Territorio e ambiente: in commissione regionale il climatologo Maracchi
WWF: alla Toscana la maglia nera per la caccia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
29 gennaio 2007 16:11
Territorio e ambiente: in commissione regionale il climatologo Maracchi<BR>WWF: alla Toscana la maglia nera per la caccia

Firenze - A partire dal 1990, i fenomeni estremi dovuti ai cambiamenti climatici sono aumentati di tre volte rispetto al passato, sia come frequenza che come intensità e accadono sia d'estate che d'inverno: alluvioni, cicloni anche extratropicali, piogge intense ma anche siccità e sbalzi di temperatura aumentano, e le previsioni sul futuro non lasciano presagire inversioni di tendenza. In Toscana il rischio più elevato è costituito da un lato dalle piogge intense e concentrate in alcune aree e dall'altro dalla siccità.

A risentirne sono l'agricoltura, il territorio, la salute. E i costi per correre ai ripari sono altissimi: dal '90 in poi gli eventi estremi sono costati all'Italia, ogni anno, 4 miliardi di euro. Solo in Toscana, gli eventi alluvionali lungo l'Arno negli ultimi dieci anni sono costati oltre un miliardo. Dei cambiamenti in corso e degli scenari ha parlato oggi in commissione Territorio e ambiente Giampiero Maracchi, esperto climatologo, direttore dell'Istituto di biometeorologia del Cnr e presidente del LaMMA.

"Il messaggio è chiaro - commenta il presidente della commissione, Erasmo D'Angelis (Margherita) - Dopo gli allarmanti Rapporti sul global warming dell'Unione europea, dell'Onu e persino del Pentagono secondo il quale i cambiamenti climatici sono il vero nemico del Pianeta, è compito della politica assumere il clima come la vera priorità d'azione. L'Italia doveva diminuire le emissioni di gas serra del 6,5%, per rispettare gli obiettivi di Kyoto: le ha aumentate del 15%. La Toscana dell'11%. Occorre una presa di coscienza collettiva, perchè abbiamo pochissimo tempo per e non sono permessi errori.

Il nuovo piano energetico deve andare in questa direzione". "Il riscaldamento del pianeta e lo scioglimento dei ghiacci - ha spiegato Maracchi - sono responsabili di cambiamenti imponenti nei percorsi delle masse d'aria e d'acqua. Sarebbe troppo facile dire: aumenta la temperatura un po' dappertutto. In realtà i fenomeni sono più complessi. Ad esempio se, come può essere, la corrente del Golfo si spostasse e si inabissasse più a sud rispetto ad ora, la temperatura in Europa si abbasserebbe di 6-7 gradi, e sarebbe un effetto del riscaldamento complessivo del pianeta.

Quello che è certo è che aumentano i fenomeni estremi, e di fronte a questo bisogna attrezzarsi". Difficile ipotizzare gli scenari locali, dunque, ma ciò che ci circonda già ora è più che sufficiente per essere preoccupati. Le mimose sono fiorite a gennaio, e le prossime ondate di freddo, previste intorno al 5 e al 15 febbraio, minacciano non solo loro ma anche il frumento e, a marzo, gli alberi da frutto, con effetti disastrosi per l'agricoltura. L'ippocastano non fiorisce più al 140mo giorno dell'anno, ma al 115mo.

I cipressi sono già fioriti e causano allergie, che i farmacisti scambiano per influenza. Come far fronte ai cambiamenti? E soprattutto, come ha chiesto Luca Paolo Titoni (Udc): "E' ancora possibile cambiare rotta, e in che tempi il clima potrebbe tornare alla normalità?" "Ci vorrebbero 80 anni - ha risposto Maracchi - L'importante però, più che tornare indietro, è fare in modo di non arrivare al punto di non ritorno. La domanda è: per i Paesi emergenti, è possibile arrivare al benessere, passando attraverso un altro modello di sviluppo? Qui dev'essere la politica a rispondere, perché oggi servono scelte che incidano sull'economia.

Ad esempio, i trasporti sono responsabili per il 25-30% dei gas serra, percentuale che nel 2030 salirà al 40%. Anziché far viaggiare i prodotti da un capo all'altro del mondo, dovremmo produrre il più possibile vicino a noi, eliminando i trasporti non necessari. Magari con il combustibile da biomasse, che possiamo produrre anche in Toscana".
Per Maracchi occorre poi che l'Italia, come hanno fatto altri Paesi, "si doti di una legislazione che preveda polizze assicurative obbligatorie contro i danni da inondazioni e da altri eventi estremi, che oggi non ci sono.

