Le voci della povertà in Europa: a Firenze dal 24 al 25 ottobre

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 ottobre 2002 15:52
Le voci della povertà in Europa: a Firenze dal 24 al 25 ottobre

FIRENZE- I poveri in Europa: chi sono, dove vivono e cosa possono fare associazioni ed istituzioni perché diminuiscano. Un tema impegnativo su cui la Toscana ha deciso di fermarsi a riflettere: con un incontro internazionale, “Luoghi e voci della povertà”, che il 24 e 25 ottobre darà voce agli studiosi, ai politici e agli operatori del volontariato ma che farà parlare anche i poveri. Le lingue ufficiali del convegno saranno l’italiano, il francese e l’inglese. Ma accanto all’esperienza francese, inglese, belga ed italiana si parlerà anche della povertà in Irlanda, in Spagna, in Kosovo, in Polonia e in Grecia: paesi della stessa ‘rete’ di regioni e città metropolitane sensibili al tema della lotta all’esclusione sociale che proprio la Toscana, un anno fa, ha contribuito a far nascere.
L’incontro fiorentino, che segue di un anno il primo colloquio sulla povertà che si è svolto a Bruxelles nel 2001, si terrà il 24 e 25 ottobre al Palaffari e si inserisce nel contesto della giornata mondiale contro la povertà, che dal 1992 l’Onu ha voluto che si svolgesse ogni 17 ottobre.

Ad organizzare il convegno di Firenze, o meglio il colloquio, è stato il vicepresidente ed assessore alle politiche sociali della Toscana, Angelo Passaleva.
“Il nostro intento – spiega – è quello di mettere a confronto ciò che si sta facendo in diverse realtà locali europee. In Europa assistiamo ad un preoccupante aumento delle povertà e su questa tema spesso ci si confronta assai malvolentieri, forse perché c’è un certo imbarazzo ad ammettere che nel luccicante Occidente le ingiustizie sociali crescono.

Penso che la reciproca conoscenza delle buone pratiche che hanno funzionato possa consentire, anche in vista dell’ormai prossimo allargamento ad Est, di migliorare le azioni di contrasto su un fenomeno che deve interpellarci anche a proposito del modello di sviluppo nel quale siamo tutti immersi”. Non solo disquisizioni metodologiche dunque, ma ricerca di concrete soluzioni. “L’incontro fiorentino sulle povertà – aggiunge Passaleva – si svolgerà a pochi giorni di distanza dal Social Forum.

E potrà essere l’occasione per cercare un confronto su una globalizzazione che sia basata su una maggiore giustizia sociale e su una solidarietà che è cosa assai diversa dalle forme di elemosina”.
Personaggi
All’incontro fiorentino del 24 e 25 ottobre non mancheranno i personaggi e le storie da raccontare. Ci sarà suor Irene Devos, che parlerà dell’esperienza della comunità Magdala che dal 1986 accoglie in Francia, a Lille, poveri ed esclusi per farli parlare e tornare ad essere protagonisti della loro vita.

Ci sarà il fiorentino Paolo Coccheri, fondatore delle Ronde di Carità che forniscono sostegno ai ‘senza tetto’. Ci saranno, tra gli altri, Carlo Giorgi del giornale di strada “Terre di mezzo”, Claudio Calvaruso dell’istituto di ricerca Labos, Roberto Rambaldi della Caritas Europa e studiosi come Massimo Livi Bacci o Chiara Saraceno. Interverrà con una lunga testimonianza video raccolta in questi giorni in carcere anche Adriano Sofri. Saranno poi presenti il sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Grazia Sestini, e la presidente del parlamento di Bruxelles-capitale Magda De Galan oltre a molte altri rappresentanti di istituzioni europee.
La Toscana, come l’Italia e l’Europa, non è una regione povera: almeno nel suo quadro d’insieme.

Al suo interno sopravvivono però isole di povertà e sacche di marginalità.
Povertà assoluta e povertà relativa, oggettiva e soggettiva. La povertà non è un concetto semplice ed univoco. La povertà può essere misurata in modo oggettivo o percepita in maniera soggettiva, esiste la povertà assoluta e quella relativa.
Sono povere in senso relativo tutte quelle famiglie che spendono per i consumi, in un mese, meno di una determinata soglia che corrisponde alla spesa media mensile procapite.

Nel 2001 erano 814 euro per due persone. Sono invece povere in senso assoluto se la stima viene riferita al valore di un paniere di beni essenziali, aggiornato ogni anno tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo: sempre nel 2001 significava avere a disposizione meno di 559 euro. In tutti e due i casi si tratta comunque di povertà oggetiva, ovvero calcolata sulla base dei consumi e del reddito. La povertà soggettiva, al contrario, è quella che misura il senso di appagamento: sono povere in questo caso tutte quelle famiglie che dichiarano di non aver risorse sufficienti rispetto ad uncerto standard di vita che viene da loro considerato come minimo.


In Italia
In tutta la penisola nel 2001 vivevano in condizione di povertà relativa circa 2 milioni e 663 mila famiglie (fonte Istat): il 13,6 per cento dell’intera popolazione, il 12 per cento di tutte le famiglie residenti ed esattamente quante erano nel 1997 (dopo che erano scese all’11,8 per cento nel 1998 e salite al 12,3 nel 2000). La povertà assoluta toccava invece il 4,2 per cento delle famiglie italiane (940 mila, oltre 3 milioni di persone), per il 75,1 per cento concentrate nel Mezzogiorno.

