George Benson in concerto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 luglio 2000 09:13
George Benson in concerto

Appuntamento con il mito domenica 23 luglio – ingresso 28.000 lire, prevendite circuito Box Office - all’Anfiteatro delle Cascine: sul palco sarà di scena infatti il principe del panorama jazz/soul internazionale.
Una serata all’insegna della buona musica vedrà di scena, oltre al grande Benson (ore 21,45), l’Ackensack Quintet di Claudio Pascoli (ore 19,15) e il Roberto Gatto Quintet (ore 20,30). La straordinaria capacità di George Benson di incrociare i diversi generi musicali è un dato di fatto documentato da molti dischi, ognuno dei quali ha scalato le classifiche jazz, pop o jazz-rock: un continuo successo, come dimostrano anche i risultati ottenuti con la recente fatica discografica Absolute Benson: mai titolo poteva essere più azzeccato per il nuovo album dell’ormai sessantenne chitarrista di Pittsburgh, tornato a incidere con Tommy LiPuma, il producer che creò negli anni Settanta il sound dei suoi migliori album.

Insieme a LiPuma, Benson recupera le atmosfere che resero mitico “Breezin’”, uno degli album jazz più venduti di tutti i tempi e certamente il disco che ha aperto la strada allo smooth jazz.
Con “Absolute Benson” il duo sfodera tutta la sua classe in un prodotto di grande qualità, ricco di atmosfere cool, elegante e mai scontato. Decisamente interessanti poi i primi due brani del disco, prodotti dai Master At Work (i DJ “Little” Louie Vega e Kenny “Dope” Gonzalez, che chiamarono Benson nel bel progetto denominato Nuyorican Soul).

“The Ghetto”, cover del classico scritto dall’immortale Donny Hathaway” e “El Barrio”, ci offrono del vecchio George un’attitudine molto latin e calda, che davvero rilancia l’immagine del grande chitarrista. "Uomo del Rinascimento" come nessun altro nell'ambito della musica moderna, questo chitarrista e vocalist innovativo ha la straordinaria capacità di sfuggire ad ogni categorizzazione per creare un genere musicale molto personale: prova ne sono le innumerevoli collaborazioni artistiche a tutti i livelli e la sua vastissima discografia: ma soprattutto la capacità di incantare con le sue performances live, durante i molti tour mondiali, all'insegna ovunque del tutto esaurito.

La carriera di George Benson, iniziata nei primi anni Sessanta, è sicuramente una delle più rappresentative esperienze nell’ambito del jazz e di tutta quella musica definibile come “musica da intrattenimento”. Sono pochi gli artisti che al pari del “vecchio” George sono riusciti a passare con successo da un genere all’altro, dimostrando in ogni occasione buon gusto, eleganza e virtuosismo strumentale. Ispirandosi all’inizio della sua carriera a due leggendari chitarristi come Charlie Christian e Wes Montgomery, veri precursori della chitarra jazz, lo stesso Benson negli anni è diventato un punto di riferimento per più d’una generazione di musicisti, un chitarrista dallo stile inconfondibile e un vocalist dal timbro vellutato e sensuale.

C’è addirittura chi ha visto nel binomio chitarra-voce di Benson l’equivalente di ciò che furono la voce e il piano in Nat King Cole. Sicuramente Benson ha sfruttato le sue capacità vocali solo parecchi anni dopo aver intrapreso il mestiere di musicista, ma è proprio in questo periodo che l’artista raggiunge il massimo della popolarità.
Dopo aver prestato il suo talento a musicisti jazz di fama come Miles Davis (si può ascoltare in “Miles in the sky” del 1968), Deodato, Jorge Dalto, Hank Crawford, Tony Bennet, Quincy Jones, Chet Atkins, Jack McDuff, Herbie Hancock, Roy Ayers (si tratta di una piccola parte della lunghissima lista di collaborazioni) e realizzato in proprio una serie di eccellenti album tra jazz e blues dal 1964 al 1975, grazie a un nuovo contratto firmato con la Warner Bros e la produzione di Tommy LiPuma, arriva la svolta che darà all’artista un enorme successo di pubblico e di vendite.

Nel 1976 con “Breezin’” George Benson si piazza nelle zone alte delle chart di vendita, ottenendo un successo senza precedenti per un disco jazz, ma la critica più radicale e i puristi lo giudicano un venduto. E’ solo l’inizio di una nuova fase artistica che porterà il chitarrista a realizzare ancora numerosi album tra soul, jazz, funk e pop, alcuni di notevole successo come “Give me the night”, la mega produzione di Quincy Jones che farà vincere a Benson diversi Grammy Award. Sono gli anni in cui duetta anche con star soul come Aretha Franklin e Chaka Khan e il suo nome appare nei cartelloni dei più importanti jazz festival in tutto il mondo.

