Il presidente Eugenio Giani ha partecipato questa mattina in piazza Santa Maria Novella a Firenze alla cerimonia promossa dalle sezione fiorentina dell’Associazione nazionale ex deportati per la commemorazione dell’81° anniversario della deportazione per motivi politici di oltre 300 cittadini toscani, per la maggior parte lavoratori antifascisti, verso il campo di concentramento Mauthausen.
“La deportazione dell’8 marzo del 1944 fu la vile reazione dei nazifascisti al grande sciopero generale di alcuni giorni prima che vide un’altissima adesione in Toscana e in particolare nell’area di Firenze, Prato ed Empoli” dichiara Giani “Coltivare la memoria di quei fatti– prosegue – è un dovere di tutti noi verso chi ha contribuito alla nostra libertà e alla nostra democrazie, e costituisce un monito per il presente, in cui soffiano forti i venti di guerra e odio, che rischiano di cancellare decenni di pace e progresso dopo gli orrori della seconda guerra mondiale”.
“In un ordinamento democratico, – afferma il presidente Lorenzo Tombelli – la libertà di manifestazione del pensiero costituisce la pietra angolare, mentre le annunciate riforme criminalizzano il dissenso, puniscono detenuti e migranti, svuotano la Carta costituzionale”. L’ANED ricorda, altresì, le donne scioperanti che allora si opposero al nazifascismo e oggi “sono vittime a causa della sopraffazione maschile”, oppure “sfidano coraggiosamente il potere in Iran, ovverosia le troppe donne uccise perché continuano a battersi per la libertà”.
Le conclusioni del presidente dell’ANED di Firenze non potevano non riguardare l’Europa. “La nostra Associazione, – dichiara – che si fonda sui Giuramenti degli ex deportati, è preoccupata e sgomenta per le recenti affermazioni di Ursula von der Leyen e dei principali leader europei. L’Europa delle armi non è l’Europa che vogliamo: così si tradiscono gli ideali di Ventotene”.
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È intervenuta anche Giulia Romagnoli, consigliera ANED Firenze, ricordando il partigiano Moreno Cipriani, che “aveva 16 anni quando vide suo padre partire e non tornare più quel pomeriggio dell’8 marzo. La sua è una tra le tante storie che potremmo raccontare in questa giornata”.
Carico di entusiasmo è stato l’intervento di Matteo Mazzoni, direttore dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, secondo il quale “dopo ottant’anni, senza più testimoni, conoscere la storia della deportazione politica conferma quanto fu giusta, ma dolorosa e dura la lotta contro la guerra fascista e nazista”.
Infine, la cerimonia si è conclusa con una lettera del Sindaco di Mauthausen, impossibilitato a presenziare. Thomas Punkenhofer ha sottolineato che “le persone che hanno scioperato l’8 marzo 1944 volevano un mondo senza fame e senza guerra; un mondo di solidarietà e non di egoismo; un mondo in cui tutti possano avere accesso all’istruzione, alle cure mediche, a case dignitose e a posti di lavoro che permettano di mantenere una famiglia. Quello di oggi – ha concluso – non è il mondo per il quale i nostri antenati hanno combattuto”.
La cerimonia è terminata con il canto Bella ciao, suonato da Letizia Fuochi.
Al termine della cerimonia il corteo, formato da numerosi Gonfaloni dei comuni dell’area metropolitana, si è recato al binario 6 della Stazione centrale per deporre una corona davanti alla targa dei deportati apposta nel 2012.
La stagione degli scioperi organizzati nel marzo del 1944 costituì uno degli eventi più straordinari della Resistenza europea a cui nazisti e fascisti reagirono con una repressione dura e indiscriminata. In Toscana furono arrestati perfino ignari passanti. Le persone fermate vennero trasferite alle Scuole Leopoldine di Firenze. Sul convoglio partito da Santa Maria Novella l’8 marzo 1944 con destinazione Mauthausen, che agganciò a Fossoli e Verona vetture provenienti da Torino e Milano cariche di altri lavoratori arrestati, viaggiarono in 597 sigillati in carri bestiame. Di loro, 341 erano toscani e solo in 64 tornarono vivi.
La trama della memoria continua a essere tessuta, filo dopo filo, 81 anni dopo quel tragico 8 marzo 1944, il giorno in cui 55 cittadini e lavoratori empolesi furono deportati nei campi di sterminio. Un'azione arbitraria voluta dalle forze nazifasciste, che portò a 117 deportazioni tra Empoli e i comuni limitrofi. Mauthausen e i sottocampi di Gusen, Ebensee e il castello di Hartheim furono luogo di prigionia e in molti casi di morte.
Quest'oggi la commemorazione di quei fatti si è tenuta a Empoli. La messa officiata alla chiesa della Madonna del Pozzo di piazza della Vittoria è stata la prima tappa. Il corteo, formato dalle istituzioni civili e militari, dalle associazioni con i loro gonfaloni e le loro bandiere, e da singoli cittadini, si è poi fermato al Monumento alla ex ciminiera della Vetreria Taddei, fra via Fratelli Rosselli e largo 8 marzo 1944. Tra i tanti era presente anche Franco Castellani, presidente onorario dell'Aned del circondario, figlio di Carlo, calciatore dell'Empoli che trovò la morte a Mauthausen, a cui è intitolato lo stadio cittadino.
