Firenze: le celebrazioni del 69° anniversario della Liberazione

L’Anpi e gli eredi donano al Comune i cimeli del comandante partigiano “Potente”. Nel pomeriggio riunione della giunta. Sara Cividalli, presidente della Comunità Ebraica: “Riaffermare i valori di democrazia e libertà”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
12 agosto 2013 08:03
Firenze: le celebrazioni del 69° anniversario della Liberazione

“Abbiamo il dovere di ricordare i vostri ricordi”. E’ questo l’impegno del sindaco Matteo Renzi pronunciato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio nel corso del suo intervento di saluto per le celebrazioni del 69° anniversario della Liberazione di Firenze. “Ma non vorrei – ha detto ancora il sindaco Renzi – che questo 11 agosto fosse solo una rievocazione storica. Per questo credo sia giusto per ricopre ruoli politici e istituzionali prendersi 3 impegni di valore morale, etico e civile.

Il primo: non dovrà passare giorno da qui alla fine di questo mandato amministrativo senza che noi ricordiamo che Firenze è città di libertà, prima ancora che di bellezza, cultura, educazione. La grandezza di Firenze nasce da quell’ansia di libertà che fa parte del nostro dna. Per questo è nostro dovere far vivere un luogo come le Murate, un tempo carcere, e oggi invece luogo di libertà che mette insieme edilizia popolare, caffè letterario, spazio urbano contemporaneo e luogo per attivisti digitali cui, nel proprio Paese, è negata la libertà.

Secondo impegno: la memoria. La Resistenza è un fatto storico che ci ricorda il rispetto per tutti i morti, ma ci obbliga a dire che c’era chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Per questo va respinto al mittente il processo di revisionismo che qualcuno vorrebbe attuare. E voglio anche ringraziare i sei parlamentari, tutti giovani, che hanno sottoscritto una proposta di legge per equiparare a patrimonio culturale i luoghi e gli immobili legati alla Resistenza. Dalla riapertura delle scuole poi proporremo di far studiare i protagonisti del Novecento e a gennaio identificare 100 figure, personalità, eroi del secolo scorso che diventeranno altrettante vie della nostra città”.

Per chiudere il sindaco Renzi ha ricordato il ruolo dei partigiani che ebbero “la forza di mettersi in gioco”. “Ricordo – ha concluso – una frase di Silvano Sarti all’indomani dalla mia candidatura alle primarie per il sindaco di Firenze. Mi disse ‘Se alla tua età ci fossimo fatte tante domande, Firenze non sarebbe libera’. Quella generazione si è rimboccata le maniche e ha fatto una scelta forte. E ora come allora dico che dobbiamo sgombrare il campo dal pessimismo, dal dire che non ce la possiamo fare, a mettere sempre avanti ostacoli e veti, piuttosto che orizzonti e prospettive.

Ed è questo ciò che faremo in questo ultimo anno di mandato. Con lo spirito di un grande, Gino Bartali, che auspico possa far parte dei Giusti per quello che ha fatto e dimostrato. Ecco, questi i nostri impegni per ricordare i vostri ricordi”. Le celebrazioni sono iniziate coi rintocchi della Martinella, la campana della Torre di Arnolfo, che quell’11 agosto 1944 suonò a festa per annunciare alla città il ritorno alla libertà e alla democrazia. In piazza dell’Unità Italiana il sindaco Matteo Renzi e i rappresentanti delle organizzazioni partigiane e autorità civili e militari hanno deposto corone di alloro al monumento ai caduti di tutte le guerre.

Erano presenti i sottosegretari Erasmo D’Angelis e Gabriele Toccafondi, parlamentari, assessori e consiglieri comunali, il presidente provinciale dell'Anpi Silvano Sarti. Sono stati letti messaggi della chiesa cattolica e delle chiese evangeliche. Poi la banda della Filarmonica Rossini ha preceduto il corteo (fino a Palazzo Vecchio) aperto dal Tricolore, dalla bandiera del Comitato toscano di Liberazione Nazionale, da quella del Corpo volontari della Libertà, dal gonfalone di Firenze col sindaco Renzi, assessori e consiglieri comunali, assieme a quelli della Regione Toscana con la consigliera Daniela Lastri, della Provincia di Firenze con l’assessore Giovanni Di Fede e quelli dei Comuni di Prato, Scandicci, Lastra a Signa, Sesto Fiorentino, Signa, Calenzano, Fiesole, Marradi, Montelupo, Rignano, Pontassieve, Borgo San Lorenzo, Impruneta, Tavarnelle, San Casciano, Vaglia e i labari delle associazioni partigiane.

