Ungulati in Toscana: sono già numerosi gli abbattimenti

Complessivamente il numero dei cinghiali abbattuti nelle aree non vocate, tra caccia di selezione, prelievo in controllo e caccia in forma singola è stato di 21.161

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 febbraio 2017 16:43
Ungulati in Toscana: sono già numerosi gli abbattimenti

"I primi risultati della legge obiettivo sul contenimento degli ungulati ci dicono che siamo sulla strada giusta. Nel 2016, nonostante la legge sia stata attivata in ritardo in molte province, vi è stato un deciso aumento dei capi di cinghiale abbattuti (si è sfiorata quota centomila) e si è dato un primo contributo nel ridurre una popolazione che in Toscana è 4,5 volte superiore al normale e che ha creato gravissimi danni all'agricoltura" questo il commento dell'assessore regionale all'agricoltura Marco Remaschi ai primi dati, quelli relativi ai cinghiali, sulla legge 10 del 2016, approvata un anno fa per contenere la popolazione di cinghiali, caprioli, cervi e daini attraverso una intensificazione delle attività di caccia nelle aree agricole (quelle identificate come aree "non vocate").

Il dato più generale, quello sui prelievi complessivi di cinghiali effettuati in tutta la regione mostra un incremento netto rispetto agli altri anni con 93.306 capi abbattuti (erano stati 79.330 nel 2015 e 83.578 nel 2014 e 70.482 nel 2013). A questo dato vanno poi aggiunti i numeri delle aziende faunistiche di alcune Province che ancora non sono pervenuti alla Regione.

"Alla fine il dato reale sarà di circa 100.000 capi – commenta Remaschi – un numero significativo specie in un anno ancora sperimentale e nel quale non sono state poche le difficoltà incontrate: basti pensare ai disagi sull'operatività degli Atc dovuti a varie cause (tra cui una sentenza della Corte Costituzionale) e ai ritardi nell'applicazione della legge che si sono registrati in diverse province: l'attivazione è arrivata nel migliore dei casi a giugno, ma in alcuni casi solo a settembre, pochi giorni prima dell'inizio della stagione venatoria".

"In così poco tempo – continua l'assessore - non si poteva certo risolvere un problema che esiste da venti anni. Ma si è cominciato a farlo avendo a disposizione una buona legge e grazie alla fattiva collaborazione dei cacciatori e delle associazioni di categoria".

Per Remaschi decisivi ai fini dei risultati attesi saranno i prossimi mesi: "La possibilità di fare caccia di selezione nei mesi in cui cominciano le semine, quindi da marzo in poi, potrà diminuire considerevolmente i danni alle colture. Ho la speranza, credo fondata, che questo potrà aiutare l' intero comparto agricolo a poter salvaguardare il frutto del proprio lavoro. La diminuzione degli ungulati permetterà anche di diminuire il numero degli incidenti sulle nostre strade che in troppi casi (una media di quasi 700 all'anno) sono correlati alla presenza di cinghiali e caprioli".

Ma cosa prevede la legge n.10 del 2016? Il suo scopo, in un triennio, è quello di ridurre i conflitti generati dalla presenza di ungulati nelle aree antropiche, specie in quelle agricole, attraverso un incremento della pressione di caccia, in termini sia di entità dei prelievi, ma soprattutto di prolungamento dei tempi della caccia di selezione. Il conflitto è generato da una presenza elevatissima di queste specie: le stime ci parlano di una popolazione di oltre 200.000 cinghiali e di almeno altri 240.000 tra cervi, daini, caprioli e mufloni per un dato che è fra i più alti d'Europa, secondo solo all'Austria, e che è almeno 4,5 volte superiore alla media italiana.

Con questa normativa si interviene per diminuire la densità di ungulati in determinate zone del territorio regionale, denominate "aree non vocate". Queste zone coincidono con le aree agricole della Toscana (circa il 30 % del territorio). In queste aree, dove vi sono vigneti, oliveti, seminativi , vengono concentrati gli interventi, soprattutto per il cinghiale. Nel restante territorio (boschi, pascoli, terre incolte) viene mantenuta una gestione conservativa delle specie ungulate, in modo che esse siano in equilibrio con l'ambiente: in quest'ultime aree, quindi, non vi sono particolari mutamenti gestionali a seguito della legge obiettivo.

La caccia al cinghiale nelle aree "non vocate": primi risultatiIl prelievo di capi previsto dalla legge obiettivo è iniziato tra giugno e settembre del 2016: la prima Atc a partire è stata Firenze (15 giugno), l'ultima Grosseto (17 settembre).

Dall'estate quindi è diventata operativa la parte più innovativa della legge, quella relativa al prelievo nelle aree non vocate attraverso la tecnica della "selezione". Per potervi partecipare ogni cacciatore ha dovuto richiedere l''abilitazione attraverso specifici esami (comprendenti anche una prova di tiro). I 9.000 cacciatori che hanno superato l'esame hanno poi potuto effettuare le proprie uscite di caccia ( ogni volta che esce il cacciatore deve darne comunicazione). La caccia di selezione ha portato, sino al 31 dicembre 2016, all'abbattimento di 4.581 cinghiali. Ma per avere il dato complessivo degli abbattimenti nelle aree non vocate a questo dato dobbiamo aggiungere altre due voci: il cosiddetto prelievo di "controllo" cioè effettuato esternamente all'attività venatoria dietro autorizzazione della Regione (e con il quale sono stati abbattuti altri 9.927 capi) e la caccia "in forma singola, girata e braccata" (6.653 capi abbattuti) effettuata nelle stesse aree non vocate durante il normale periodo della stagione venatoria.

