Sono 908 i casi positivi in più rispetto a ieri (546 identificati in corso di tracciamento e 362 da attività di screening), su un totale complessivo, da inizio epidemia, di 102.548 unità. I nuovi casi sono lo 0,9% in più rispetto al totale del giorno precedente. I guariti crescono del 4,4% e raggiungono quota 56.403 (55% dei casi totali). I tamponi eseguiti hanno raggiunto quota 1.557.825, 14.376 in più rispetto a ieri, di cui il 6,3% positivo.
Sono invece 6.096 i soggetti testati oggi (escludendo i tamponi di controllo), di cui il 14,9% è risultato positivo. A questi si aggiungono i 1.942 tamponi antigenici rapidi eseguiti oggi. Gli attualmente positivi sono oggi 43.544, -3,4% rispetto a ieri. I ricoverati sono 1.868 (4 in meno rispetto a ieri), di cui 278 in terapia intensiva (1 in meno). Purtroppo, oggi si registrano 38 nuovi decessi: 16 uomini e 22 donne con un'età media di 79,9 anni.
Alcuni dei decessi comunicati agli uffici della Regione nelle ultime 24 ore si riferiscono a morti avvenute nelle settimane scorse. L'età media dei 908 casi odierni è di 48 anni circa (l’11% ha meno di 20 anni, il 26% tra 20 e 39 anni, il 33% tra 40 e 59 anni, il 20% tra 60 e 79 anni, il 10% ha 80 anni o più).
Di seguito i casi di positività sul territorio con la variazione rispetto a ieri. Sono 28.806 i casi complessivi ad oggi a Firenze (261 in più rispetto a ieri), 8.966 a Prato (63 in più), 8.929 a Pistoia (84 in più), 6.458 a Massa (60 in più), 10.300 a Lucca (128 in più), 14.134 a Pisa (139 in più), 7.191 a Livorno (57 in più), 9.424 ad Arezzo (62 in più), 4.170 a Siena (14 in più), 3.615 a Grosseto (40 in più). Sono 555 i casi positivi notificati in Toscana, ma residenti in altre regioni. Sono 408 quindi i casi riscontrati oggi nell'Asl Centro (somma delle province di Firenze, Prato, Pistoia), 384 nella Nord Ovest (Massa Carrara, Lucca, Pisa, Livorno), 116 nella Sud est (Arezzo, Siena, Grosseto). La Toscana si trova al 8° posto in Italia come numerosità di casi (comprensivi di residenti e non residenti), con circa 2.750 casi per 100.000 abitanti (media italiana circa 2.592 x100.000, dato di ieri).
Le province di notifica con il tasso più alto sono Prato con 3.479 casi x100.000 abitanti, Pisa con 3.373, Massa Carrara con 3.314, la più bassa Siena con 1.561.
Complessivamente, 41.676 persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (1.524 in meno rispetto a ieri, meno 3,5%). Sono 38.164 (2.950 in meno rispetto a ieri, meno 7,2%) le persone, anch'esse isolate, in sorveglianza attiva perché hanno avuto contatti con persone contagiate (ASL Centro 13.252, Nord Ovest 17.320, Sud Est 7.592).
Le persone ricoverate nei posti letto dedicati ai pazienti COVID oggi sono complessivamente 1.868 (4 in meno rispetto a ieri, meno 0,2%), 278 in terapia intensiva (1 in meno rispetto a ieri, meno 0,4%).
Le persone complessivamente guarite sono 56.403 (2.398 in più rispetto a ieri, più 4,4%): 1.938 persone clinicamente guarite (79 in meno rispetto a ieri, meno 3,9%), divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all'infezione e 54.465 (2.477 in più rispetto a ieri, più 4,8%) dichiarate guarite a tutti gli effetti, le cosiddette guarigioni virali, con tampone negativo.
