(È possibile trovare prima, seconda e terza puntata nelle pagine del nostro quotidiano on line)
Il giorno 12 l’appuntamento è per le 08.30 in Cattedrale a Przemyśl. Prima di partire ho proposto di distinguerci come spedizione umanitaria, ed anche per ricordo, indossando una polo uguale per tutti i componenti. Retaggio di vecchie abitudini professionali.
Così al mattino del giorno 12 luglio ci siamo ritrovati indossando una maglietta blu con il logo di Shalom e la scritta Humanitarian Aid.
Approfondimenti
In cattedrale, oltre a Don Witold e Don Stanislaw, abbiamo incontrato monsignor Josef Michalik, vescovo emerito della comunità cattolica di rito latino e già presidente della Conferenza Episcopale Polacca. Anche lui parla un discreto italiano. Sarà un’ottima guida alla visita della Cattedrale, al Museo diocesano, alla cripta ed alle strutture medievali della chiesa. La Cattedrale è dedicata all’Assunzione di Maria Vergine ed ha una caratteristica unica: al suo interno c’è una cappella in cui si venera il buon ladrone, ovvero uno dei due delinquenti comuni condannati alla crocifissione insieme al Cristo. Quello che, secondo il vangelo di San Luca, si è affidato alla clemenza di Gesù che lo ha perdonato promettendogli di stare con lui in Paradiso.
Come chiesto da Don Andrea, la giornata ha avuto inizio con la celebrazione della S. Messa in Cattedrale da S.E. il vescovo Migliavacca e concelebrata in italiano da: Don Stanislaw, Don Josef, Don Andrea, Don Witold, Don Donato ed un altro sacerdote polacco. Un momento di unione e di preghiera per benedire la missione di Shalom. Un messaggio di pace e fuori dalla logica delle armi per “costruire ponti e favorire incontri, curare le ferite lancinanti dei cuori straziati dalla morte, dall’odio, dalla paura e dalla distruzione. Perché questa guerra, come tutte le guerre, non avrà vincitori ma solo sconfitti”.
Come città polacca prossima al confine, in passato Przemyśl ha avuto un rapporto di amore e odio con la vicina Ucraina. Già capitale del Russ di Kiev tra l’XI° ed il XII° secolo, era stata conquistata dai polacchi di Casimiro III nel 1340, per cui la sua popolazione era composta anche da ucraini. Dopo la prima guerra mondiale Przemyśl era stata al centro di un conflitto la Polonia e la neo costituita Repubblica Nazionale dell’Ucraina occidentale. Con la vittoria definitiva dei polacchi è entrata a far parte del voivodato di Leopoli, allora Polonia.
Dopo la seconda guerra mondiale la Polonia ha perso parte dei suoi territori per lo spostamento dei confini dell’URSS verso occidente. Per questo motivo la popolazione di origine ucraina è stata espulsa e sostituita dai profughi polacchi provenienti dalla Galizia. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi, i polacchi si sono trovati a fronteggiare l’esodo dei profughi del nuovo conflitto. Masse di donne, vecchi e bambini ucraini sono affluiti con mezzi di fortuna ed a piedi ai posti di confine tra i due stati mentre la stazione ferroviaria di Przemyśl è stata invasa da migliaia di fuggitivi.
Questa volta i polacchi che in passato hanno chiuso le porte ai profughi di guerra provenienti dall’Afghanistan o dalla Siria hanno organizzato una grandissima operazione di accoglienza per le vittime dell’invasione russa. I polacchi per primi hanno accolto, fornito ricovero e cibo ai milioni di profughi che hanno varcato il confine. Ma non si sono limitati a questo. Hanno organizzato l’invio in Ucraina di aiuti umanitari. I polacchi, così come gli ucraini, sono animati da una forte russofobia.
Ed i polacchi sono anche tra i principali sostenitori dell’invio di materiale bellico alle forze armate di Kiev.
Fieri di quanto fatto, i nostri amici polacchi hanno organizzato la nostra permanenza a Przemyśl in modo da poterci rendere conto della macchina organizzativa messa in atto ed in parte ancora funzionante. Prima di partire Romina Gobbo ha potuto intervistare Don Stanislaw e monsignor Josef Michalik che ci hanno dato modo di conoscere come essi vivono l’attuale situazione geopolitica. Interviste poi ospitate all’interno degli articoli di Romina Gobbo pubblicati da Avvenire. Monsignor Stanislaw Jamrozek è stato sicuramente quello più ottimista.
