Il circo Bidone al Festival delel Colline

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 luglio 2000 22:36
Il circo Bidone al Festival delel Colline

Dopo Femi Kuti, Macaco, Riccardo Tesi e Michael Nyman gran finale per la ventunesima edizione del Festival delle Colline, la manifestazione promossa dal Comune di Poggio a Caiano con la collaborazione della Provincia di Prato, del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, del Comune di Prato e del Comune di Carmignano.
Dal 12 al 30 luglio, nei luoghi e nelle città del Festival irrompe infatti una delle più antiche espressioni artistiche popolari, il circo. Non un circo qualsiasi, ma il Circo Bidone, un circo ecologico che da quindici anni gira l’Europa con carri di legno trainati da robusti cavalli bretoni, un circo autentico e festoso, ricco di poesia, di galline “sapienti”, di acrobati, di musica, di bambini e giocolieri.

Il Circo Bidone sosterà dal 12 al 15 luglio al Parco del Museo Quinto Martini di Seano (Carmignano – Prato) e dal 18 al 30 luglio in Piazza Duomo a Prato, proponendo in ogni luogo uno spettacolo serale (esclusi giovedì 20 e 27 luglio – inizio spettacolo ore 21,15 circa – ingresso gratuito).
Proveniente dalla Bretagna, il Circo Bidone e l’unico al mondo a viaggiare su carri trainati da cavalli: dodici persone tra artisti circensi e musicisti di varie nazionalità, oltre a due bambini, otto cavalli, quattro galline, una scimmia ed un gallo che di nome fa Las Vegas.

A capo di questo colorato ensemble François Rauline, che nello spettacolo fa il pagliaccio e il domatore di galline sapienti. Il Circo Bidone lavora a cielo aperto, senza veli o sipari, disponendo le sue carrozze a semicerchio con una piccola pedana al centro. Qualche canovaccio della Commedia dell’Arte, nessun animale esotico: solo abilità, meraviglia, poesia… Gags comiche, sketches, una piccola orchestra che suona musiche zingare e suonando, ballando, cantando volando e sognando trascorrono due ore davvero magiche.


Sembra un paradosso alla fine del secondo millennio, in un’epoca sempre più proiettata verso la sfrenata ricerca tecnologica e la computerizzazione di tutto quello che ci sta attorno, che possa ancora esistere una carovana di saltimbanchi trainati da cavalli che percorre in lungo e largo l’Europa. Così se oggi si naviga su Internet da un capo all’altro del mondo in una piccola frazione di secondo, il Circo Bidon impiega cinque giorni per percorrere una distanza di 100 chilometri.
Quando ti imbatti in questa serie di carrozzoni trainati da cavalli in mezzo al caos del traffico cittadino ti sembra che il tempo si sia fermato.


Tutto questo accade non per snobbismo o per attirare l’attenzione con una banale mezzo pubblicitario, ma per una sincera scelta di vita.
“Facevo il cesellatore di bronzo a Parigi, una professione che mi piaceva anche, ma quando è arrivato il Sessantotto ho capito che la mia vita non poteva essere questa! – sottolinea François, ideatore e gran maestro del Circo Bidon – mi sono detto: basta vivere e lavorare nella caotica Parigi, basta prendere la metropolitana tutte le mattine, rispettare gli appuntamenti, gli orari, facciamo qualcosa di più divertente! Ho venduto tutto quello che avevo, ho comprato un cavallo, costruito un carrozzone: E ho iniziato, con alcuni amici, a girare le piccole piazze della Francia.

Ma non eravamo esperti (nessuno di noi proveniva dal circo), né sapevamo fare esercizi acrobatici: allora per non fregare il pubblico abbiamo deciso di chiamarci Circo Bidon. Piano piano abbiamo imparato le tecniche, gli esercizi e i ritmi dello spettacolo di piazza. La piazza e il pubblico sono le migliori palestre per un artista. In oltre vent’anni abbiamo girato in lungo e in largo la Francia, e ora l’Italia, prima con un carrozzone, poi con due, tre, quattro, aumentando proporzionalmente anche il numero dei cavalli.

