Pitture, sculture, gioielli, tessuti, arte erotica dalle origini all’impero Inca

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 novembre 2003 19:04
Pitture, sculture, gioielli, tessuti, arte erotica dalle origini all’impero Inca

Firenze – In calendario a Palazzo Strozzi dal 15 novembre 2003 al 22 febbraio 2004, la mostra Perù, 3000 anni di capolavori. Pitture, sculture, gioielli, tessuti, arte erotica dalle origini all’impero Inca è l’evento culturale destinato a segnare una svolta nella percezione occidentale dell’arte preispanica. La mostra, infatti, non solo presenta le straordinarie opere (sculture, pitture, gioielli, tessuti, arte erotica) realizzate nelle regioni dell'attuale Perù dal 900 a.C. all'arrivo degli spagnoli nel 1532, ovvero 400 capolavori di stupefacente bellezza e valore, frutto di scavi anche recenti e provenienti dai più importanti musei peruviani, europei e italiani, ma per la prima volta al mondo affronta il tema dei maestri, delle attribuzioni e delle scuole, portando così nel regno dell’arte il Perù precolombiano fin qui dominio della sola archeologia.
Posta sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica, patrocinata dal Ministero degli Esteri e dal Ministero dei Beni Culturali, la rassegna è promossa dal Comune di Firenze e da Firenze Mostre Spa che firma anche ideazione, produzione e realizzazione in collaborazione con l’Ambasciata del Perù in Italia e con il contributo di Apt Firenze, Ataf, Camera di Commercio di Firenze, Trenitalia.

Il curatore è l’americanista Antonio Aimi. Il catalogo, oltre 320 pagine con foto a colori di tutte le opere e sorprendenti primi piani, è di Mondadori-Electa.
La mostra è stata presentata oggi dall’assessore alla cultura Simone Siliani, dal presidente di Firenze Mostre Spa Franco Camarlinghi e da Antonio Aimi alla presenza dell’ambasciatore del Perù in Italia, Jose Pablo Morán Val.
Tre anni di lavoro sui reperti dei musei di tutto il mondo hanno portato alla selezione di circa 400 opere tra le più belle e significative.

Sedici sezioni scandiscono un percorso espositivo asimmetrico e non ripetitivo che, a volte, lascia la possibilità di ammirare i capolavori da soli e senza interferenze, a volte, crea virtuosi accostamenti che rompono la monotonia delle solite mostre e svelano la complessa rete di significati che circonda le opere. Da una vetrina all'altra, da una sezione all'altra, con un ritmo narrativo incalzante, la rassegna riesce a coniugare piani diversi. Ora offre al visitatore tutta la gamma dei materiali plasmati dagli artisti (dall’irriducibile pesantezza della pietra alla leggerezza dei vestiti di penne, dalla plasticità della terracotta al calore dei tessuti e del legno, dall’impalpabilità dei veli alla luminosità dell'oro e delle pietre preziose).

Ora lo affascina con la panoramica completa delle forme dell'arte (dalla scultura alla pittura, dal naturalismo all'astrattismo, dal tutto tondo al bassorilievo e all'incisione, dalla stilizzazione alla geometrizzazione, dal minimalismo al cubismo, dalla “linea-oggetto” all' horror vacui). Ora lo coinvolge nelle tematiche di opere che celebravano il potere sovrannaturale dei sovrani, garantivano la fertilità della terra, reiteravano i miti cosmogonici.
L’impianto cronologico-geografico, con la presentazione dell'ambiente e delle culture dell'Area Peruviana, è concentrato in sole 3 sezioni e serve a introdurre il visitatore in un contesto a lui ignoto e a dargli le coordinate di fondo per avviarsi alla scoperta delle sezioni monografiche che rappresentano il cuore della mostra.

Per esempio, il tema dei contatti tra il Perù e le regioni vicine è proposto in una delle prime sale dove l'incrocio tra i colori sgargianti delle penne, la terracotta e l’oro crea un impatto di grande effetto scenografico.
Il taglio archeologico delle tradizionali mostre sul Perù è concentrato in una sola sezione che rivela lo spessore storico dell’antico Perù. Ma anche qui si segue un percorso fortemente innovativo, che in poche vetrine riesce a far vedere, sempre con pezzi di eccezionale qualità, l’evoluzione delle tipologie di riferimento delle culture preispaniche.
Successivamente, le sezioni più specificamente antropologiche della mostra affrontano con tagli monotematici gli snodi fondamentali dell’arte preispanica e, attraverso la combinazione di terrecotte eccezionali, riescono a far vedere e a raccontare le vicende rappresentate nelle opere d’arte.

Ed ecco che i vari momenti della Guerra Rituale e della Cerimonia del Sacrificio della cultura Moche rivivono come in una sequenza cinematografica nei pezzi esposti: prima una bottiglia scolpita ci mostra il duello tra due guerrieri, poi una bottiglia dipinta ci mostra la fase successiva: la loro cattura e la loro denudazione, poi un’altra bottiglia scolpita ci mostra un prigioniero con la corda al collo e così via fino al momento culminante del sacrificio e dell’offerta del sangue della vittima al re.

In questo modo i segreti di rituali enigmatici che sembravano destinati a restare indecifrabili si svelano piano piano davanti agli occhi del visitatore: dal Tema della Montagna a quello della Corsa coi Fagioli, a quello delle res gestas di Ai Apaec, la principale divinità dei Moche.
Più avanti, con le sezioni dedicate alla pittura, alla scultura e ai maestri, la mostra diventa qualche cosa di assolutamente nuovo e finora mai realizzato: un’antologica dei maestri, delle scuole, delle botteghe, delle tradizioni artistiche dell’antico Perù.

Per la prima volta i maestri, le scuole, le botteghe escono infatti dall’anonimato e rivelano non solo una sfolgorante bellezza, ma anche una creatività e una personalità che consentono di dialogare, da pari a pari, coi maestri e le avanguardie della tradizione artistica occidentale. Per la prima volta l’arte del Perù preispanico esce dal mondo dell’archeologia per entrare in quello dell’estetica.
E’ una svolta fondamentale che, come spiega Aimi in uno dei saggi del catalogo, mette in discussione la stessa distinzione “società calde/società fredde” di Lévi-Strauss e seppellisce definitivamente l’idea sprezzante ed etnocentrica di società che in “modo meccanico” avrebbero continuato a riproporre nei secoli gli stessi stilemi: “D’ora in avanti”, ricorda, “siamo tutti obbligati a renderci conto che non tutte le opere possono rappresentare nello stesso modo l’“arte” delle culture preispaniche, proprio come una zappa cinquecentesca del Mugello non può rappresentare l’arte del Rinascimento.

E da questo punto di vista quello che stupisce non è solo la bellezza delle opere o la loro modernità, ma la capacità degli artisti dell’antico Perù di creare e inventare una gamma straordinariamente vasta e ricca di soluzione formali che spesso anticipano molti degli “ismi” della nostra tradizione e dell’arte moderna”. Il legame della mostra con Firenze è condensato nella sezione finale, che rivendica con orgoglio il ruolo particolare avuto dalla città, e più in generale dall'Italia, nel riconoscere la piena umanità degli Indiani e la grande creatività delle loro opere.

Qui sono esposti, anche in questo caso per la prima volta, tutti insiemi i pezzi più importanti delle collezioni medicee di exotica, chiaro esempio della singolare apertura culturale di Firenze in un periodo storico in cui i pregiudizi etnocentrici portavano a rifiutare con decisione le realizzazioni delle culture "altre".

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