Giornata della Memoria, il Goi ricorda Nedo Fiano

Il Gran Maestro Bisi: "Instancabile testimone, con il suo straordinario impegno ci ha arricchito trasmettendoci la memoria di un’agghiacciante tragedia e esortandoci a non abbassare mai la guardia per la libertà e la dignità umana"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 gennaio 2021 09:59
Giornata della Memoria, il Goi ricorda Nedo Fiano

A poco più di un mese dalla scomparsa di Nedo Fiano, in occasione della Giornata della Memoria il Grande Oriente d'Italia lo ricorda nel sito ufficiale con le parole del Gran Maestro Stefano Bisi. Riportiamo questa importante testimonianza storica.

"Il 27 gennaio il Goi celebra la Giornata della Memoria e rende omaggio alle vittime della Shoah, ricordando il fratello e Gran Maestro Onorario Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz e passato all’Oriente Eterno il 19 dicembre scorso all’età di 95 anni “Nedo fu un instancabile testimone e con il suo straordinario impegno - ha detto il Gran Maestro Stefano Bisi – ci ha arricchito trasmettendoci la memoria di un’agghiacciante tragedia e esortandoci a non abbassare mai la guardia per la libertà e la dignità umana. Continueremo a ricordarlo nei nostri cuori portando avanti la sua missione”.

Lo sterminio pianificato in ogni dettaglio del popolo ebraico, di alcune minoranze, dei dissidenti politici, dei massoni, degli omosessuali e dei disabili e venne messo in atto tra il 1933 al 1945 dalla impietosa macchina politica e burocratica del regime nazista e dai suoi alleati per realizzare l’atroce e folle utopia di una società pura e arianizzata. La data della Giornata della Memoria è stata scelta dalle Nazioni Unite perché coincide con l’arrivo nel 1945 nel campo di concentramento di Auschwitz delle truppe sovietiche e con la scoperta da parte del mondo intero dell’immenso ed inimmaginabile orrore dei lager. Qui, ma anche nei ghetti, e nei centri di detenzione, si ipotizza che abbiano trovato la morte un numero di gran lunga superiore ai 6 milioni di vittime fino ad oggi accertate.

Il Terzo Reich perseguitò con impegno e accanimento, non meno brutali, gli ebrei, ma anche gli zingari e altri gruppi untermensch (cioè subumani) non ariani, soprattutto slavi (russi, serbi, ucraini, polacchi, sloveni), che vennero soggetti a programmi di “riduzione numerica”, una vera e propria “pulizia etnica”, e sottoposti a forme di sfruttamento coercitivo di lavoro. Ai cultori dell’eugenetica nazista, inoltre, come è tristemente noto, non sfuggirono neppure i portatori di handicap la cui esistenza era considerata una minaccia all’integrità della razza ariana, e gli omosessuali. Non solo. Il nuovo ordine mondiale da loro agognato imponeva anche la repressione e la eradicazione di ogni forma di dissenso. Cosa che costò la prigionia e la vita ad attivisti comunisti, socialisti, ai testimoni di Geova, e ai massoni.

Hitler perseguitò questi ultimi, ritenendoli complici degli ebrei nel grande complotto per la conquista del mondo. Così li mise al bando e poi li fece deportare. In modo analogo si era comportato prima di lui Benito Mussolini, che già nel 1925 -il fuhrer non era ancora salito al potere- aveva costretto la Massoneria allo scioglimento per legge, lasciando che le sue camicie nere prendessero d’assalto le logge, mettendole a ferro e a fuoco, requisendo al Grande Oriente d’Italia la sede di Palazzo Giustiniani e arrestando e mandando al confino il Gran Maestro Domizio Torrigiani e altri fratelli.

