In difficoltà il Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio

Allarme sul futuro dell'Oasi del WWF. Intanto il Sasso Fratino, la prima riserva naturale integrale italiana, è candidata "Sito patrimonio dell'umanità"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 gennaio 2016 19:13
In difficoltà il Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio

Il Padule di Fucecchio è un'area di inestimabile valore naturalistico e ambientale, ad oggi tutelata solo in una sua porzione minoritaria. E purtroppo anche la tutela di questa porzione è a rischio, perché la struttura che ne ha curato ad oggi la gestione, il Centro di Documentazione, Ricerca e Promozione del Padule,versa in severe difficoltà a seguito del venir meno del sostegno di parte delle Istituzioni. Il Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio svolge, da oltre venti anni, un'importantissima attività attraverso conferenze, didattica per le scuole e concorsi.

Il tutto è realizzato egregiamente da poche persone (2 soli dipendenti del Centro e alcuni volontari). Ma recentemente è venuto a mancare l'indispensabile contributo della Provincia di Pistoia, oltre al ritiro della propria presenza di alcuni Comuni della Val di Nievole, complicando non poco la situazione economico-finanziaria del Centro: come si può immaginare un eventuale mancato intervento decisivo, primo fra tutti e di vitale importanza dovrebbe essere quellodella Regione, porterebbe al termine delle attività lavorative dei tecnici e, di conseguenza, a un desolante scenario con la chiusura del Centro di Ricerca.

Di fronte a questo, il Comitato Oasi WWF dell'Area Fiorentina e il Comitato WWF Pistoia e Prato chiedono alle Istituzioni un concreto e urgente impegno per salvaguardare una importante esperienza di gestione di un'area protetta di particolare valore e complessità come il Padule, e per far sì che non si diminuisca ma anzi si aumenti in futuro la salvaguardia del Padule. Il WWF chiede a tutte le Istituzioni, dal livello locale al livello regionale, un concreto e urgente impegno per assicurare al Padule una adeguata tutela e nello stesso tempo una corretta ed efficace gestione, che è elemento di primaria importanza e 'conditio sine qua non' per la tutela stessa, un impegno che deve essere unitario e compartecipato da parte di tutti gli Enti territorialmente interessati e competenti, ai vari livelli, sul Padule.

Anche Italia Nostra chiede alla Regione Toscana un intervento urgente che scongiuri il rischio di chiusura del Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio, in provincia di Pistoia, che con la sua attività ha svolto una costante opera di sensibilizzazione e valorizzazione delle ricchezze naturalistiche, della flora, della fauna, e della sua storia a livello nazionale e internazionale. Italia Nostra, altre associazioni ambientaliste oltre che alcune associazioni venatorie, hanno sempre sostenuto il Centro e le attività svolte attraverso una serie di collaborazioni, cosa che, la sezione Medio Valdarno Inferiore di Italia Nostra continuerà a fare.

l Padule di Fucecchio ha un'estensione di circa 1800 ettari, divisi fra Provincia di Pistoia e Provincia di Firenze; se pur ampiamente ridotto rispetto all'antico lago-padule che un tempo occupava gran parte della Valdinievole meridionale, rappresenta tuttora la più grande palude interna italiana e che il Centro di Ricerca è stato fino a oggi l'Ente preposto a prendersi cura di tale area, con risultati d'indiscussa eccellenza, con l'operato di persone capaci ed esperte del settore. Com'è purtroppo emerso, il 2016 non è iniziato nel migliore dei modi per il Padule di Fucecchio: una grossa crisi, dovuta a vari fattori e ad alcune pesanti rinunce degli Enti di supporto ne stanno profilando un oscuro, triste destino.

L’Unesco, agenzia delle Nazioni Unite costituita nel 1945, identifica e mantiene una lista di siti patrimonio dell’umanità (World Heritage List), aree di eccezionale rilevanza dal punto di vista culturale o naturale. l'Italia, all’inizio del 2015, ha presentato una "tentative list" per candidare, insieme ad altri undici stati europei, le migliori faggete vetuste come patrimonio Unesco, in estensione del già riconosciuto "Sito seriale transnazionale" Primeval Beech Forests of the Carpathians and the Ancient Beech Forests of Germany.

La proposta italiana comprenderà otto siti candidati ad essere riconosciuti come "patrimonio mondiale naturale". Tra questi spicca la riserva naturale integrale di Sasso Fratino. Il termine old-growth forest, "foresta vetusta", si collega alle battaglie negli anni '70 del mondo ambientalista statunitense per impedire l'abbattimento di alcune maestose foreste e la conseguente distruzione di habitat di specie importanti. In Italia questa espressione è stata introdotta circa vent'anni dopo e denota un ambiente dove gli alberi nascono, crescono e invecchiano seguendo le leggi della natura e sono presenti grandi masse di materiale organico dovuto agli alberi morti.

"Sasso Fratino, la prima riserva integrale italiana, costituita nel 1959, è uno di questi luoghi dal valore inestimabile. Dopo un biennio di ricerche dendroecologiche che hanno visto la collaborazione del Parco nazionale, del Corpo forestale dello Stato e del dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia, oggi sappiamo che in questo ambiente naturale i faggi possono superare i cinque secoli di età. Rappresentano quindi una sorta di 'capsula del tempo' della gioventù del Rinascimento, quella che annoverava tra le sue fila Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti.

La candidatura è un'ulteriore opportunità di promozione a livello internazionale - per la loro conservazione e valorizzazione - delle nostre foreste", spiega Luca Santini, presidente dell'ente di gestione dell'area protetta. Il rinvenimento di faggi così vecchi, al limite della longevità per le latifoglie decidue (con la foglia che cade d'inverno), fa prepotentemente entrare Sasso Fratino nella classifica delle dieci foreste più antiche dell’emisfero nord. Per gli studiosi Sasso Fratino ha costituito un laboratorio naturale dove apprendere il funzionamento degli ecosistemi e sviluppare strategie per la conservazione della biodiversità.

Il rinvenimento di alberi così vetusti qualifica quest’area anche per ricerche sulla biologia e l’ecologia dell’invecchiamento nel mondo vegetale. Si tratta di studi complessi non solo per l’arco temporale da indagare ma anche per le condizioni ambientali difficili in cui vivono questi esemplari. La ricerca in ambienti così estremi è una vera e propria sfida. La storia del rinvenimento di tali "patriarchi" è un esempio di collaborazione tra diverse professionalità, tutte estremamente motivate nella conservazione della natura.

Oltre che per gli aspetti forestali queste aree sono rilevanti per alcune specie animali particolarmente rappresentative come il picchio nero (Dryocopus martius), il più grande d'Europa, simbolo delle Foreste casentinesi. Gli alberi selezionati per la sua nidificazione, non a caso, superano i 150 anni di età.

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