Campo di Marte: cerimonia per commemorare cinque caduti

Ragazzi che non vollero indossare la divisa fascista

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 marzo 2011 22:08
Campo di Marte: cerimonia per commemorare cinque caduti

Anche quest’anno, sessantasettesimo dell’eccidio, Campo di Marte ha onorato i cinque giovani - Leandro Corona, Ottorino Quiti, Antonio Raddi, Adriano Santoni e Guido Targetti - fucilati dai fascisti all’alba del 22 marzo del 1944 sotto la torre di Maratona, allo stadio. La loro colpa era stata quella di non aver voluto indossare l’uniforme dell’esercito di Salò e per questo erano stati condannati a morte dal tribunale militare straordinario, presieduto dal generale Enrico Adami Rossi.

Ai cinque martiri, nel 2008, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha conferito la medaglia d’oro al valor civile dopo la richiesta del presidente del quartiere 2 Gianluca Paolucci, sostenuta dalla prefettura. Nel sacrario dello stadio, questa mattina, erano presenti il sindaco Matteo Renzi, l’assessore all’educazione Rosa Maria Di Giorgi, il presidente Paolucci, l’assessore provinciale alla pubblica istruzione Giovanni Di Fede, il consigliere regionale Paolo Bambagioni, il presidente dell’Anpi provinciale Silvano Sarti, il presidente della Federazione regionale toscana associazioni antifasciste e della Resistenza Mario Leone, oltre al Gonfalone di Firenze e di altri Comuni del Mugello, ai labari delle associazioni antifasciste e della Resistenza ed agli studenti di alcune scuole fiorentine e della provincia.

La cerimonia è iniziata alle 10.30 con il corteo che da via Nicolodi, sede del'assessorato all'educazione, è arrivato allo stadio Franchi. I cinque ragazzi furono catturati durante un rastrellamento nelle campagne di Vicchio, una «punizione» per la zona, dove la Resistenza stava facendo proselitismo. Cinque condanne pretestuose, hanno sostenuto gli storici, che servivano sia per dare un segnale al territorio del Mugello che per intimorire gli stessi soldati. «Perché dobbiamo commemorare un evento accaduto 67 anni fa? – si è domandato il sindaco – anzitutto perché quando cinque ragazzi perdono la vita in questo modo una comunità civile decide che il ricordo vale per sempre.

Poi perché da quel sacrificio è nata una reazione contro l’ingiustizia che ha portato i fiorentini a lottare per liberarsi da nazisti e fascisti». «Tornare qui dopo 67 anni – ha aggiunto Renzi – significa anzitutto ricordare a noi stessi che siamo persone e non animali, che di fronte alla ingiustizia si reagisce, che di fronte alla vergogna si può e si deve fare sentire la propria voce». «Abbiate il coraggio di concepire lo studio come un’occasione per diventare persone – ha detto il sindaco agli studenti presenti – in questi anni c’è il tentativo di raccontare la storia in maniera diversa da quella che è stata veramente.

Gli esperti lo definiscono revisionismo, si può chiamarlo anche truffa. Qualcuno arriva anche a dire, ad esempio, che questi ragazzi uccisi a Campo di Marte ‘se l’erano cercata’. E invece quelli che hanno combattuto per liberare Firenze non ‘se l’erano cercata’: noi, oggi, non siamo la terza generazione del Terzo Reich perché ci sono state persone che hanno combattuto per la nostra libertà. Ecco perché dovete studiare, approfondire e conoscere come è andata la storia e non rassegnarvi a quello che vi raccontano in maniera superficiale».

«Il sacrificio di questi cinque ragazzi – ha concluso – deve essere la spinta, per ciascuno di voi, a vivere con intensità i valori della libertà e della democrazia». «Ai giovani del nostro Quartiere – ha detto il presidente Paolucci – vorrei fare un invito: il sacrario delle cinque vittime si trova in uno spazio oggi destinato allo sport e allo svago: lo ricordino, anche solo per un attimo, quando frequentano questi luoghi per assistere alla partita della Fiorentina o a qualche spettacolo di una rockstar; si soffermino a pensare che in una grigia mattina del 1944, cinque giovani di allora furono brutalmente assassinati da menti corrotte e mani armate da ideologie e sistemi politici che della violenza, della negazione della libertà e della democrazia, facevano il loro credo e il loro fine.

Pratichino la libertà, perché essa, per dirla con un grande poeta, è una palestra da frequentare ogni giorno». (fn)

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