I liberi muratori morti nei lager nazisti, secondo un rapporto diffuso alcuni anni fa dalla Gran Loggia Unita di Inghilterra, che rivelato l’esistenza nel Terzo Reich di protocolli ad hoc per la sistematica cattura ed eliminazione di tutti i massoni dei paesi conquistati dai tedeschi, sarebbero stati tra gli 80 mila e i 200 mila liberi. Un triangolo rosso rovesciato era il simbolo che li identificava, lo stesso dei detenuti politici, così come la stella gialla di David distingueva gli ebrei, il triangolo rosa gli omosessuali, quello marrone gli zingari e quello viola testimoni di Geova e così via.

La loggia Amata Libertà

E il pensiero non può fare a meno di andare alla Baracca 6 del campo di concentramento nazista di Emslandlager VII, che si trovava nella Germania nordoccidentale. Li, nella bocca del lupo, sette fratelli belgi, esponenti attivi nella resistenza del loro paese, il 15 novembre del 1943 innalzarono le colonne della loggia Liberté Chérie, Amata Libertà, all’obbedienza del Grande Oriente del Belgio, con il numero d’immatricolazione 29bis.8. Secondo il racconto dell’ultimo superstite dell’officina, Franz Bridoux (1924-2017), il tempio massonico veniva improvvisato attorno a un tavolo e mentre si svolgevano i lavori un sacerdote cattolico faceva la guardia. La Baracca era utilizzata per i prigionieri stranieri, che erano un centinaio, e denominata “Nacht und Nebel”, (“Notte e nebbia”).

Il fiore azzurro

Il nontiscordardime è diventato il simbolo del sacrificio dei fratelli che furono vittime della Shoah. Il delicato fiore azzurro del genere Myosotis, della famiglia delle Borginacee, negli anni tra il prima guerra mondiale e la seconda era l’emblema utilizzato dalla maggior parte delle organizzazioni di beneficenza in Germania, con un significato molto chiaro: “Non dimenticare i poveri e i più fragili”. Nel 1926 venne distribuito durante l’assemblea annuale della Gran Loggia Zur Sonne, riunita a Brema, proprio a ricordare il dovere della solidarietà.

Il nazismo era ancora lontano. Ma nel 1934, dopo che Hitler era salito al potere, l’obbedienza massonica tedesca, che aveva sede a Bayreuth adottò il piccolo fiore azzurro come segno distintivo nell’intento di diminuire il rischio di riconoscimento dei fratelli da parte dei nazisti che avevano già iniziato la confisca dei beni di tutte le logge massoniche. Quando poi, sconfitto il nazismo e finita la guerra, la Gran Loggia del Sole riapri i battenti nel 1947, il Nontiscordardime venne utilizzato per ricordare i fratelli sopravvissuti agli anni terribili della clandestinità e i fratelli, che in migliaia, avevano perso la vita nei campi di sterminio", conclude il Grande Oriente d'Italia.

Tra i politici italiani, uno molto affezionato a Nedo Fiano (il cui figlio Emanuele è deputato PD) è Matteo Renzi, ex sindaco di Firenze e leader di Italia Viva. Sui propri social, Renzi mette una foto con Fiano mentre osservano le foto dell'orrore nazista e scrive: "La prima giornata della memoria senza Nedo. Vorrei guardare negli occhi tutti i ragazzi con cui abbiamo visitato Auschwitz e dire: adesso tocca a voi. Adesso tocca a noi. Mai più".

Tra poco, a Firenze, la prima di varie cerimonie. Alle 11 al Memoriale di Auschwitz presso l’Ex3 di viale Giannotti si svolgerà una cerimonia a porte chiuse con il sindaco di Firenze e della Città Metropolitana Dario Nardella, il prefetto Alessandra Guidi, il presidente della Regione Eugenio Giani, l'assessore alla Cultura della Memoria Alessandro Martini, rappresentanti delle associazioni Aned (Associazione nazionale ex deportati), Anei (Associazione nazionale ex internati militari), Anvcg (Associazione nazionale vittime civili di guerra) e della Comunità ebraica.

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