Una comunità su web per una cultura contro la pena di morte, una ‘community’, dal nome ‘L’Urlo’, promossa dalla Provincia di Firenze in collaborazione con il Craiat (Centro ricerche e applicazioni dell’informatica all’analisi dei testi)-Università di Firenze per promuovere e facilitare la comunicazione dei e con i condannati a morte di tutto il mondo. Il sito web (www.squilibrio.it), presentato ieri in Palazzo Medici Riccardi dal Presidente della Provincia Michele Gesualdi e dal Prof.
Luca Toschi (direttore del sito web e docente presso l’Università di Firenze, esperto di comunicazione multimediale), è organizzato in sei aree: nella ‘Prima pagina’ le ultime notizie, le indagini, le iniziative, le analisi e le osservazioni più rilevanti sulla pena di morte; in ‘Comunicazione’ uno spazio per mettersi in contatto con condannati a morte e abolizionisti in tutto il mondo; nell’area ‘Creatività’ una galleria di opere contro la pena di morte, dalla fotografia alla musica, dalla poesia alla narrativa, dal videoclip all’opera multimediale; vi è poi l’ ‘Osservatorio sul pianeta insostenibile’, una panoramica sullo ‘squilibrio’ nel mondo con articoli, documentazione statistica e altri materiali; in ‘Formazione’ si trovano gli strumenti didattici (dispense, questionari e corsi di aggiornamento on line) per affrontare la “questione capitale”; infine, in ‘Risorse’, la possibilità di avere a portata di mano informazioni, dati e documenti utili all’attività formativa e di sensibilizzazione contro la pena di morte.
Su www.squilibrio.it viene pubblicata anche un’intervista al Presidente Gesualdi che riportiamo parzialmente.
Siamo di fronte a un’inversione di tendenza?
“La recente sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha annullato la pena di morte ai disabili e altri pronunciamenti, oltreoceano, di giudici statunitensi riflettono una maturazione che fa ben sperare.
Rimane quella grandissima ombra che abbraccia i Paesi asiatici, in testa la Cina, e non pochi Paesi arabi e africani. Nelle democrazie si è preso atto che, studi alla mano, la pena di morte si è rivelata non efficace: l'alto numero di esecuzioni, negli Usa come in Cina, rivela che tutte le condanne eseguite finora non sono servite a redimere, ma solo a fare crescere il numero dei morti. Laddove la pena capitale persiste vi sono più ragioni politiche e involuzioni autoritarie che altro e si arriva a strumentalizzare anche la fede per giustificarla”.
Che strategia adottare per fare crescere una cultura che dissipi la pena di morte?
“Io non credo che si debbano fare crociate offensive contro i Paesi che hanno la pena di morte, ma credo che dobbiamo parlare con tutti usando la forza della persuasione e del confronto, la forza del travaso culturale.
Si tratta di aprire confronti con una preparazione delicata ma io credo che i Paesi non rifiutano l'occasione di un incontro sereno che non abbia i tratti di un processo”.