Von der Leyen sigla un accordo commerciale con Trump per un dazio forfettario del 15% in occasione dell’incontro tra il presidente USA e la presidente della Commissione europea in Scozia. Dopo mesi di trattative e tensioni crescenti, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno finalmente raggiunto un accordo commerciale che evita – almeno per ora – una guerra dei dazi, ma che conferma la tariffa base sulla maggioranza di beni importati dall’Europa.
“I dazi al 15% infliggeranno un duro colpo al Brunello di Montalcino, principale simbolo del Made in Italy enologico negli Stati Uniti, e metteranno a dura prova la resistenza delle aziende. In attesa di conoscere la lista dei prodotti dazi ‘zero per zero’, è evidente che l’applicazione del dazio causerà un rallentamento delle esportazioni verso la nostra prima destinazione di sbocco” commenta Giacomo Bartolommei, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino.
“Il mercato americano vale il 30% delle nostre esportazioni, pari a oltre 3 milioni di bottiglie; in questo scenario sarà difficile se non impossibile riallocare l’invenduto nel breve periodo su altre piazze - prosegue Bartolommei -. Per questo è necessario procedere celermente sulla via di nuovi negoziati commerciali, a partire dal Mercosur, per aprire nuove rotte. Il Consorzio del vino Brunello di Montalcino - conclude il presidente - continuerà a presidiare il mercato statunitense. Infatti, abbiamo già confermato tutti gli appuntamenti del 2026 come il Benvenuto Brunello a New York e la partecipazione al Food e Wine ad Aspen, uno dei festival più importanti del settore negli Usa. Al contempo stiamo predisponendo un piano rafforzato di promozione in Asia”.
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Con i dazi al 15% i brand luxury del vino resisteranno, mentre ne pagheranno le conseguenze i marchi più a largo consumo.
“I dazi imposti dagli Stati Uniti rappresentano un evento negativo per il nostro settore e si ripercuoteranno in maniera importante sui consumi e quindi sulle economie delle nostre aziende che operano su uno dei settori strategici della Toscana, ma anche del Paese”. È quanto afferma Andrea Rossi, presidente di A.VI.TO. l’Associazione Vini Toscani DOP e IGP, in rappresentanza dunque di 24 Consorzi di Tutela del vino toscano, e del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.
In particolare, l’associazione toscana del vino ribadisce l’importanza di un intervento strutturale da parte del Governo e delle Istituzioni affinché mettano a disposizione risorse straordinarie per fare fronte a questo nuovo e importante cambiamento. “Chiediamo inoltre una maggiore flessibilità sugli strumenti di promozione, a partire dall’OCM; quindi, pensare insieme al mondo produttivo a nuove strategie e investimenti in nuovi mercati cercando una integrazione rispetto a quello statunitense”, ancora Rossi che ricorda come questa nuova variabile faccia seguito ad altre intervenute negli scorsi anni.
“Veniamo da cinque anni molto condizionati da eventi di vario genere: prima la Pandemia, poi il picco dei costi energetici, l’aumento incondizionato dei tassi di interesse, la peronospora, tutti eventi non controllabili e non prevedibili da parte dei produttori che hanno cercato comunque di reagire, ma a questo punto è doveroso chiedere alle Istituzioni di sostenere con interventi straordinari un settore così importante, quale quello del vino”, conclude Rossi che nei giorni scorsi aveva firmato una lettera indirizzata ai ministeri italiani di competenza, ai negoziatori europei, alla Regione Toscana e ai presidenti di Federdoc e Unione Italiana Vini, per chiedere attenzione e sostegno per le imprese vitivinicole toscane sulla questione dei dazi nuovamente annunciati dal Governo Trump. Il mercato Usa per il vino toscano rappresenta il 37% dell’export con un valore medio annuo di oltre 400 milioni di euro.
