Madonna di Fiesole: scoperta e Restauro di un capolavoro del Brunelleschi

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
12 dicembre 2008 18:40
Madonna di Fiesole: scoperta e Restauro di un capolavoro del Brunelleschi

Firenze- Dopo il restauro, sarà visibile per la prima volta al pubblico nel Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, dal 15 dicembre 2008 al 28 febbraio 2009, la bellissima “Madonna di Fiesole”: una scultura inedita, degli inizi del Quattrocento, attribuita al Brunelleschi.
Restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure con il prestigioso sostegno dell’A.R.P.A.I. - Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano - l’opera, risultata completamente sconosciuta agli studiosi, è una terracotta policroma dipinta a freddo, cava sul retro, di qualità altissima sia nel modellato che nella policromia.

Quest’ultima anche se un po’ consunta nei carnati, è risultata quella originale, caso rarissimo per opere di questo tipo, che solitamente arrivano a noi pesantemente ridipinte.
Scoperta casualmente dai restauratori dell’Opificio durante un sopralluogo nel Vescovado di Fiesole, la scultura benché ben conservata, presentava delle problematiche su cui era necessario intervenire tempestivamente. Il danno più importante era rappresentato da alcune fratture inadeguatamente incollate – di cui una molto estesa dalla spalla della Madonna fino al mento del bambino - che la esponevano al rischio di rottura.
Con la Madonna di Fiesole siamo di fronte ad un ritrovamento eccezionale, non solo per l’attribuzione e la straordinaria qualità dell’opera, ma soprattutto perché, come hanno dimostrato le indagini condotte dall’Opificio, si tratta della scoperta di un prototipo originale, modellato direttamente in creta, da cui è stata tratta una matrice per realizzare numerose repliche in terracotta e in stucco.
Quest’opera è dunque fondamentale per far luce su una serie di Madonne, circa una ventina, che la critica ha ricondotto fino ad oggi soprattutto alla scuola del Ghiberti ma anche al Brunelleschi.

Fanno parte di questa tipologia alcuni esemplari conservati all’Ermitage, ai Musei di Berlino, al Museo di San Marco a Firenze, nella collezione Chigi-Saracini a Siena ed un altro, segnalato recentemente da Gentilini, alla Certosa del Galluzzo.
L’opera rappresenta una giovanissima Vergine, dal volto assorto e un po’ triste, lo sguardo perso nel vuoto, che sorregge delicatamente ma con sicurezza il Figlio. Il Bambino, che si stringe teneramente alla Madre cercando protezione, ha una gamba stesa, leggermente in tensione e l’altra piegata a mostrare il piede.

E’ un bellissimo gioco di gesti, pieno di umanità che sarà riproposto nelle numerose repliche ma senza raggiungere mai questo livello di qualità. Il gruppo scultoreo poggia su una base rettangolare con la scritta “O MATER DEI MEMENTO MEI” (Madre di Dio ricordati di me). L’uso di materiali preziosi come l’oro nel manto, l’azzurrite e la lacca rossa nella veste, lo splendido abitino del Bambino a bolli d’oro punzonati, rivelano per la Madonna di Fiesole una committenza molto elevata, resa esplicita dagli stemmi che comparivano alla base della scultura, oggi purtroppo non più leggibili.

Come mai gli stemmi siano stati scalpellati, sembra in modo volontario, è uno dei misteri che avvolgono l’opera.
Chi è l’autore di questo capolavoro? Per Laura Speranza, storica dell’arte e direttore del settore Materiali Ceramici Plastici e Vitrei dell’Opificio, che ha diretto l’intervento sulla Madonna di Fiesole, si tratta proprio di Filippo Brunelleschi: ” Mentre alcuni studiosi attribuiscono questo tipo di Madonna alla scuola del Ghiberti – perchè in una di queste copie è presente la figura di Eva sdraiata, ricavata da un calco dalla porta del Paradiso – lo studioso Luciano Bellosi riferisce questa tipologia di Madonne al Maestro del San Pietro di Orsanmichele che individua nel giovane Filippo Brunelleschi, nella fase poco nota della sua attività che si colloca dopo il concorso del 1401 per le porte del Battistero e prima delle grandi opere architettoniche”.

