stata una delle prime regioni in Europa a rendersi conto della gravità della moria delle api e delle sue drammatiche ripercussioni sul mondo dell’agricoltura e sull’ecosistema. Abbiamo sollecitato le istituzioni nazionali e comunitarie ad attivare progetti di ricerca e monitoraggio, impegnando anche nostre risorse. Le api sono la migliore ‘sentinella’ biologica che abbiamo a disposizione, per questo –ha proseguito- è indispensabile la collaborazione con i produttori di miele per continuare la ricerca scientifica ed il monitoraggio”.

La Regione Toscana stringerà sui controlli internazionali e sulla qualità, che difficilmente può essere assicurata da mieli provenienti da paesi extra-comunitari al costo di un euro al kg contro i 4 euro di quello UE. Nel mondo il primo produttore di miele è la Cina (316.000 tonnellate), mentre i paesi dell’U.E. nel complesso arrivano a 163.000 t/anno. L’importazione in Italia di miele cinese, dopo alcuni anni di blocco per motivi sanitari (nel 2004 scese a solo 286 tonnellate), dal 2007 è tornata a salire (10.000 t.) per attestarsi nel 2008 a 20.000 tonnellate.

“Vogliamo evitare il ripetersi di ‘sorprese’ come il cerchione di ciclomotore trovato in un bidone di miele di provenienza asiatica o le confezioni di propoli contaminate da antiparassitari -ha ricordato Manetti-, impegnandoci a promuovere e tutelare la tipicità, anche con i marchi Dop e Igp. Ma al progetto Apenet occorre affiancare decisioni europee che limitino l’uso della chimica in agricoltura. In particolare occorre sospendere l’uso dei neonicotinoidi fino a quando non saranno state completate le verifiche e, in caso di risultati positivi, vietarli definitivamente”.

Del resto, gli studi di “Apenet”, nel 2009, hanno riscontrato la piena attività dei 1.000 alveari monitorati, nonostante in molti casi siano state rilevate forme diffuse sia di virosi (correlate all’azione dell’acaro ‘Varroa destructor’) che di Nosema. Segno che senza l’apporto dei veleni chimici le api resistono alle malattie, anche a quelle nuove che non hanno ancora una cura risolutiva come per la varroa. Dopo le ‘stragi’ del triennio 2006-2008 adesso le api tornano a volare in Toscana.

In coincidenza della sospensione dell’uso degli insetticidi a base di neonicotinoidi, per la concia dei semi di mais, la produzione di miele è aumentata e le colonie si trovano in salute (nonostante la presenza di malattie endemiche). Lo ha accertato il monitoraggio del sistema “Apenet Toscana” che, nel 2009 durante l’intero ciclo delle quattro stagioni, ha effettuato osservazioni, studi, prelievi ed analisi sulla popolazione di circa 150 alveari distribuiti su 5 moduli di ricerca a Firenze, Arezzo (a cui fa capo anche quello nel Parco della Maremma), Siena e Pisa (quest’anno saranno 200 alveari con l’entrata in funzione anche del modulo di Lucca).

La Regione Toscana con proprie risorse ha quadruplicato i centri di osservazione del progetto nazionale ‘Apenet’, che si basa su un modulo per regione. Negli anni passati gli oltre 3.500 apicoltori toscani avevano denunciato picchi di moria anche del 50%. Invece, nel 2009, primo anno di monitoraggio strutturato, sono mancate totalemente le colonie di 13 alveari (pari all’8,6% di quelli monitorati), con particolare rilevanza nelle ‘famiglie’ di due apiari (ciascuno è composto da 10 alveari) di Siena (-30%) e Arezzo (-50%).

“Dalle indagini effettuare nell’ambito del progetto ‘Apenet-Toscana’ –ha detto Giovanni Brajon, responsabile della sede di Firenze dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana- non sono state riscontrate morie massive dovute ad avvelenamento da fitofarmaci. La peste americana è risultata una causa marginale, mentre la virosi, in conseguenza della varroasi, e la nosemiasi si confermano patologie fortemente diffuse per le quali devono essere approntati appositi programmi di controllo”.

La Regione Toscana, per il valore sia di tutela ambientale e della salute dei cittadini che di risultato economico per l’agricoltura legato all’impollinazione di frutta e verdura, ha deciso di impegnarsi direttamente e verso il Governo e l’Unione Europea per rafforzare il monitoraggio ‘Apenet’ e per intensificare le azioni di controllo del miele e di valorizzazione della sua tipicità. La Toscana, come del resto tutta l’Italia, ha visto nell’ultimo decennio una riduzione sia del numero di apicoltori che di produzione, divenendo importatrice di miele.

Si tratta, ora, di rilanciare il settore. I dati di partenza su cui basarsi per un’operazione di qualità sono i 3.500 apicoltori (21,5% in provincia di Firenze), i 99.000 alveari attivi (leader in questo caso è la provincia di Grosseto con 20.177 arnie), le 2.000 tonnellate di miele confezionato ogni anno. In Toscana già si riescono a produrre svariati mieli di monoflora (rosmarino, erica, ciliegio, tiglio, ailanto, eucalipo, rovo, girasole, sulla, lupinella, trifoglio, edera, corbezzolo ecc…) con punte di eccellenza per acacia e castagno.

La risoluzione, per un maggiore impegno nel settore, che andrà la prossima settimana al voto del Consiglio regionale prevede, tra le altre cose, oltre al controllo severo sul miele importato (soprattutto da Cina ed America Latina), anche la tutela della ‘tipicità’ regionale, tramite la promozione di marchi Dop, Igp e Igt, con l’adozione di un apposito disciplinare e la tracciabilità del prodotto per dare garanzie al consumatore. Per iniziare a sensibilizzare e formare i futuri operatori del settore, venerdì 12 febbraio, presso l’Azienda agricola regionale di Alberese, la II Commissione del Consiglio regionale ha organizzato un ‘educational’ per gli studenti dell’Istituto agrario di Grosseto. Quanto danno può causare all’agricoltura ed all’ecosistema il dimezzamento degli alveari, come è avvenuto in Italia nel triennio 2006-2008? Basta fare il calcolo delle probabilità statistiche sull’impollinazione.

Le 20.000 api bottinatrici di un alveare, normalmente, visitano ogni giorno 14 milioni di fiori. Metà viaggi, probabilmente fanno come risultato metà frutta ed ortaggi: - 2,6 miliardi di euro di raccolta in Italia. Ma non solo, esse sono una ‘sentinella’ ambientale sensibilissima e gratuita, perché le api sono incessanti perlustratrici per la raccolta di nettare ed altre sostanze: polline, acqua, propoli. Cioè, hanno un valore scientifico, perché la loro vita (e quella dell’intero ecosistema) è legata alla tutela dell’ambiente.

La loro morte a causa del degrado ambientale è il segnale che occorre intervenire e modificare la situazione. Del resto la relazione tra l’ape ed il territorio in cui vive è di compenetrazione e simbiosi totale. Le api di un alveare percorrono 150.000 km. (quasi 4 volte il giro della terra) in un raggio di tre chilometri di volo, per produrre solo uno dei 250 chili di miele di cui possono necessitare in un anno.

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