TAV: le istituzioni toscane nominano, ma ignorano gli esperti chiamati a tenere sotto osservazione la grande opera

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 aprile 2007 13:54
TAV: le istituzioni toscane nominano, ma ignorano gli esperti chiamati a tenere sotto osservazione la grande opera

Prima, vengono nominati e assegnati a incarichi delicati di controllo e di monitoraggio. Poi, vengono dimenticati per strada... Parliamo ancora una volta degli esperti dell’OAL, l’Osservatorio Ambientale Locale del Mugello, l’unico a non deludere le aspettative nell’universo grigio della cantierizzazione per l’Alta Velocità in Toscana. L’OAL funziona... lo si ignora! Un caso? Forse. O c’è dell’altro? Comunque preoccupa: altro denaro pubblico che se ne va senza ritorno, competenze di livello elevato che di fatto vengono usate e gettate.

Questa la conclusione a cui sembra di non poter fare a meno di giungere leggendo l’ultima relazione delle attività dell’Osservatorio (settembre 2006 – febbraio 2007).

Nella foto il tratto di ferrovia AV, sul versante destro del Fosso Mirabello: il tracciato, ripreso dall’imbocco Sud della galleria “Borgo Rinzelli” verso l’imbocco Nord della galleria “Morticine”, interseca il piede di un versante nell’area dei Crocioni, costituito dalle “argille” dell’antico bacino lacustre del Mugello

Tutta l’Italia conosce, dopo il coraggioso servizio di Alessandro Sortino delle Iene lo scorso 24 ottobre su Italia 1, la vicenda della galleria Firenzuola, detta anche il “cantiere infinito” o “tunnel dei misteri”: boati improvvisi, effetto terremoto a opera già ultimata, mesi e mesi di nuovi lavori a partire da febbraio 2005, seri dubbi sulla qualità della progettazione e dell’esecuzione.

I costruttori hanno dovuto provvedere - e non proprio alla chetichella - a demolire e a rifare daccapo calotte a archi rovesci prima ancora di poggiare i binari (ancora oggi non ci sono). A novembre 2006 l’associazione Idra denunciò il rischio che potesse non trattarsi di un caso isolato. Altre due gallerie TAV nella contigua area dei Crocioni a Scarperia suggerivano infatti la presenza di criticità analoghe: “Con l’occhio alla carta del territorio – scrisse il 23 novembre il portavoce di Idra al presidente della Giunta regionale toscana Claudio Martini, convinto fautore della TAV - esse meriterebbero a nostro avviso una ricognizione, considerato sia il contesto geologico, del tutto noto e ben documentato, sia le condizioni informative che circondano gli esiti della cantierizzazione TAV, non altrettanto trasparenti.

Ci riferiamo alle gallerie dette di “Morticine” e di “Borgo Rinzelli”, che giacciono su un substrato argilloso di origine lacustre assolutamente paragonabile a quello su cui si sono verificati i casi di cedimento del rivestimento definitivo che – dal febbraio 2005 – stanno costringendo i costruttori a demolire e ad armare tratti progressivamente sempre più estesi della galleria Firenzuola. Vista l’analogia fra i substrati, siamo indotti a temere che anche a Morticine e/o a Borgo Rinzelli possano manifestarsi sintomi di cedimento”.

Cinque giorni dopo, l’autorevole conferma per bocca del direttore generale della TAV Andrea Salemme: le “lesioni del rivestimento del calcestruzzo” interessano anche le gallerie di Morticine e Borgo Rinzelli. I lavori, aggiunse, “finiranno entro la fine dell’anno. Complessivamente sono circa due km che hanno subito queste lesioni per un comportamento del terreno diverso da quello che era stato previsto in fase di progettazione e di realizzazione”. Adesso si apprende che in quegli stessi giorni, il 22 novembre 2006 per l’esattezza, i tre docenti universitari che assicurano il buon funzionamento del Comitato tecnico scientifico dell’OAL scrivevano sullo stesso argomento (testo del documento in calce) ai loro referenti istituzionali: il rappresentante della Regione Toscana nell’Osservatorio Ambientale Nazionale, il presidente della Comunità montana del Mugello, il sindaco del Comune di Scarperia, nel cui territorio si gioca questa pesante partita ambientale e – temiamo – erariale.

Evidenziavano quanto sia rischioso – e non solo per l’ambiente esterno – l’attraversamento della delicata area dei Crocioni da parte di un’infrastruttura pesante e al tempo stesso vulnerabile come la TAV. Ma soprattutto segnalavano, oltre alla secolare attenzione di cui sono stati fatti oggetto quei luoghi (“non è per caso che l’area dei Crocioni è stata da sempre disabitata”), la “nutrita letteratura scientifica” esistente al riguardo, i tempestivi “commenti critici” formulati dalla Commissione tecnica della Comunità montana interpellata prima dell’approvazione del progetto TAV, i pareri dettagliati forniti dall’Osservatorio Ambientale stesso anche in corso d’opera.

Preso atto che nessuno di questi pre-allarmi è valso a suggerire la necessaria cautela nel progettare e nel costruire l’infrastruttura ferroviaria più cara d’Europa e probabilmente del mondo, il documento firmato dai tre accademici fiorentini responsabili dell’OAL così si concludeva: “Allo scopo di chiarire in quale contesto progettuale si collochi la tratta in questione, che attraversa pendici già note per una dinamica geomorfologica particolarmente attiva, lo scrivente Osservatorio richiede agli Enti in indirizzo che si facciano promotori, presso i vari soggetti responsabili a vario titolo della realizzazione della linea ferroviaria AV (TAV, Italferr, CAVET, ecc.) e per il tramite dell’Osservatorio Ambientale Nazionale, di una iniziativa volta a conoscere quali criteri costruttivi siano stati adottati per garantire la stabilità dei versanti attraversati nell’area dei Crocioni di Scarperia, e quali sistemi di monitoraggio siano stati posti in opera per prevenire eventuali situazioni di pericolo”.
Sarebbe già questa una notizia degna di rilievo.

Superata tuttavia dall’altra, non meno preoccupante, che nessun riscontro è pervenuto a quel qualificato Osservatorio istituzionale – dopo oltre quattro mesi – da nessuna delle istituzioni interpellate.

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