Nella lettera di A.VI.TO. venivano indicate anche possibili misure per alleviare il carico dei dazi alle imprese, al fine di favorire lo sviluppo di mercati alternative agli Stati Uniti, come ad esempio accelerare la ratifica di accordo di libero scambio attraverso il Mercosur e di eventuali altri accordi internazionali, oltre anche alla necessità di semplificare l’utilizzo di fondi OCM ormai appesantiti dal forte peso burocratico richiesto.
“Il fatto che le tariffe sono scese al 15% è sicuramente un passo avanti, ma resta comunque una misura pesante per il nostro export, che già soffre per costi di produzione molto più alti rispetto ai concorrenti extraeuropei come Argentina e Cile. Per il vino e per l’olio toscano - ha ricordato il presidente dell’Unione provinciale degli Agricoltori di Firenze Francesco Colpizzi durante l’assemblea dell’associazione “Agricoltura fiorentina tra vitalità, resistenza e coraggio”, che si è svolta stamani all’Auditorium della Camera di Commercio di Firenze- il mercato americano rappresenta oltre un terzo delle vendite: se nei prossimi giorni il dazio del 15% sarà confermato anche per i vini, il rischio per il comparto toscano è una perdita di competitività e in una contrazione delle esportazioni”.
“L’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni fino a 300 milioni di euro gravando sul prezzo finale dei consumatori americani e sul Made in Tuscany agroalimentare. Tuttavia, il nuovo assetto tariffario, avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato”.
È quanto afferma Coldiretti Toscana commentando l'accordo trovato. L’impatto dei dazi sul settore potrebbe ridurre dello 0,2% il valore aggiunto del comparto primario secondo l’analisi di Irpet. I settori più penalizzati, dall’introduzione dei dazi, sarebbero vino e olio che insieme valgono il 93% del totale delle esportazioni oltreoceano con un valore poco inferiore al miliardo di euro.
Come già ribadito, Coldiretti Toscana sottolinea che non possono essere ammessi in Italia prodotti agroalimentari che non rispettano gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee. È fondamentale che l’Unione Europea continui a difendere con fermezza il sistema delle Indicazioni Geografiche, che rappresentano una garanzia di qualità e origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo.
“Abbiamo sempre sostenuto la necessità di arrivare ad un accordo anche per superare l'incertezza portando ad una riduzione nel primo trimestre del 5,6% delle esportazioni, un dato in controtendenza rispetto alla media decennale. – spiega ancora Coldiretti Toscana – Gli Stati Uniti restano un mercato fondamentale, il primo sbocco extra UE per i nostri prodotti, dove dobbiamo proteggere i consumatori dalle imitazioni del falso made in Italy. In un mercato già invaso da prodotti tarocchi dobbiamo portare avanti un’azione strutturale per promuovere il Made in Italy autentico e contrastare l’italian sounding, che negli Stati Uniti provoca ogni anno perdite stimate in 2 miliardi di euro per il nostro solo agroalimentare”.
"L’accordo tra Stati Uniti ed Europa sui dazi non è un accordo: è la resa incondizionata dell’Europa al sovranismo di Trump -dichiara il sen. Matteo Renzi La verità è che i sovranisti fanno male al mondo. E se oggi il governo americano festeggia, accordi coloniali di questo genere porteranno sul medio periodo gli Stati Uniti a perdere la propria forza morale ed economica. Con il piano Marshall l’America ha guidato il mondo per decenni, con le tariffe l’America fa del male innanzitutto ai propri alleati europei.
Il sovranismo fa male all’Italia, fa male all’economia, fa male alla libertà. E sul medio periodo persino agli americani. Per uno come me, cresciuto con il mito degli Stati Uniti democratici di Kennedy e Clinton, è arrivato il momento di rimpiangere persino la destra di Ronald Reagan, i cui discorsi contro i dazi, non a caso, sono tornati di moda in queste settimane. La destra liberale e liberista non avrebbe mai potuto partorire un obbrobrio economico e giuridico come quello di queste ore. E la destra europea di Kohl, Chirac, Berlusconi, Aznar e ovviamente della Thatcher non avrebbe mai accettato un accordo del genere".