Purtroppo, oggi si registrano 38 nuovi decessi: 16 uomini e 22 donne con un'età media di 79,9 anni. Relativamente alla provincia di residenza, le persone decedute sono: 15 a Firenze, 3 a Prato, 8 a Pistoia, 2 a Massa Carrara, 1 a Lucca, 4 a Pisa, 2 a Livorno, 1 a Arezzo, 2 a Siena. Sono 2.601 i deceduti dall'inizio dell'epidemia cosi ripartiti: 951 a Firenze, 169 a Prato, 201 a Pistoia, 293 a Massa Carrara, 255 a Lucca, 272 a Pisa, 178 a Livorno, 128 ad Arezzo, 75 a Siena, 54 a Grosseto, 25 persone sono decedute sul suolo toscano ma erano residenti fuori regione. Il tasso grezzo di mortalità toscano (numero di deceduti/popolazione residente) per Covid-19 è di 69,7 x100.000 residenti contro il 90,1 x100.000 della media italiana (10° regione). Per quanto riguarda le province, il tasso di mortalità più alto si riscontra a Massa Carrara (150,4 x100.000), Firenze (94,0 x100.000) e Pistoia (68,7 x100.000), il più basso a Grosseto (24,4 x100.000).
Lunedì 30 novembre 2020, a partire dalle 12 sulle pagine facebook del Comune di Empoli e del sindaco Brenda Barnini, si terrà, per la prima volta nella sua storia, una cerimonia di consegna social del “Sant’Andrea d’Oro”. Un evento che abitualmente era aperto alla cittadinanza, ma che tutta la comunità empolese potrà ugualmente seguire collegandosi online. La consegna si svolgerà in uno dei saloni del nosocomio. Brenda Barnini, sindaco di Empoli, ha assegnato la massima onorificenza cittadina al personale sanitario e non, che lavorano all’interno dell’ospedale ‘San Giuseppe’ e che quotidianamente, si sono impegnati e si impegnano tutt’ora nella lotta al Covid-19.
La storia di Gias e Nayem, dai primi sintomi alla nascita in ospedale
Arshi ha 11 giorni: è nato il 18 novembre. Mamma Nayem di anni ne ha 21 e in ospedale era entrata nei primi giorni di novembre. Non solo perché incinta: settimana numero 35 di gravidanza. Ma soprattutto perché contagiata dal Covid. Felice di poter diventare madre, angosciata dalla paura di non farcela: forti difficoltà respiratorie. I corridoi del San Donato non l'hanno portata dove vanno tutte le future mamme ma nell'area Covid. 21 anni, nessuna parola d'italiano, poche d'inglese.
Una paura che avrebbe potuto affrontare da sola. Invece si è trovata accanto medici e infermieri di quattro reparti ospedalieri che sono stati con lei e l'hanno seguita, con l'aiuto di un interpretariato telefonico, fino alla nascita di Arshi e alla loro dimissione dall'ospedale. Adesso sono a casa dove ad attenderli c'era il padre Gias. Una giovane famiglia bengalese che ha affrontato il Covid. E lo ha sconfitto con l'aiuto di un intero ospedale, il San Donato di Arezzo che ha organizzato un team composto da malattie infettive, terapia intensiva, ostetricia e neonatologia.
"Sono in Italia da ormai 10 anni - ricorda Gias. Provengo dal distretto di Feni, una città del Bangladesh situata nella divisione di Chittagong, nel sud-est del paese. Arezzo è la prima e unica città in cui ho vissuto dopo essere emigrato dal mio paese dove i giovani hanno ritrovato una qualche forma di democrazia dopo aver subito una lunga colonizzazione e dopo la sua successiva liberazione dal Pakistan.
Il Bangladesh è ancora un paese povero. Credo che ognuno cerchi di poter vivere meglio, soprattutto se sogna di avere una famiglia. E' per questo che sono venuto in Italia. Lavoro, faccio l'operaio orafo. Volevo stare con mia moglie, la donna che amo e quindi abbiano fatto tutte le procedure perché potesse raggiungermi. Nayem è arrivata lo scorso anno".
"All'inizio non ho capito che si trattava di Covid. Ero incinta e arrivata quasi alla fine della gravidanza: ho pensato di avere l'influenza e che la difficoltà di respirare dipendesse dalla mia condizione. Ma i sintomi sono peggiorati e ho iniziato ad avere una gran paura, non solo per me ma soprattutto per la nascita di mio figlio e per le complicazioni che avrebbero potuto riguardarla".
"Nayem è arrivata nella degenza Covid quando era alla trentacinquesima settimana di gravidanza - ricorda Danilo Tacconi, Direttore di malattie infettive. Aveva evidenti problemi respiratori, determinati anche dal suo stato in quanto i polmoni erano sotto pressione da parte del bambino. E’ stata ricoverata da noi per 10 giorni e la sua situazione clinica diventava ogni giorno più grave. Al punto che avevamo preavvertito la terapia intensiva di un possibile trasferimento perché era sempre al limite per essere intubata. Alla paziente è stato applicato quindi il casco e messo in atto un monitoraggio molto stretto".
