Da sabato 6 dicembre, apre il Museo Paleontologico d Montevarchi dopo oltre sei anni di chiusura impiegati per dotare la celebre istituzione di un allestimento al passo con i tempi. Il restauro si deve a un forte impegno economico della Regione Toscana e del Comune di Montevarchi, proprietario di gran parte della struttura in cui il nuovo Museo può esplodere le sue ricchezze, ovvero lex convento trecentesco di San Lodovico. Custodisce una delle più interessanti raccolte europee di fossili, tutti estratti da quellimmensa miniera che è il territorio del Valdarno.
Qui tra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore, ovvero tra 5,332 e 2,588 milioni di anni fa, una giungla equatoriale si trasformò gradualmente in una tundra sotto la quale, per un singolare, fortunata combinazione chimico fisica, i resti degli antichi animali si fossilizzarono perfettamente. Le scoperte datano già in epoca medicea ma il sottosuolo continua ad offrire sempre nuove sorprese. Il Museo Paleontologico di Montevarchi, che appartiene allAccademia Valdarnese del Poggio, trova origine intorno al 1809 a partire da una raccolta donata dal Monaco di Vallombrosa Luigi Molinari.
Poco dopo Georges Cuvier, fondatore della paleontologia moderna, studiò questi primi reperti che erano allora conservati nei locali del convento dei Minori Francescani di Figline Valdarno. Nel 1818 la raccolta, assieme alla sede dellAccademia e al fondo librario nel frattempo costituitosi, fu trasferita nei locali attuali di Montevarchi e fu aperta al pubblico ufficialmente nel 1829. Nel periodo fra il 1873 e il 1880 il prof. Paolo Marchi di Firenze ed il prof. Forsyth Major di Glasgow classificarono i 732 reperti fino allora raccolti e iniziarono a compilare il relativo catalogo.
Fu poi il prof. Giovanni Capellini, geologo e paleontologo a cui è dedicato il Museo Geologico e Paleontologico dellUniversità di Bologna, a continuare tale compilazione mentre il museo si arricchiva di nuovi pezzi. La raccolta ha poi continuato ad ampliarsi con nuove scoperte per lo più in ambito locale, a cui hanno sostanzialmente contribuito le fortunose segnalazioni da parte di contadini e abitanti del territorio. Il Museo accoglie circa 2600 reperti. Fra essi si distinguono fossili vegetali, come le noci di Juglans tephrodes e le foglie diPlatanus aceroidese una ricca collezione di fossili animali, provenienti quasi esclusivamente dal Valdarno Superiore e di età compresa fra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore.
Tra gli esemplari più interessanti del museo ricordiamo un gigantesco scheletro di elefante quasi completo con enormi difese della lunghezza di 320 cm., Mammuthus meridionalis popolarmente noto come Gastone lelefantone, il cranio della Tigre dai denti a sciabola, Homotherium crenatidens, chiamata così a causa delle dimensioni dei canini superiori, i crani di Hystrix etrusca, ed il cranio del Canis etruscu , il Tipo, cioè il primo che ha dato origine ad una nuova specie.
Una delle ultime acquisizioni consiste in resti fossili di Palaeoloxodon antiquus rinvenuto in località Campitello, presso Bucine (Ar) nel 2001, la cui importanza risiede nel fatto che accanto ad essi sono stati trovati tre strumenti litici con ancora i resti delle legature originali. La giovane elefantessa, subito popolare, è conosciuta come La Giulia. L'allestimento originale collocato, con una sistemazione ottocentesca, in quaranta vetrine disposte in tre gallerie dal notevole valore storico, è stato sostituito da un allestimento moderno capace di disegnare un percorso didattico in grado di stimolare linteresse e arricchire la conoscenza del visitatore.
Dopo un primo corridoio in cui si ripropone il precedente allestimento, si passa al nuovo, in cui i reperti esposti nelle singole vetrine sono accompagnati da singole didascalie e da testi esplicativi sugli aspetti ritenuti più significativi circa le trasformazioni delle faune, delle flore e delle condizioni climatico - ambientali che hanno accompagnato la storia del Valdarno a partire dagli ultimi tre milioni di anni. Numerosi sono i disegni, gli schemi e soprattutto le ricostruzioni paleo ambientali che si articolano lungo il percorso.
Il visitatore potrà approfondire dinamicamente la storia del Valdarno superiore soffermando la sua attenzione su una serie di video, opportunamente dislocati lungo il tracciato, nei quali vengono ricostruite le cause e gli effetti delle oscillazioni glaciali-interglaciali, i caratteri della foresta equatoriale caldo-umida e diffusa nel Valdarno 3.1 milioni di anni fa e infine altri video nei quali sono approfonditi i caratteri delle singole specie rinvenute nella argille e nelle ligniti della fase a foresta.