Per lui la riconciliazione tra russi e ucraini è possibile. Egli invita a pregare per la pace, perché i due popoli possano tornare ad essere amici. Egli è fiero della grande generosità dimostrata dai polacchi che nel rispetto del messaggio evangelico hanno aperto i loro cuori e le loro case ai fratelli più bisognosi. Un impegno difficile da mantenere, considerato che quasi 4 milioni di ucraini hanno attraversato il confine in cerca di aiuto. Monsignor Josef Michalik, tra i due, è quello che appare più scettico.
Non comprende il senso di questa guerra di aggressione che arrecherà soltanto sofferenza e distruzione. Crede che sia importante promuovere il bene e la bellezza del contatto col Signore per realizzare la pace. A suo avviso, nonostante la guerra, tra i polacchi non ci sarebbe odio nei confronti dei russi perché sanno che la colpa non è della popolazione ma della classe dirigente che attraverso i media e la propaganda ha sempre divulgato falsità ed alimentato l’ideologia imperialista. Per questo è necessario mantenere il dialogo con la popolazione russa.
Bisogna portare la verità alla gente semplice in modo da risvegliarne le coscienze.
Prima tappa della giornata la visita al centro raccolta di Lezajsk, una cittadina di quasi 15.000 abitanti all’interno del voivodato della Precarpazia distante circa un’ora di macchina da Przemyśl. Il centro è ricavato in alcuni capannoni industriali ed è gestito dalla Caritas Polacca con il supporto delle istituzioni civili e delle associazioni di volontariato. Per motivi di sicurezza non è caratterizzato da particolari contrassegni e solamente un banner rosso al posto di carico e scarico con la scritta “Magazyn Caritas, Pomoc Humanitarna” ne permette l’identificazione. È questo l’unico spazio esterno che è stato possibile fotografare. Ad attenderci la direttrice del centro, una impiegata del comune, che ha fatto gli onori di casa.
Sono molte le donne che partecipano, spesso con incarichi direttivi, alla macchina organizzativa degli aiuti umanitari. Ci ha raggiunti quasi subito il dottor Krzysztof Boguslaw Sobejko sindaco della città. Il primo cittadino di Lezajsk, nato a Przemyśl, è laureato in pedagogia all’Università Cattolica di Lublino e prima di intraprendere la carriera politica è stato insegnante e dirigente di scuola primaria. Sindaco dal 2010 è molto attivo nel sociale ed in particolare collabora con l’associazione dei vigili del fuoco volontari che è una delle associazioni che coopera con la gestione dell’emergenza umanitaria derivata dalla guerra in Ucraina.
Egli, avvalendosi di Don Witold come traduttore simultaneo, ci ha presentato in modo molto dettagliato il funzionamento del centro raccolta, che con orgoglio considera una delle organizzazioni più efficienti della Polonia. Efficienza che a suo dire è il frutto delle sinergie messe in atto dalla Caritas ed in particolar modo dalla Chiesa Cattolica polacca.
C’è da evidenziare che nel corso del nostro viaggio, anche a Leopoli, le autorità politiche hanno sempre precisato lo stretto legame con le autorità religiose così come queste ultime hanno tenuto a segnalare il sostegno ricevuto dallo Stato. Trono ed Altare uniti da un reciproco sostegno per l’esercizio delle proprie attività secondo il principio dell’unione fa la forza. Nelle infrastrutture messe a disposizione della Caritas affluiscono gran parte degli aiuti umanitari che giungono da ogni parte del mondo.
Sono i vigili del fuoco che volontariamente prestano servizio al centro fuori dall’orario di lavoro e si occupano della movimentazione di carico e scarico degli aiuti umanitari. I pacchi vengono subito verificati al loro interno uno per uno per controllare che non vi siano materiali proibiti. Le merci sono quindi assunte in carico e suddivise nei vari settori per tipologia: medicine, vestiti, acqua, cibo in scatola, cibo per bambini, giocattoli, piccoli elettrodomestici. Uno spazio è riservato allo stoccaggio delle carrozzine per il trasporto degli inabili.
La direttrice del Centro raccolta ci ha fatto presente che queste ultime sono state fondamentali nella prima fase dell’emergenza per l’arrivo in Polonia di una elevata percentuale di malati ed anziani in fuga dalle zone di guerra.All’interno dei capannoni il materiale viene sistemato nei pancali e coperto con una pellicola di plastica trasparente in previsione dell’invio verso i centri Caritas in Ucraina. Da questi pancali è possibile distinguere quelli che denotano diverse provenienze, frutto della raccolta delle associazioni, da quelli fatti inviati dalle grandi organizzazioni umanitarie.