Poveri grossomodo stabili, ma in ogni caso meno poveri di qualche anno fa visto che il fenomeno sembra essere diminuito in intensità.
In Toscana
Nel 1996 la percentuale di famiglie toscane che subivano una povertà relativa era una delle più basse in Italia. Un risultato migliore poteva essere vantato solo dal Veneto (2,06 per cento) e la stessa percentuale (il 3 per cento, stime Irpet) dalle Marche: lontanissima la Regione più ‘povera’ d’Italia, la Basilicata, con il 34,4 per cento di poveri mentre la media italiana era del 10,4.

Ma anche quanto a povertà ‘soggettiva’ la Toscana è ben piazzata: quintultima nel 1999, con solo il 2,3 per cento di famiglie toscane che dichiara di avere risorse insufficienti. Se la domanda cambia e viene chiesto alle famiglie di collocarsi lungo una scala che va dall’estrema povertà all’estrema ricchezza, la percentuale però cresce: l’8,6 per cento delle famiglie toscane si dichiara povera o molto povera, superando Piemonte, Lombardia e Lazio. In questo caso a far la differenza è la distanza percepita da uno standard di benessere che è ritenuto ‘il minimo indispensabile’.

I toscani vivono mediamente bene: hanno meno difficoltà di altri nel comprare i vestiti ‘di cui c’è bisogno’, nel pagare l’affitto o le spese per la malattie (considerato anche il gran numero di anziani). Forse, però, si aspetterebbero di più o magari c’è meno ritrosia a dichiararsi poveri.
Le risorse messe in campo dalla Toscana contro la povertà. Per combattere la povertà, la Regione ha stanziato, quest’anno, tre milioni e mezzo di euro. L’anno scorso c’erano a disposizione sei miliardi di lire.

Ma per programmi particolarmente innovativi si potrà attingere anche ad altri fondi. Con “Toscana Sociale”, importante capitolo inserito nel Piano integrato sociale della Regione, i Comuni e le Province diventano infatti laboratori dove sperimentare buone pratiche, anche con la collaborazione di associazioni no-profit. Se i progetti poi funzioneranno, potranno essere estesi al resto della Toscana.
Chi sono i poveri
In Italia le famiglie povere in senso relativo sono per lo più quelle numerose: spiccano in particolare le famiglie da tre figli in su.

Anche laddove ci sono anziani con più di 64 anni aumenta l’incidenza di povertà. In Toscana le famiglie che si sentono povere sono invece quelle dove ci sono disoccupati e i nuclei familiari con a capo operai agricoli, casalinghe o pensionati (che si consirano più deprivati degli operai dell’industria e del commercio). Le famiglie più numerose al contrario si salvano e sono in genere meno povere. Gli artigiani e i piccoli commercianti si considerano inoltre più a rischio degli impiegati: più spesso in affitto, possiedono meno di frequente la lavastoviglie e l’automobile, hanno meno tempo libero e fanno meno giorni di vacanza.


Dove vivono i poveri
In Toscana la povertà continua ad essere caratteristica, oltre che delle periferie urbane (che non sono particolarmente estese e degradate), delle aree escluse dallo sviluppo. Le disuguagianze sociali assumono l’aspetto di disuguaglianze tra territori. Le aree montuose e rurali ai margni dei distretti manifatturieri e dei centri urbani e le aree della Toscana costiera meridionale son quelle che mostrano i livelli di reddito meno elevati.
Il reddito minimo di inserimento
L’idea è quella di un asssegno che integri il reddito necessario a garantirsi una vita dignitosa, legato però a percorsi individualizzati (condivisi ed obbligatori) finalizzati al reinserimento sociale, che portino le persone a sentirsi motivate e ad agire.

Non il vecchio assistenzialismo, dunque. Era la strada imboccata con la sperimentazione nazionale del “reddito minimo di inserimento”, iniziata nel 1998 in 39 comuni e con 85 mila persone. E’ la strada scelta dalla Toscana, accanto a politiche di sostegno ed incentivazione alla formazione dei giovani, riqualificazionedegli adulti, servizi sociali diffusi, aiuti nell’accesso all’abitazione per le famiglie a basso reddito. Da noi il banco di prova per il reddito minimo di inserimento è stata la provincia di Massa Carrrara.

Il governo ha però deciso di non rinnovare l’esperimento, che nella nostra regione sembrava aver funzionato.
I poveri ‘invisibili’
Ci sono anche poveri non compresi in alcuna statistica. Sono i senza fissa dimora, concentrati soprattutto nelle grandi città, spesso non censiti e che spesso è difficile aiutare: la stima, assolutamente non definitiva, è di 17 mila persone in tutta Italia. Quello che colpisce è il loro livello di istruzione: secondo una ricerca realizzata dalla Commissione parlamentare contro l’esclusione e la povertà il 17,7 per cento ha un diploma di scuola media superiore e quasi il 4 per cento è laureato.

Il 17,8 per cento di loro è in strada da oltre 10 anni, con difficili possibilità di recupero. “Un’attenzione particolare – ha sottolineato il vice presidente Angelo Passaleva - va dedicata anche a queste persone, nei confronti delle quali vanno apprestate specifiche misure per inserirle nei servizi, per recuperarne le capacità personali e relazionali, per assicurarne la vera e propria sopravvivenza fisica: costruzione di nuovi dormitori, ma anche interventi cher coinvolgano le strutture psichiatriche dell’Asl come è stato ipotizzato qualche settimana fa a Prato, poichè chi vive sulla strada ha bisogno di un aiuto anche in questo senso”.

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