A metà degli anni Novanta il suo vecchio producer Tommy LiPuma viene nominato presidente della GRP e Benson, dopo due decadi di gloriosi successi, lascia la Warner per la GRP: in verità, gli album incisi per la label fondata da Dave Grusin hanno ben poco dello smalto dei suoi dischi storici. L’ultimo lavoro, “Absolute Benson” prodotto – guarda caso – da LiPuma, recupera proprio il sound dei vecchi tempi offrendo finalmente un Benson nella sua forma migliore.
Come detto, prima di George Benson, sul palco dell’Anfiteatro delle Cascine saranno di scena l’Ackensack Quintet del vocalist/sassofonista Claudio Pascoli (ore 19,15) e il Roberto Gatto Quintet (ore 20,30).

Batterista fra i più stupefacenti della scena jazzistica contemporanea, dotato di una versatilità che gli consente di affrontare qualunque situazione sonora con brillante concretezza, tecnicamente ineccepibile e votato al virtuosismo creativo, Roberto Gatto ad appena quarant'anni, in piena maturità artistica, ha già raggiunto i vertici della scena internazionale. Romano, nato il 6 ottobre del '58, muove i primi passi professionali nel '75 con lo storico Trio di Roma insieme a Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli; quindi diventa il batterista dei Lingomania, uno dei gruppi di riferimento del jazz italiano.

Si pone presto all'attenzione della critica grazie ad un peculiare stile sintetico e all'originale concezione ritmica. Un percorso artistico ricco e variegato che lo porta ad incontrare innumerevoli figure storiche e praticamente il top della scena jazz d'avanguardia in campo internazionale. Collabora anche con musicisti di diverse estrazioni e si distingue come sideman insieme ad alcuni fra i massimi esponenti della musica pop e leggera italiana. Da segnalare la sua attività collaborativa con Ennio Morricone.
Dinamica anche la sua opera di leader che lo porta ad incidere ben sette album a suo nome.

Si dedica altresì alla composizione, indirizzandosi in special modo alle colonne sonore (scrive insieme a Maurizio Giammarco le musiche di "Nudo di Donna" di Nino Manfredi ed è preferito da Francesca Archibugi per la quale elabora - insieme a Battista Lena - anche le musiche del film "Mignon è partita", vincitore di ben cinque David di Donatello). Da sempre in prima linea, ha collezionato prestigiosi premi e riconoscimenti dalla stampa specializzata. Ha anche inciso due video didattici.
Sabato 22 luglio all’Anfiteatro delle Cascine appuntamento con la nuova musica d’autore italiana: sul palco sono di scena infatti Cristina Donà e Marco Parente, due artisti con alle spalle esperienze molto diverse, ma capaci entrambi di conciliare rock e poesia, dando vita ad un nuovo, interessantissimo, filone della canzone d’essai.


Cresciuta all’interno della scena milanese Cristina Donà ha iniziato la propria carriera proponendo cover di noti gruppi rock e cantautori. A notarla è Manuel Agnelli degli Afterhours, un personaggio di grandissimo spessore artistico che accompagnerà Cristina in quasi tutte le sue esperienze. Sono i primi anni ’90 e il rock italiano d’autore balza all’attenzione del grande pubblico portando alla ribalta formazioni come La Crus, Marco Parente, Carmen Consoli… Con la collaborazione di alcuni esponenti di questo nuovo panorama d’essai, nel ’94 Cristina Donà pubblica l’album Tregua, conquistando la Targa Tenco ‘97 (miglior esordio), il premio Max Generation ed il referendum di Musica & Dischi dello stesso anno.
Insomma, un trionfo, anche se il riconoscimento più grande deve ancora venire: in una intervista alla stampa inglese, l’ex Soft Machine Robert Wyatt segnala Tregua come miglior disco dell’anno.


“Quando l’ho saputo sono rimasta senza fiato – ammette la cantautrice milanese – ed il meglio doveva ancora arrivare…”. Incoraggiata da quella notizia Cristina Donà invia i nastri del nuovo album, Nido, a Robert Wyatt, ricevendo in cambio uno straordinario arrangiamento di Goccia, tra i brani di punta del disco.
Nel novembre ‘99 Nido viene presentato alla stampa. Tra i tanti ospiti che partecipano alla realizzazione del disco, oltre all’onnipresente Manuel Agnelli, Morgan dei Bluvertigo, Davide Rossi, Marco Parente e Robert Wyatt..


Come detto, al fianco di Cristina Donà, sarà di scena anche Marco Parente, uno dei più interessanti artisti del nuovo panorama musicale italiano. Occasione buona per gustarsi, dal vivo, la sua ultima fatica discografica Testa di Cuore, un album che conferma lo stile raffinato di Parente. Marco Parente nasce a Napoli nel 1969 e vive a Firenze fin dall'inizio degli anni '90.
Come musicista, dopo alcune militanze in gruppi locali, partecipa alla realizzazione in studio di "KO de Mondo" e "Linea Gotica" dei CSI.
Ma una collaborazione più attiva e completa è quella con Andrea Chimenti per "L'albero pazzo": Marco partecipa agli arrangiamenti ed alla realizzazione in studio di tutto il lavoro, e segue Chimenti per tutta la tournée.