Ci sono pancali con le lattine d’acqua personalizzate per la specifica emergenza e quelli che contengono le confezioni di razioni giornaliere pro famiglia. Queste confezioni, contraddistinte dai cartelli in lingua inglese “Operation 322 Aid to Ukraine” o “Family food box. This product contain a variety of food essentials for a family”, e relativa traduzione in polacco ed ucraino, che indicano che al loro interno sono contenuti i viveri necessari al sostentamento giornaliero di una famiglia ucraina.
Segno di una organizzazione logistica più complessa gestita dalle grandi organizzazioni governative e non governative che forniscono gli aiuti umanitari. I pacchi famiglia contengono al loro interno un po' di tutto dalle zuppe liofilizzate alle scatolette di cibo, alle bevande, alla carta da cucina, al dentifricio ed alle candele. I pacchi provengono da tutto il mondo, in gran parte dai paesi UE ma tantissimi sono quelli provenienti dagli Stati Uniti.
Anche l’Italia ha sostenuto lo sforzo umanitario attraverso la Croce Rossa, la Caritas italiana, le Misericordie ed altre associazioni di volontariato. Ho notato aiuti provenienti dall’Emilia Romagna e tra i materiali donati dall’Italia anche un muletto per la movimentazione del materiale. Al momento dell’invio in Ucraina i pallets vengono registrati nella lista di carico che è associata ad un codice. Lo stesso codice a cui è abbinato l’autista. Così da certificare alle autorità ucraine la provenienza del carico e del personale dal centro di Lezajsk quale garanzia della correttezza delle procedure di selezione, carico e spedizione.
Al punto raccolta di Lezajsk sono stati consegnati due terzi degli aiuti umanitari trasportati dall’Italia. Allo stesso centro, grazie al sostegno di alcuni imprenditori che hanno finanziato la spedizione con corriere, è successivamente stato consegnato il materiale che altrimenti sarebbe rimasto a San Miniato per mancanza di spazio sui nostri automezzi. I materiali da noi consegnati alla Caritas polacca sono stati immediatamente suddivisi su pancali per tipologia: vestiario, giochi, medicine, materiale sanitario, prodotti per la pulizia, cibo a lunga conservazione, omogeneizzati, materiale per le scuole.
I vigili del fuoco hanno provveduto a caricare sul muletto ed a suddividere gli aiuti umanitari all’interno del capannone per farlo inventariare. Contemporaneamente, accanto a noi, altri vigili volontari stavano caricando i pallet già confezionati su un camion in partenza per l’Ucraina mentre un altro camion era parcheggiato in attesa del suo turno.
Un ciclo continuo che ha garantito l’invio in Ucraina da questo Hub di alcune centinaia di camion di aiuti umanitari. Durante la visita siamo stati raggiunti da padre Pawel Konieczny, vice direttore della Caritas dell’arcidiocesi di Przemyśl. Padre Pawel è stato responsabile dell’organizzazione del sostegno agli enti di beneficienza durante la pandemia. Durante l’emergenza sanitaria la Caritas ha fornito confezioni alimentari, disinfettanti e prodotti di protezione diretta ai numerosi anziani presenti negli istituti religiosi.
Un aiuto diretto a tutti, indipendentemente dalle convinzioni o professioni religiose, sostenuto grazie alle numerose donazioni e, precisa, grazie al sostegno statale ed alla detrazione fiscale dell’1%. Ora è stato chiamato a gestire l’emergenza dei profughi della guerra in Ucraina. Prima di lasciare il centro raccolta di Lezajsk una pausa per il pranzo, che è stata l’occasione per lasciare al primo cittadino un piccolo ricordo del nostro passaggio. Don Andrea ha consegnato una litografia realizzata appositamente per il Movimento Shalom dal pittore e scultore fucecchiese Marco Puccinelli.
L’opera, dal titolo “non tutti riescono a volare” rappresenta Papa Francesco ed alcuni individui che rappresentano coloro che vivono nella povertà e nell’oppressione. Io, quale delegato del sindaco di San Miniato, ho donato una litografia più profana che ricorda “la città dei due imperatori”.
Realizzata dall’artista grossetano Giuliano Giuggioli in occasione del duecento cinquantesimo anniversario dalla nascita di Napoleone, essa rappresenta, oltre all’Imperatore, la torre di Federico II. La prima è la torre del XIII secolo che domina la Valdarno ed è divenuta il simbolo della città mentre il secondo ricorda il passaggio dell’Imperatore nel 1796 quando si era recato a far visita ad un ramo della famiglia che risiedeva appunto a San Miniato.