Teatro della Pergola: 'Il Tartufo' con Eros Pagni e Tullio Solenghi

Da martedì 7 a venerdì 17 aprile

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 aprile 2015 19:13
Teatro della Pergola: 'Il Tartufo' con Eros Pagni e Tullio Solenghi

Da martedì alla Pergola l’insostituibile testo tragicomico del repertorio teatrale di tutti i tempi, Il Tartufo di Molière. Un classico eterno interpretato dai ‘ragazzi irresistibili’ Eros Pagni e Tullio Solenghi, nella versione italiana appositamente commissionata a Valerio Magrelli, regia di Marco Sciaccaluga. Un ‘giallo’ della coscienza, punteggiato da ‘delitti’ contro la logica e la dignità, che, nel divenire di scene caratterizzate da grande comicità, costruisce con implacabile determinazione un sorprendente lieto fine.

Giovedì 9 aprile, ore 18, Tullio Solenghi e la Compagnia incontrano il pubblico. Coordina Matteo Brighenti.

Storia del falso devoto raccattato sui gradini di una chiesa da un ricco borghese e da questo portato a insediarsi da padrone nella sua famiglia, Il Tartufo è una commedia travolgente che, come ricordava già Voltaire, fu giudicata a suo tempo opera scandalosa per essere poi ben presto interpretata come una lezione di morale. Dopo il successo della passata stagione con I ragazzi irresistibili di Neil Simon la coppia comica Eros Pagni, nel ruolo di Orgon, e Tullio Solenghi, in quello di Tartufo, affronta il capolavoro di Molière, nella nuova versione italiana di Valerio Magrelli, che rispetta l’omogeneità del metro originale del testo in alessandrini (versi francesi di dodici sillabe) a rime baciate.

Per il regista Marco Sciaccaluga non si tratta di distinguere il bene dal male, il vero dal falso, ma solo di sapere come andranno le cose, dopo che Orgon ha scelto di guarire dai suoi sensi di colpa, portandosi a casa un pericoloso avventuriero. Eros Pagni presenta con eleganza stilistica ed espressiva un Orgon umano, finemente ingenuo, fino alla scoperta della verità, che sente con drammatica disperazione attraverso intensi e delicati momenti di tristezza quasi indifesa.

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“Orgon vive un rapporto famigliare abbastanza gretto, povero di valori, altrimenti questa sorta di innamoramento per Tartufo non sarebbe mai potuto nascere”, ragiona Eros Pagni, “se Orgon si mette alle dipendenze di Tartufo, significa che lui non è in possesso di quell’amore e di quell’affetto che dovrebbero contraddistinguere uno sposo e un padre di famiglia. L’ambiente in cui vive è privo di valori e di sostanza, dunque il terreno appare fertile a un individuo come Tartufo. Comunque Orgon è un personaggio tutto da scoprire e all’epoca veniva interpretato dallo stesso Molière.”

Tartufo è un avventuriero, che si serve della religione nello stesso modo in cui oggi si può fare della politica o della finanza. È un uomo primordiale, cui interessano solo il denaro, il mangiare e il sesso. Un miserabile che ha la fortuna di incontrare un povero pazzo, travolto dai sensi di colpa e dai complessi di inferiorità davanti a una società che sta cambiando.

“Tartufo è forse l’ipocrita più famoso nella storia del teatro”, interviene Solenghi, “si insinua all’interno della quiete quotidiana di una famiglia dell’alta borghesia, plagiando il padrone di casa che crede, tramite l’intercessione di Tartufo, di assicurarsi il Paradiso e la beatitudine quando non sarà più su questa Terra. Il mio personaggio ne approfitta per sottrargli la casa, sedurgli la moglie e addirittura sposarne la figlia.”

La scena di apertura imprime alla messinscena un sigillo cupo, irreale, quasi di plasticità espressionistica. Gli attori, immortalati in pose mostruose e quasi spettrali mentre consumano una strana situazione conviviale, sono illuminati da una serie di lampi. Di seguito la scena modellata da Catherine Rankl si svela nella sua bellezza figurativa: il salone di una ricca dimora borghese con affreschi e arazzi di mitologie di gusti classicheggiante che ricordano il Giudizio Universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina.

Poi si anima il raffinato e crudele gioco comico di Molière. Il motore narrativo fa leva sulle conseguenze nefaste cui ‘l’innamoramento’ di Orgon per Tartufo sta conducendo la sua famiglia e le vie attraverso le quali la falsità del nuovo venuto può essere scoperta. Alle valutazioni fortemente negative della moglie Elmire, del figlio, la figlia, il cognato e la dama di compagnia, si contrappone la stima di Orgon e della madre. Il mascalzone sarà smascherato attraverso una serie di avvincenti e gustosi passaggi, che culminano nel tentativo di Tartufo di sedurre la bella Elmire.

Tullio Solenghi indossa con maestria la maschera del falso, con quell’arroganza e protervia che lo fanno assomigliare a un uomo del nostro tempo. Sorprendono, inoltre, i suoi momenti scuri e malinconici nella parte finale dello spettacolo.

“Personalmente è una bella sfida perché non sono abituato a interpretare personaggi come Tartufo”, commenta Solenghi, “si tratta di un ruolo all’inizio piuttosto grottesco e comico, ma nel finale si smaschera l’individuo per quello che veramente è: emerge l’anima nera di Tartufo, tutta la sua nefandezza, e il colpo di scena diventa ancora più forte. Il pubblico riceve come un pugno allo stomaco, soprattutto perché non è abituato a vedere un attore come me agire in toni così demoniaci.”

La verità sta con evidenza tutta da una parte, ma l’arte di Molière ci costringe a ridere del fatto che non basta vedere per non essere ciechi, costruendo il ridicolo proprio sullo scarto tra il pensiero e l’azione. Non c’è dialettica interna in questa commedia: c’è solo ciò che vi accade, la determinazione con cui il drammaturgo francese porta una situazione sino alle estreme conseguenze.

“La comicità scaturisce sempre dalla tragedia”, conclude Pagni, “l’autore ci dice che Tartufo è una commedia, più precisamente una tragicommedia. Ricordiamoci che nella prima stesura dell’opera a vincere era Tartufo, l’incarnazione della malvagità, mentre Orgon soccombeva andando in galera. A causa dell’intervento del Re, Molière fu costretto a cambiare il finale e la storia è diventata quella che conosciamo, con la sconfitta di Tartufo.”

Il Tartufo si sviluppa così in modo dinamico, muove gli attori con equilibrato realismo, accorda a gesti e movimenti un ritmo calibrato e contenuto nelle forme della comicità ragionata, capace di alimentare pensieri e riflessioni.

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