Alla fine del 1996, terminato il tour con Andrea Chimenti, decide di abbandonare la batteria (suo strumento di formazione) e di dar vita ad un progetto solista che lo vede impegnato come autore, arrangiatore, produttore, cantante e chitarrista. Assembla quindi un gruppo di amici/collaboratori/musicisti con cui arrangia e realizza le canzoni e poi registra il suo primo disco. La formazione, piuttosto anomala, è così composta: due viole, una tromba, chitarra, basso, batteria. Il debutto discografico arriva nel 1997 con Eppur Non Basta, un album registrasto insieme agli amici Erika Giansanti (violoncello), Paolo Clementi (viola), Luca Marianini (tromba), Jeppe Catalano (batteria) e Giovanni Dell’Orto (basso) sotto la supervisione di Gianni Maroccolo: una manciata di canzoni sospese tra emozione e introspezione, grazia malinconica e piglio vivace, tradizione cantautorale e rock.


Venerdì 21 luglio, sul palco estivo delle Nozze di Figaro, sono di scena nientemeno che i Subsonica, la formazione torinese che con l’ultimo album Microchip emozionale ha conquistato pubblico e critica, guadagnandosi un posto al sole nell’Fm nazionale, e non solo. I Subsonica nascono nell’estate del 1996 a Torino dall’incontro di Samuel (voce, già negli Amici di Roland), C-Max (chitarra, già negli Africa Unite), Boosta (tastiere e deejaying), Ninja (batteria) e Pierfunk (basso).

Nella primavera del ’97 esce per la Mescal il loro primo album, intitolato semplicemente SUBSONICA, una delle rivelazioni discografiche dell’anno grazie a singoli come “Preso blu”, “Istantanee” e “Radioestensioni”. Il gruppo appare molto in televisione grazie alla partnership con Antonella Ruggiero per il remake del brano “Per un’ora d’amore”, singolo contenuto sul disco della ex-vocalist dei Matia Bazar “Registrazioni moderne”.
Nel 1998 i Subsonica suonano più di 150 concerti in dieci mesi, prima di fermarsi per lavorare al secondo album: nel frattempo, il singolo "Preso blu" ha messo in mostra anche altre velleità del gruppo, allegando due brani strumentali originariamente concepiti come supporto ad un intervento di riattualizzazione di aree urbane in disuso.

Il gruppo, inoltre, sbarca in Inghilterra con i remix dei loro brani, remixati con interesse anche dagli inglesi DJ Resident Filter e Terminalhead. Alla fine del ’98 la Mescal ripubblica in confezione ‘prezzo speciale’ l’album di debutto del gruppo allegando un cd di cinque brani registrati dal vivo. Nel 1999 esce il secondo album. Un disco che lascia di stucco. Anzitutto per la modernità delle idee, per la maturità della loro realizzazione e per la scarsità di proclami – cosa rara in chi fa musica ultimamente.

Il gruppo di Casacci non promette rivoluzioni, sbandiera convinzione nel proprio credo e per il resto pensa a fare il suo lavoro, realizzando un album in cui ritmiche drum’n’bass si fondono con chitarre funky e progressioni armoniche degne dell’agente 007, creando una space music cinematografica dalle migliori intenzioni dance, ma piena di riferimenti e richiami concreti nei testi. Casacci ha scritto parole molto dure, come quelle contenute in “Depre”, “Sonde”, “Colpo di pistola” – primo singolo accompagnato da uno splendido video – alternandole a storie emozionali (“Il cielo su Torino”) e ipotesi surreali e liberatorie (“Aurora sogna”).

Il linguaggio e i temi scelti hanno molto a che fare, almeno a livello di ispirazione, con la realtà quotidiana di una città come Torino, parlano il lessico, i gesti e le pause del proprio pubblico, invitano al ballo e esorcizzano i momenti di ‘depre’, raccontano una realtà che è ormai propria di una generazione e compresa da questa. “Liberi tutti”, un vero e proprio inno di liberazione da dancefloor, sembra il simbolo di questo disco che chiede e desidera spezzare ogni tipo di catena: il tutto su groove irresistibili come quello di “Strade”, “Depre” e la stessa “Libera tutti”.

Da segnalare la partecipazione all’album di Morgan dei Bluvertigo (“Disco labirinto”), Daniele Silvestri (“Liberi tutti”) e il DJ Claudio Coccoluto (“Il mio D.J.), che provvede anche ad una tostissima ghost-track. “Microchip emozionale” è un disco importantissimo nel cammino verso il ‘nuovo’ che la musica italiana, pur ostacolata dalle barriere naturali che la separano dal pubblico (radiofonia, discografia, miopia), ha affrontato con passo sempre più irreversibile. E con una musica che non cerca di imporsi e di sopraffare, ma al contrario, richiama a sé e richiede attenzione, emozione, ascolto.

Il futuro è sempre più roseo. “Buncia”, “Sonde”, “Colpo di pistola”, “Aurora sogna”, “Lasciati”. “Liberi tutti”, “Strade”, “Disco labirinto”, “Il mio D.J.”, “Il cielo su Torino”, “Depre”, “Perfezione”.

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