“Credo che le intuizioni e le considerazioni convincenti del Bellosi – afferma Laura Speranza – siano estremamente calzanti per quest’opera, veramente superba, che rappresenta il prototipo per tante altre repliche”. In questa Madonna sono già presenti quei caratteri che saranno peculiari dell’arte scultorea brunelleschiana, così come ci sono giunti nel crocefisso di Santa Maria Novella. I caratteri fisionomici sono indagati con grande fedeltà naturalistica, ma sono in qualche modo trasfigurati oltre ogni contingenza terrena.

La Madonna, con grandi occhi distanti fra loro, assomiglia al piccolo Gesù, con la stessa bocca quasi imbronciata, la fronte ampia e squadrata, zigomi larghi e alti che il Brunelleschi aveva già realizzato nell’angelo che ferma Abramo, nella formella bronzea del concorso del 1401.
Chi commissionò questa stupenda scultura e com’è arrivata all’Arcivescovado di Fiesole? Che si tratti proprio di quella Madonna in terracotta, ricordata nel 1418, nella camera da letto di Giovanni di Bicci de’ Medici, capostipite della grande famiglia di banchieri fiorentini, uno dei più importanti committenti del Brunelleschi? A sostegno di questa tesi, un particolare molto significativo: l’abitino a bolli d’oro di Gesù Bambino che sembra derivare proprio dallo stemma dell’Arte del Cambio, di cui Giovanni era stato più volte priore.

E’ noto come Giovanni di Bicci de’ Medici avesse fatto parte, nel 1401, della commissione per il concorso della seconda porta del Battistero, che vide vincitore il Ghiberti ed escludere il Brunelleschi. Al Brunelleschi il mecenate affiderà il progetto e la realizzazione della Sagrestia Vecchia in San Lorenzo e la ristrutturazione della Basilica Laurenziana, oltre a partecipare, in veste di gonfaloniere, alla decisione del governo comunale per finanziare la costruzione dello Spedale degli Innocenti, su progetto di Filippo Brunelleschi.
“Sarebbe interessante poter ricostruire le vicende che hanno portato questa bellissima Madonna a Fiesole - afferma Laura Speranza - non escluderei che possa essere giunta nell’Episcopio fiesolano dopo la Cacciata di Piero de’ Medici e della sua famiglia, avvenuta il 9 novembre 1494, a cui seguì il saccheggio del giardino di San Marco e delle altre proprietà Medicee.

Forse recuperata da qualche devoto, la nostra Madonna, prima della confisca del patrimonio del Palazzo di via Larga, potrebbe essere stata affidata agli ambienti della Curia di Fiesole, dopo avere scalpellato gli stemmi Medicei”.
Il restauro, durato circa due anni, ha avuto come primo obiettivo quello di dimostrare come nel vasto panorama di opere simili, prodotte serialmente, la Madonna di Fiesole fosse un rilievo originale e non una copia ottenuta da un calco. I notevoli spessori, lo svuotamento del retro eseguito con “mirette” di varie dimensioni (strumenti che servivano per asportare la creta prima del totale indurimento), i sottosquadri molto profondi e infine alcune eleganti soluzioni formali, non comprese e modificate negli esemplari successivi, hanno dimostrato la tesi iniziale.

Per esempio il corpo del Bambino, nella versione di Fiesole, è parzialmente avvolto da un velo azzurro che copre anche la testa della Madonna, descrivendo un ampio panneggio sopra il seno. Negli altri esemplari, questo bel motivo non è stato compreso e il Bambino appare coperto solo dal manto della Madonna. Così come la corona sulla testa della Vergine, oggi senza punte, nelle repliche successive è stata trasformata in uno strano panneggio piegato.
Verificato che si trattava di un prototipo originale, il restauro è proseguito con la rimozione di una colata di gesso posta sul retro dell’opera per fermare le fratture, probabilmente createsi subito dopo la cottura.

Dopo lo smontaggio e il rimontaggio dei vari pezzi, in cui era stata suddivisa la scultura, si è proceduto al consolidamento di alcuni strati dorati e pittorici che mostravano poca adesione al supporto. Eseguita l’integrazione pittorica sia sulle dorature che sulla pittura, infine si è progettato una struttura di sostegno, non visibile e smontabile in ogni momento, in grado di garantire la futura conservazione dell’opera.

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