C’è stato un momento che ne avevamo anche venti. Il costante e continuo contatto con la gente è quello che mi fa amare questa professione. Viaggiare di paese in paese con i nostri ritmi e divertire ogni giorno grandi e piccini mi fa dormire sonni tranquilli fuori dai mass media, fuori dalle ossessive scadenze imposte da orologi, dalle agende, dai calendari, dagli orari fissi e dai ritmi ipertesi dell’esperienza contemporanea. Finché sarà così l’avventura continuerà!”
Il magico mondo della pista!
“Il circo non vende e non promette alcuna meraviglia utile.

Il vero miracolo è l’accadimento stesso del prodigio. Il circo non migliora la vita futura, non guarisce; assicura invece un divertimento tutto presente, il cui piacere è nell’ammirazione pura della esibizione, della bravura tecnica che la permette e del rischio che è compagno”. Quando si entra nel magico cerchio dove il Circo Bidon esalta i suoi virtuosismi, bisogna fare piazza pulita della televisione, della radio e del cinema, che hanno standardizzato la nostra memoria collettiva.
Bisogna fare ritorno al nostro universo culturale perduto.

Quando in una piazza o in un parco ci si imbatte in una carovana colorata che circonda una pista senza chapiteau: questo è il Circo Bidon! Ma gli abitanti del paese o della città dove il circo si è fermato se ne accorgono immediatamente perché, memori dei saggi e ormai desueti mezzi dei vecchi imbonitori, gli artisti del Circo Bidon danno un assaggio delle loro proverbiali doti atletiche e comiche, organizzando due o tre giri per le strade principali della città a suon di gran casse.
Questa sera grande spettacolo Appena scendono le luci della sera gli artisti del Circo Bidon si preparano per scendere nella pista.

Momenti poetici, momenti comici e momenti tragici si alternano nel magico cerchio. E’ François che comanda le danze: con la sua faccia colorata da simpatico clown introduce i numeri di un abile e poetico funambolo, di uno strampalato domatore di galline e di una simpatica scimmietta che trasporta i volatili in bicicletta sul filo.
Vi sembrerà strano, ma al Circo Bidon può accadere anche questo! Così l’eterogeneità dei numeri, che hanno in comune solo la profonda impressione di meraviglia e fascino, fa perdere ogni speranza di orientamento allo spettatore.

E’ questa la magia del Circo Bidon. Ma l’abilità di François e compagni sta soprattutto nel trasformare l’intervallo in un ulteriore spettacolo. E’ infatti all’apice della suspense, prodotta dai virtuosismi al trapezio di due valenti acrobati, che termina la prima parte dell’esibizione. Lo spettatore non fa in tempo a riprendersi dall’emozione che subito inizia una grottesca riffa, dove i nostri artisti propinano al pubblico i gadget più strampalati . E’ qui che si vede la loro bravura, perché al Circo Bidon non si paga il biglietto.

I nostri saltimbanchi infatti devono esaltare al massimo la loro qualità di imbonitori, per convincere il pubblico in primo luogo a restare incollato alle panche, poi ad acquistare i loro prodotti, infine a premiarli con una benevola offerta.
Poi lo spettacolo continua alternando altri simpatici ed emozionanti numeri fino al tableau finale del concerto di fuochi d’artificio. Una chiusura giusta ed appropriata. Nei fuochi artificiali possiamo infatti leggere, al di là dell’ovvio significato spettacolare, anche una valenza semantica più profonda.

Nel “fuoco”, gli antichi, oltre a decifrare la ventura, vedevano il fondersi di due elementi propiziatori. Il valore purificatorio e vitale del fuoco e l’idea che, insieme con quello che si brucia, si consumi il vecchio e venga estirpato tutto ciò che di male e di inerte si era fino a quel momento accumulato. In finale simbolico che avvince gli spettatori agli artisti e li coinvolge nel magico cerchio, dove ogni sera si consuma il felice rito.

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