Dopo i saluti del sindaco, l’orazione è stata tenuta dal Rabbino capo della Comunità Ebraica di Firenze Josef Levi. E al termine l’Anpi e gli eredi di Aligi Barducci “Potente”, hanno donato al sindaco Renzi alcuni cimeli appartenuti al comandante partigiano la bandiera tricolore con cui fu avvolta la bara, la tessera di ufficiale dell’Esercito, la medaglia d’oro e alcune lettere della famiglia. Due ore di giunta per il sindaco Matteo Renzi, ieri pomeriggio: il primo cittadino ha riunito gli assessori e i dirigenti per la tradizionale seduta del giorno della Liberazione, che ricorda l'11 agosto 1944.

All'ordine del giorno c'erano una sessantina di delibere. “La battaglia per la liberazione di Firenze è un momento fondante della nostra storia – dichiara Sara Cividalli, presidente della Comunità ebraica di Firenze in occasione del 69° anniversario della liberazione di Firenze dall’occupazione tedesca dell’11 agosto del 1944 -. L'agognata liberazione è stata l'inizio di una nuova vita fatta di commozione e smarrimento misti a un grande sgomento e vuoto quando gli ebrei cominciarono a contarsi e prendevano lentamente forma le sconvolgenti dimensioni di quello che era stato l’orrore nazifascista.

Tutti gli anni questa data rappresenta per noi un momento di profonda riflessione e la partecipazione della Comunità ebraica di Firenze alle celebrazioni dell'11 agosto è un’opportunità per riaffermare i valori di democrazia e di libertà su cui si deve fondare la nostra società. Valori per i quali gli ebrei hanno sempre combattuto”. “Il ricordo di chi ha anteposto il bene altrui al proprio combattendo per l’ideale alto della libertà – ha concluso Sara Cividalli - deve accompagnarci sempre”. "La giornata della Liberazione è un momento di riconciliazione, di unita', concordia e di libertà.

Per questo abbiamo ricordato chi ha lottato e perso la vita per la nostra libertà che fossero giovani partigiani o soldati di altre nazione. Peccato che il Sindaco non si sia recato al cimitero dei Falciani, e' stata persa un' occasione. Così ha dimostrato che è succube di una ideologia di moda solo in una certa sinistra. Poteva rottamarla ma non ha voluto forse in vista delle primarie". Lo scrive in una nota Gabriele Toccafondi, coordinatore cittadino del PDL a Firenze, che ieri mattina insieme ai consiglieri comunali PdL Stella e Roselli e una delegazione della Giovane Italia tra cui Bisconti e Sangiorgi, ha partecipato alle manifestazioni per il 69/o anniversario della Liberazione, in piazza dell’Unità e poi si è recato al cimitero americano dei Falciani.

“Come ogni anno, oltre a partecipare alle celebrazioni ufficiali del Comune – ha aggiunto Toccafondi – abbiamo voluto portare, il nostro saluto al Cimitero dei Falciani, dove come PDL abbiamo deposto una corona di fiori. La distesa di croci bianche del cimitero statunitense è l’esempio più chiaro del sacrificio di migliaia di giovani che hanno dato la loro vita per la nostra libertà, salvando l'Italia dalla dittatura”. ”Come cittadini di una nazione libera, - ha concluso Toccafondi - siamo loro debitori di una riconoscenza che non potremo mai ripagare.

Il sindaco Renzi poteva venire a depositare lui personalmente una corona al cimitero dei Falciani, sarebbe stato un gesto di vera rottamazione dalle vecchie idee di una certa sinistra ideologica." Ha concluso il coordinatore cittadino del PdL Gabriele Toccafondi. Anche quest’anno, mentre Firenze festeggia la “liberazione”, una delegazione di Casaggì, con il consigliere comunale di Fratelli d’Italia Francesco Torselli, era a Trespiano per rendere omaggio ai caduti della Repubblica Sociale Italiana.

"Da anni - dichiarano i dirigenti del "centro sociale di destra" Casaggì Firenze - abbiamo raccolto il testimone di chi, molti anni fa, costruì materialmente il sacrario nel quale oggi riposano i militi della Repubblica Sociale Italiana". "A loro, in questi anni, abbiamo promesso una continuità ideale e culturale. Nelle gesta di quei giovani, spesso volontari, abbiamo sempre riconosciuto ciò che la storiografia e le istituzioni del paese hanno fatto finta di ignorare: il coraggio di combattere una guerra dura difendendo l'onore di una Nazione tradita da armistizi e cambi di casacca, la dignità di resistere duramente ai più potenti eserciti del mondo, l'abnegazione di portare avanti con coerenza una causa mossa da valori profondi quali il senso di appartenenza, la volontà di superare i propri limiti, la capacità di riscoprire il senso del dovere, il dominio dello spirito sulla materia e del sangue sul profitto".

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