Prospettive scenografiche in cui le figure si compongono e si scompongono a seconda del punto di osservazione, ricostruzioni di uomini primitivi e multimedialità faranno da cornice capace di suggestionare il visitatore e di incantare soprattutto i piccoli. Il percorso del Museo Paleontologico è completato da una nuova sezione archeologica dedicata allo studioso locale Alvaro Tracchi, in cui sono esposti reperti etruschi provenienti dal territorio del Valdarno, ma anche dalla zona del viterbese; gli apparati didattici e la multimedialità permetteranno di proporre una didattica archeologica innovativa e capace di approfondire tematiche di vita quotidiana antica. Infine la nascita di un laboratorio di restauro interno, che permetterà di monitorare lo stato di conservazione del materiale e di intervenire tempestivamente, ma anche di svolgere attività didattiche per bambini per lo sviluppo della manualità o corsi di formazione per adulti. Quali le potenzialità del rinnovato Museo Paleontologico e della sua Accademia? Fortissime in ambito didattico, vista la possibilità e lambizione di proporre numerose attività anche in orario extrascolastico per bambini e famiglie; a questo si aggiunge la certezza dellappeal turistico che la storia naturalistica di un territorio può avere soprattutto allestero.
Nove sale - una in più rispetto al passato - dotate di postazioni multimediali, nuovi pannelli didascalici e vetrine espositive con centinaia di reperti - alcuni esposti per la prima volta - che testimoniano la presenza dell’Uomo sul Monte Cetona dal Paleolitico medio (oltre 50 mila anni fa) all’Età del Bronzo (secondo millennio a.C.). Si presenta così il nuovo Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona, ospitato al piano terra del Palazzo comunale di Cetona e riaperto al pubblico nel pomeriggio di oggi, sabato 15 novembre, dopo l’intervento di ammodernamento avviato nel settembre 2013 per renderlo più accessibile,moderno e interattivo.
Per tutto il mese di novembre l’ingresso al nuovo Museo Civico sarà gratuito e fino a domenica 23 novembre la struttura sarà aperta, con orario straordinario, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18. Il nuovo allestimento e la valorizzazione del patrimonio archeologico legato alla storia del Monte Cetona sono stati presentati dal sindaco del borgo chianino, Eva Barbanera e dal direttore del Museo, Maria Teresa Cuda.
Presenti, fra gli altri, i rappresentanti degli altri soggetti che hanno supportato il progetto: la Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Umbria, la Regione Toscana, l'Università degli Studi di Siena con il Dipartimento di archeologia e storia delle arti, la Fondazione Musei Senesi, GaL Leader Siena, l'Unione dei Comuni Valdichiana Senese e la Provincia di Siena.
L’allestimento. Le nove sale del nuovo Museo ospitano quattro sezioni cronologiche per approfondire la vita preistorica sul Monte Cetona dal Paleolitico all’Età del Bronzo passando per il Neolitico e l’Età del Rame. Ogni sezione conta sul supporto di postazioni multimediali e pannelli esplicativi. Fin dalla sua nascita, nel 1990, il Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona ha voluto contestualizzare i reperti nel territorio da cui provengono, dando un’impostazione didattica all’esposizione e alla conoscenza dei reperti rinvenuti nel corso degli anni nelle numerose cavità di Belverde e nella Grotta Lattaia. A questi si uniscono quelli recuperati nella Grotta Beato Benincasa, a Monticchiello, e nella Grotta dell’Orso, a Sarteano.
I reperti. Tra i materiali che documentano l’ambiente naturale antico e la Preistoria del nostro territorio ci sono, in particolare, i resti di un mastodonte di età pliocenica, lo scheletro di un orso speleo, utensili in selce utilizzati dall’Uomo di Neanderthal, vasellame, oggetti in metallo, osso e pietra risalenti al Neolitico e all’età dei metalli. Grazie a una struttura rinnovata e moderna, il Museo completa la riscoperta della Preistoria locale insieme al Parco archeologico-naturalistico e all’Archeodromo di Belverde, che propongono un’esperienza di archeologia sperimentale per vedere da vicino e toccare con mano come viveva l’Uomo nella Preistoria sul Monte Cetona.
I promotori del nuovo Museo. Il nuovo allestimento e la valorizzazione del Museo sono stati promossi dal Comune di Cetona grazie a un finanziamento ricevuto nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale PSR 2007-2013 della Regione Toscana che ha coperto circa l’80 per cento dei lavori. Il Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona fa parte della Fondazione Musei Senesi e rappresenta una delle strutture culturali più importanti della Valdichiana senese, che conserva un ricco patrimonio museale e archeologico.
Il Museo Civico sui canali social. Per conoscere da vicino il nuovo Museo Civico per la Preistoria del Monte Cetona e scoprire il patrimonio storico e archeologico locale, è possibile seguire la pagina Facebook Museo Civico Cetona, il profilo Twitter MuseoPreistCetona e il profilo Instagram, MuseoPreistoriaCetona, seguendo l’hashtag #PreistoriaCetona.