A cominciare è stato il consigliere delegato alla Cultura della Memoria del Comune di Empoli, Raffaele Donati: "Quest'anno l'anniversario dell'8 Marzo cade in un momento di grande preoccupazione per l'Europa e per il mondo intero. E con la mente ritorniamo a quell'8 marzo del 1944, più di ottanta anni fa, quando 55 empolesi furono deportati nei campi di concentramento nazifascisti dopo gli scioperi di inizio marzo, in cui si chiedeva la fine della guerra e migliori condizioni di vita. 55 persone strappate da un giorno all'altro dalle proprie case e dalle proprie famiglie, per la sola colpa di essere considerati oppositori al regime. Oggi abbiamo tutti gli strumenti per non commettere gli errori del passato, promuovendo una cultura attiva della Memoria che diventa costruzione continua della Pace tra popoli, con la speranza che la nostra Europa si configuri come protagonista di questo processo".
Ha proseguito Roberto Bagnoli, presidente Aned Empolese Valdelsa: "Come ogni anno celebriamo questo momento importante. Quest'anno ricorre l'81° anniversario dei grandi scioperi del '44 e quindi l'anniversario delle grandi deportazioni. Si ricordano cittadini deportati e uccisi. L'8 marzo può essere considerata la nostra Giornata della Memoria. Un momento fondamentale di trasmissione della memoria storica, in questo che è luogo simbolo. Siamo qui per ricordare, in maniera tangibile e solenne, una delle pagine più buie della nostra storia, nelle quali sono accadute atrocità inaudite.
Vicende che ci hanno lasciato un patrimonio etico di enorme valore, che appartiene alle società civili, democratiche e antifasciste del nostro tempo e che abbiamo il dovere di conservare e trasmettere, soprattutto ai giovani. Oggi viviamo in una società diversa, migliore sicuramente, ed è difficile oggi capire tutto l’orrore, la fame, le violenze subite in passato. Per questo dobbiamo mantenere la memoria".
Come ospite della città è intervenuto anche Andreas Derntl, sindaco di Sankt Georgen an der Gusen, cittadina austriaca gemellata con Empoli dal 1997. A Gusen erano presenti alcuni dei campi in cui gli empolesi trovarono purtroppo la morte."Porgo un saluto alle autorità e all'associazione Aned - ha affermato Derntl - e porgo il cordoglio per la comunità empolese. La nostra città esprime profondo dolore e tristezza per le vittime del regime nazionalsocialista. Sta a noi mantenere la memoria contro i pericolosi sviluppi del nostro tempo. Anche in Europa i partiti populisti soffiano venti di intolleranza. Sta a noi alzare la voce per un'Europa democratica e pacifica, sta alle giovani generazioni la responsabilità dell'eredità del passato su cui plasmare il futuro"
A concludere è stato il sindaco di Empoli Alessio Mantellassi: "Ringrazio tutti i presenti, in modo particolare l'Aned per il percorso dei viaggi della memoria e il lavoro nelle scuole. Siamo quasi a trent'anni dal gemellaggio con Sankt Georgen an der Gusen, nato nel 1997 e che rinnoveremo. Un gemellaggio voluto dalla città e dall'Aned, che al tempo per alcune persone fu un ricordo dolorosissimo. Per alcuni, testimoni delle deportazioni e familiari, sembrava impossibile costruire un cammino insieme. Il messaggio del gemellaggio si basava sul superamento delle divisioni. Abbiamo entrambi compiuto errori, anche l'Italia fu vittima e carnefice, ma superiamo gli errori del passato senza dimenticarli. Ricordiamo che l'Italia fu corresponsabile con i fascisti italiani ed empolesi a stilare le liste degli operai deportati, non ci laviamo la coscienza dietro la formula 'è colpa degli altri'".
"Il 16 maggio 1945, 10 giorni dopo la liberazione del campo di concentramento, si tenne una grande manifestazione da cui nacque il Giuramento di Mauthausen, dove si disse che il più grande monumento ai caduti per la libertà era la solidarietà nazionale. Avevano ragione, non sempre siamo all'altezza di quel giuramento. Per stare insieme non bisogna essere tutti uguali, la deportazione fu aggressione delle minoranze. Quella di Empoli dell'8 marzo 1944 fu deportazione politica, e sappiamo che odiare le diversità ci ha portato a questo.
Oggi l'Unione Europea è formata da tante cose diverse, unite da valori di libertà e democrazia. Dovremo avere la forza di difendere la nostra casa europea da chi dentro e fuori la vuole distruggere. La consapevolezza di sentirsi europei parte dai giovani che vivono l'Europa con gli Erasmus e viaggi della memoria, quando la mescolanza è occasione di fare davvero comunità europea. Sulle macerie del passato si può costruire una cosa nuova. Se siamo ancora qui diamo ancora dignità a quei nomi per un futuro di pace.
Viva la solidarietà internazionale".
Le commemorazioni non finiscono qui. Nel pomeriggio, alle 16, sarà inaugurata la mostra intitolata “Forced to work- Willing to survive”, alla Casa della Memoria (via Livornese, 42), visitabile dall’11 al 31 marzo 2025, nei giorni lunedì e mercoledì, dalle 16 alle 19. Il tema della mostra riguarda il lavoro forzato nel passato e nel presente, con esempi dall’Austria, dall’Italia e dalla Polonia.