Una grande difficoltà è stata quella della comunicazione: Nayem non parla né italiano né inglese ed è stato quindi attivato il servizio di interpretariato telefonico, la Vox Gentium convenzionata con la Regione Toscana che garantisce il servizio 24 ore al giorno.
"La collaborazione è stata fondamentale perché ci ha consentito di informare la paziente sulle sue condizioni e sulle terapie. La possibilità di dialogo, anche se mediato, ha aiutato tutto il personale che è stato particolarmente vicino alla signora e ha dato la possibilità di tranquillizzarla". Difficile, comunque, essere tranquilli. "Solo chi ha vissuto una condizione come la mia può capire quello che si prova - afferma Nayem. Quando sono arrivata in ospedale la mia situazione si è molto aggravata ma l’accoglienza e la professionalità di tutta l’équipe medica è stata determinante per il momento che stavo vivendo".
Situazione complessa anche per il marito Gias: "è stato molto difficile per me. Ero in quarantena senza poter stare vicino a mia moglie e questo mi ha fatto sentire molto triste Desideravo tanto essere presente al momento della nascita del mio bambino e stare accanto a loro. Non potendolo fare in ospedale, ho avuto la possibilità di contattarli attraverso Whatsapp. I dottori, in maniera continua, mi hanno aggiornato e mi hanno rassicurato dicendomi che stava andando tutto bene e mi hanno coinvolto in ogni decisione. Il loro atteggiamento mi ha dato tanta fiducia".
Dopo alcuni giorni e dinanzi al mancato miglioramento delle condizioni di Nayem, è stato creato un gruppo multidisciplinare tra ostetricia, malattie infettive, terapia intensiva che ha deciso l'intervento cesareo. Alla trentaseiesima settimana la situazione stava peggiorando, il bambino stava bene e i tempi per una nascita erano giusti. Il team composto da Ciro Sommella, Direttore di ostetricia, Danilo Tacconi Direttore di malattie Infettive, Mauro Pepea, anestesista di terapia intensiva e il neonatologo Nicola di Virgilio ha quindi deciso il cesareo.
"L’operazione, resa particolarmente complessa non solo dalla positività al Covid ma anche dalle sue condizioni respiratorie ridotte dal virus, si è svolta nella massima sicurezza ed è stata un successo - commenta Ciro Sommella, Direttore di ostetricia. Immediatamente il nascituro è stato preso in carico da neonatologia e la mamma da malattie infettive dove è rapidamente migliorata, fino alla dimissione dei giorni scorsi".
"Non ho potuto vedere subito Arshi appena è nato ma penso che per la salute del mio bimbo sia stata la decisione giusta - ricorda Nayem. Sono riuscita a vederlo dopo una settimana. E` stato molto difficile accettare di non poterlo tenere in braccio ma grazie ai dottori e agli infermieri che mi sono stati molto vicini sono riuscita a restare tranquilla sapendo che mio figlio stava bene e quella, in quel momento, era l’unica cosa che contava per me".
"Questa storia - commenta Ciro Sommella - ha molto da insegnare sia sotto il profilo della capacità dei medici di lavorare in team con al centro il benessere del paziente, sia sotto il profilo umano della gestione dei pazienti, ancora più significativo in quanto la signora non parla la nostra lingua".
Nayem: "posso solo che ringraziare immensamente l’ospedale di Arezzo che ha dato vita a mio figlio e di conseguenza a me una seconda vita".
Gias: "non troveremo mai le parole giuste per ringraziare l’ospedale di Arezzo, tutti i medici e infermieri che ci hanno seguito in questa esperienza che fortunatamente ha avuto un lieto fine. Posso solo dire infinitamente grazie per aver dato vita ad una nuova famiglia".
Nayem guarda la sua famiglia ad Arezzo, città lontana quasi 8.000 chilometri dal paese dove lei e Gias sono nati e cresciuti. E pensa al futuro che li attende insieme a Arshi: "Gias mi è sempre stato accanto e come tutti i genitori, anche noi vogliamo veder crescere nostro figlio e vogliamo che possa avere una vita serena". Con tutti i migliori auguri delle donne e degli uomini del San Donato.