David LaChapelle: stravaganza e originalità leggendarie

Dal dal 29 giugno al 04 novembre 2012 al Lucca Center of Contemporary Art

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 giugno 2012 13:42
David LaChapelle: stravaganza e originalità leggendarie

Una grande mostra dedicata a uno degli artisti della fotografia più importanti a livello internazionale, David LaChapelle, divenuto leggendario per la sua stravaganza e la sua originalità, sarà esposta al Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art dal 29 giugno al 4 novembre 2012. La mostra a cura di Maurizio Vanni, è prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art. Il nuovo museo, all'interno dello storico Palazzo Boccella nel cuore della città di Lucca, si è da tre anni affacciato al mondo dell’arte moderna e contemporanea in modo intraprendente e sensibile, lungimirante nella presentazione dei propri eventi, rivelatrici di conoscenze e memorie come le mostre Jean Dubuffet e l’Italia, State of Mind: Minimal Art/Panza Collection e Carte rivelatrici.

I tesori nascosti della Collezione Peggy Guggenheim da poco conclusasi con grande successo. La sua attenzione è rivolta anche alle nuove forme di comunicazione artistica, in particolare alla fotografia cui dedica ogni anno un evento. Fino ad ora sono state presentate al pubblico le mostre su Man Ray, Steve McCurry e Michel Comte. Quest’estate il Lu.C.C.A. presenterà la prima tappa del tour italiano dedicato a David LaChapelle, che sarà l’evento clou della stagione. Riuniti 53 scatti del geniale fotografo, che racconteranno il percorso antologico della sua produzione attraverso 10 serie quali: Star System, Deluge (Awakened), Earth Laughs in Flowers, After the Pop, Destruction and Disaster, Excess, Plastic People, Dream evokes Surrealism, Art References e Negative Currency.

David LaCapelle è nato a Fairfield l’11 marzo 1963, ed è attivo nei campi della moda e della fotografia. Noto per il suo surrealismo, è considerato uno dei fotografi più intuitivi di tutti i tempi. La sua carriera da professionista è iniziata negli anni Ottanta collaborando con alcune gallerie: la sua prima mostra si è tenuta nel 1984 alla Galleria 303 di New York. Poco dopo, David LaChapelle ha accettato di collaborare con la rivista “Interview”, magazine fondato da Andy Warhol.

Così la prima opportunità di David LaChapelle è arrivata da un grande artista e scopritore di talenti che gli ha aperto la porta principale di un nuovo universo tutto da scoprire: l’editoria. Nel corso della sua professione, LaChapelle ha scattato cover e servizi speciali per riviste come “Vanity Fair”, “GQ”, “Vogue”, “The Face”, “Arena Homme”, “Rolling Stones” e collaborato con aziende quali Tommy Hilfiger, Condé Nast, Nokia, L’Oréal, H&M, Burger King e Diesel. LaChapelle non è il fotografo dello scatto rubato, non è l’artista che vive con la macchina fotografica al collo in attesa di un evento straordinario da immortalare, non è il reporter che rischia la vita per regalare l’attimo prima di qualcosa che cambierà il mondo.

È semplicemente un sismografo del proprio tempo che rende evidenti concetti e considerazioni attraverso scatti concepiti come fossero grandi dipinti. In molti suoi lavori l’approccio è più da pittore tradizionale che da fotografo. Egli non aspetta il momento speciale, ma lo inventa o lo pianifica, magari bloccando l’intuizione con il disegno o dipingendone una bozza con gli acquarelli. Così crea un suo personalissimo set con gli scenari che ha ben chiari in mente cercando di realizzare qualcosa di esclusivo, ovvero fotografare ciò che razionalmente non sarebbe considerato fotografabile.

La mostra è suddivisa in dieci sezioni tematiche e propone le serie fotografiche di LaChapelle la cui scelta degli argomenti rispecchia il suo desiderio di raccontare, creando un palinsesto dove sistemare le figure proprio come un pittore che prepara, con dovizia e attenzione maniacale, una scena dal vivo prima di disegnarla. L'esposizione spiega in chiave di racconto il percorso dell’opera di LaChapelle, che da prima dello scatto, si trasforma in un regista che comunica ai corpi e alle anime da immortalare il pensiero del suo lavoro.

Il suo operare è impegnativo e faticoso, ma emotivamente coinvolgente sia per se stesso che per i suoi modelli. Per tutti la vanità è una forma di auto-devozione dissociata dalla realtà e dai contesti quotidiani. L’ironia dei suoi scatti scaturisce dall’imprevedibilità di una composizione che, spinta all’eccesso, esalta il vizio della vanità, intesa come vanitas, ovvero ammonimento all'effimera condizione dell'esistenza, quindi non fine a se stessa ma che perpetua l’operato umano nello scorrere dei secoli. L’evento è stato realizzato in partnership con Robilant + Voena e Fred Torres Collaborations.

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