Martini: : «Il diritto alla giustizia non può essere un’eccezione»

Legittime le preoccupazioni delle famiglie delle vittime della strage di Viareggio. Il presidente: «Il Parlamento riveda radicalmente le norme sul processo breve».

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 febbraio 2010 20:37
Martini: : «Il diritto alla giustizia non può essere un’eccezione»

«Capisco, ma non condivido. Capisco l’appello del sindaco Lunardini a fare un’eccezione per il processo sulla tragedia del 29 giugno, ma non credo sia questa la strada da percorrere per rispondere all’esigenza legittima di giustizia». E’ quanto affermato dal presidente della Regione Toscana e Commissario per la strage di Viareggio, Claudio Martini, sulle forti preoccupazioni espresse dalle famiglie colpite a proposito degli effetti che la legge sul cosiddetto “processo breve” potrebbe avere sull'inchiesta per la tragedia della stazione di Viareggio. «La norma che la maggioranza si sta affrettando ad approvare, rischia – prosegue Martini - di diventare un provvedimento che non avrà l’effetto di accelerare i tempi processuali, ma di cancellarne molti, compreso purtroppo, quello relativo alla strage di Viareggio». «Voglio essere chiaro: la preoccupazione dei cittadini versiliesi, emersa nel corso del consiglio comunale straordinario della scorsa settimana, è legittima, comprensibile e condivisibile – precisa il presidente toscano – ed è la preoccupazione di tutta la Toscana, perché giustizia deve essere fatta». «Con il processo breve – fa notare Martini - sono a rischio, solo per fare alcuni esempi, i dibattimenti sulla Thyssen, sul G8 di Genova, sul crac Parmalat e Cirio, sul crollo della casa dello studente all’Aquila a seguito del terremoto, sulla scalata di Antonveneta, sul caso Eternit.

Oltre a tanti altri casi meno noti ma altrettanto dolorosi che riguardano corruzione, pedofilia, malasanità. E volutamente non cito altri processi oggetto di grande attenzione da parte dei media». «Il punto quindi n on è chiedere - prosegue Martini - che vengano fatte eccezioni per i singoli processi, lasciando magari che ognuno possa auspicare eccezioni per la sua specifica realtà. Non credo alla giustizia caso per caso. La cosa più saggia è chiedere, tutti insieme, al Parlamento, che la norma sulla “durata ragionevole” del processo venga radicalmente rivista, per non tradire le legittime aspettative di giustizia di tantissimi comuni cittadini.

La giustizia deve essere assicurata in tempi ragionevolmente brevi, e non a caso il termine di sei anni è quello indicato anche dall’Unione Europea. Ma non ha senso fare una legge senza preoccuparsi delle condizioni in cui operano tribunali e magistratura. Dobbiamo cioè creare le condizioni perché i tempi della giustizia italiana rispettino gli standard europei. E per farlo – conclude il presidente - è necessario assumere nuovo personale, assicurare maggiori risorse ai tribunali, evitando tutti gli automatismi che, se la legge verrà applicata così com’è, cancelleranno molti processi già in corso».

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