Complessivamente dunque il totale dei cinghiali abbattuti nelle aree non vocate, tra caccia di selezione, prelievo in controllo e caccia in forma singola è stato di 21.161. Se a questa cifra, 21.169, si aggiungono i 72.145 prelievi avvenuti in area vocata (quindi nelle aree delle attività più tradizionali di caccia) si ottiene il dato generale di 93.306 abbattimenti nel 2016.

 Coldiretti ricorda la clamorosa manifestazione dello scorso Agosto in Piazza Duomo a Firenze "Questi primi risultati – ha detto Tulio Marcelli, Presidente di Coldiretti Toscana – ci dicono che la strada intrapresa è quella che noi abbiamo sempre sostenuto per un contenimento degli ungulati che creano enormi danni alle attività agricole. I dati forniti dalla Regione dicono che nel 2016 siamo arrivati ad un prelievo di circa 100.000 cinghiali. Al vertice Siena con 19.800 prelievi seguita da Grosseto con 18.400 e poi Firenze con 16.500 ed Arezzo con 14.400”.

Nel 2016, nonostante la legge sia stata attivata in ritardo in molte province, vi è stato un deciso aumento dei capi di cinghiale abbattuti che in Toscana è 4,5 volte superiore al normale e che ha creato gravissimi danni all'agricoltura. Nel solo 2016 sino al mese di novembre sono stati accertati danni per oltre 2 milioni e mezzo di euro. Il dato più generale, quello sui prelievi complessivi di cinghiali effettuati in tutta la regione mostra un incremento netto rispetto agli altri anni con 93.306 capi abbattuti (erano stati 79.330 nel 2015 e 83.578 nel 2014 e 70.482 nel 2013).“Quest’anno le cose andranno ancora meglio - dice Antonio De Concilio, Direttore di Coldiretti Toscana – perché la legge viene applicata in modo più tempestivo così da ridurre la proliferazioni di cinghiali in Toscana che ha ormai superato quota 230.000 capi, che alterano gli equilibri ambientali con danni enormi a colture di pregio e comunque vitali per l’economia del territorio, come viti e cereali. Ci auspichiamo che presto – conclude De Concilio - possano essere preservate tutte le aree non vocate del territorio toscano a seguito della nuova delimitazione delle aree vocate e non vocate al cinghiale.

Su questo argomento Coldiretti Toscana ha già formulato una ipotesi chiara, che fa coincidere le aree in cui non possono essere presenti i cinghiali, e non solo, con quelle destinate alle attività agricole ed in riferimento alle quali vengono erogati gli interventi della Politica Agricola Comune (PAC)”.Il commento della Cia Toscana: "Esprimiamo apprezzamento per questi primi risultati raggiunti, il bilancio è positivo, anche se ad oggi la situazione risente delle problematiche e dei ritardi che ci sono stati nei mesi scorsi. Nel 2016 – sottolinea una nota della Regione Toscana -, nonostante la legge sia stata attivata in ritardo in molte province, vi è stato un deciso aumento dei capi di cinghiale abbattuti (si è sfiorata quota centomila) e si è dato un primo contributo nel ridurre una popolazione che in Toscana è 4,5 volte superiore al normale e che ha creato gravissimi danni all'agricoltura. E’ vero – aggiunge la Cia Toscana – che in un anno di tempo non si poteva pensare di risolvere completamente un problema annoso come quello degli ungulati nella nostra regione; ma è auspicabile che questo sia solo un punto di partenza per un deciso cambio di passo verso una messa a regime della legge in tutti i territori.

Inoltre è necessario che gli Atc siano messi in condizione di svolgere le loro funzioni con omogeneità, con l’obiettivo di una piena attuazione della legge obiettivo con la priorità di contenere con tutte le forme previste, azioni efficaci di prevenzione per la sicurezza dei cittadini e stradale, interventi di prevenzione per salvaguardare le colture agricole, celere e totale risarcimento dei danni alle imprese agricole". Francesco Miari Fulcis, presidente di Confagricoltura Toscana "Ci aspettavamo un numero di abbattimenti sicuramente superiore, in grado di rendere la legge obiettivo realmente capace di diminuire i danni alle nostre coltivazioni.

Così non è e siamo sicuri che il numero di ungulati in Toscana sia anche aumentato. In Toscana per avere un nuovo equilibrio sono necessari almeno 250 mila abbattimenti annui – pari cioè al numero stimato di nascite – che è difficilmente paragonabile con quanto annunciato oggi dalla Regione. Vogliamo inoltre avere un quadro dettagliato area per area sugli abbattimenti perché in moltissime zone abbiamo registrato danni anche superiori al passato.

Infine è opportuno ricordare che i danni ingenti provocati dagli ungulati in Italia, e tra questi non scordiamoci il flagello caprioli e cervi, non devono essere rimborsati in regime di “de minimis” in quanto la selvaggina non è di proprietà dell’agricoltore (come in tutta Europa) ma di proprietà di terzi che ne devono rispondere in toto! Gli agricoltori hanno quindi il sacrosanto diritto di essere rimborsati per il reale danno subito."

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