Ma bisogna pur tutelare i cittadini dai rischi". Infine, il tema delle risorse per il settore della ricerca in campo della climatologia: "C'è bisogno di risorse - ha concluso Maracchi - la Toscana è la Regione che investe di più, ma oggi noi abbiamo su 200 dipendenti 120 precari, a contratto. C'è grande entusiasmo ma troppe scarse risorse".

Italia, Belpaese anche per l’enorme patrimonio di biodiversità, con ben 94.771 specie diverse di animali, ma che ad ogni chiusura della stagione venatoria svela un atteggiamento ‘contronatura’.

Italia, paese dove ancora si spara ad aquile e lontre, come è accaduto in questa stagione di caccia, dove decade persino il decreto che tentava di farci entrare in Europa, vietando di sparare nelle aree SIC e ZPS (tutelate dalle norme comunitarie), a causa dell’ostruzionismo in un Parlamento che non fa in tempo a convertirlo in legge, dove ben 13 regioni abusano del meccanismo delle deroghe per uccidere specie protette come peppole e fringuelli e allungano i periodi di caccia previsti dalla legge nazionale.

Italia dove si è ancora costretti ad attribuire a 3 regioni, Liguria, Veneto e Toscana, la MAGLIA NERA per aver emanato leggi sulla caccia, piani faunistici venatori e attuazione della direttiva Uccelli dell’Unione Europea in totale contrasto con le norme comunitarie. Italia, dove il diritto di chi imbraccia il fucile (e che rappresenta meno dell’1% della popolazione) prevale sugli altri cittadini quando si tratta di entrare in terreni privati in virtù di un assurdo articolo del Codice Civile in palese violazione con le leggi sulla proprietà privata.

Italia, paese dove è ancora necessario lo sforzo di centinaia di guardie volontarie venatorie per contrastare il bracconaggio che vede nelle aree più calde, come le Valli Bresciane, lo Stretto di Messina, l’Isola d’Ischia, il Delta del Po, le lagune pugliesi, trasformare l’esercizio della caccia in attività illegale. Italia dove si spara persino da bunker interrati, si seminano trappole, lacci, reti, si ingannano uccelli di pochi grammi con richiami vivi o elettromagnetici vietati dalla legge e che fanno recapitare migliaia di animali feriti o uccisi ai Centri di recupero.

Italia dove il bilancio del bracconaggio, un viziaccio tutto italiano, ancora una volta è in nero. Il fenomeno, ricorda il WWF, sta portando sull’orlo dell’estinzione almeno 10 specie protette: orso bruno marsicano, grifone, falco pecchiaiolo e altri uccelli migratori, istrice, lontra, lince, lupo, gallina prataiola e persino il dattero di mare. E’ questa la triste sintesi del Dossier del WWF “Radiografia di un paese contronatura e fuori dall’Europa” presentato oggi presso il Centro di Recupero Animali Selvatici della Maremma di Semproniano (Grosseto), alla vigilia della chiusura della stagione venatoria 2006-2007 che vedrà sparare l’ultima cartuccia il prossimo 31 gennaio.

“E’ urgente invertire la rotta di un paese dove la quasi totale maggioranza degli italiani è persino contraria a qualsiasi attività venatoria e ricondurre questa attività a semplice esercizio ricreativo riducendo il suo forte impatto, insieme al bracconaggio, sulla fauna” – ha dichiarato Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia.
Il WWF indica 4 semplici richieste: - alle Regioni, alle quali chiediamo di rispettare le leggi europee e quelle della natura abbandonando la tentazione di ottenere consensi elettorali in cambio delle concessioni ai cacciatori; - al Parlamento e al Governo che devono approvare rapidamente le norme che applicano la Direttiva Habitat sulla fauna e habitat naturali (anche per evitare pesanti sanzioni dall’Unione Europea) e appoggiare la proposta di legge di modifica dell’art.

842 del Codice Civile che vieterebbe finalmente di cacciare nei terreni privati anche se non recintati; - infine ai cacciatori ‘illuminati’ che devono uscire allo scoperto appoggiando le richieste delle associazioni e affrontando anche confronti pubblici sui possibili convergenze con amministratori locali e associazioni venatorie. “Questo è forse il momento più favorevole per agire e lasciarsi alle spalle le polemiche strumentali e inutili e convergere finalmente tutti su un obiettivo comune che è quello di proteggere il nostro patrimonio comune di biodiversità che passa necessariamente attraverso la rigida regolamentazione dell’attività venatoria ed un appoggio forte con strumenti e mezzi alla lotta al bracconaggio.

Il percorso è semplice: si tratta solo di una questione di buona volontà”, ha concluso Pratesi.

Notizie correlate
Collegamenti
In evidenza