Caso ​Forteto, audizioni: sentiti Claudio Martini e Riccardo Nencini

L’ex presidente: “Abbiamo sbagliato, si poteva fare di più e meglio, ma non c’è stato dolo da parte nostra”. Il viceministro: “Qualsiasi decisione che permetta di chiudere la partita con la vecchia gestione è obbligata”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 marzo 2016 17:23
Caso ​Forteto, audizioni: sentiti Claudio Martini e Riccardo Nencini

 Sono proseguite nel pomeriggio di ieri, lunedì 7 marzo, le audizioni della commissione d’inchiesta alla quale il Consiglio regionale della Toscana ha affidato il compito di risalire alle responsabilità politiche e istituzionali nelle drammatiche vicende della comunità del Forteto. Sono stati sentiti l’ex presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, oggi senatore della Repubblica, e l’attuale viceministro ai trasporti, Riccardo Nencini, già in passato parlamentare e parlamentare europeo eletto nel Mugello, poi per dieci anni, dal 2000 al 2010, presidente del Consiglio regionale della Toscana, quindi assessore regionale nella giunta Rossi fino al 2013.

Nella seduta di ieri è stata sentita anche Giulia Badini, notaio che ha avuto spesso rapporti professionali con la comunità del Forteto.

Claudio Martini ha ricondotto i ricordi alle “due volte, tra il 2003 e il 2005, nelle quali sono stato a visitare l’azienda e l’argomento era sempre legato ai temi dell’agricoltura”. L’ex presidente ha ricordato come, per i suoi incarichi politici a Prato, avesse già avuto notizia della comunità “prima che si trasferisse nel Mugello” e ha osservato come ci sia stata “una fase nella quale la valutazione su quella esperienza era certamente controversa”. Le questioni del Forteto non arrivarono mai, però, ad essere trattate nella Giunta regionale: “Non ho ricordi che in Giunta si sia mai parlato del Forteto.

La cosa, tra le tante questioni e i tanti problemi che affrontavamo, non è diventata mai di grande attenzione, non ci fu tanto messa la testa”. Quando arrivò la sentenza della Corte di Strasburgo, “l’ho vissuta come una questione giudiziaria, non politica”. La questione del Forteto “non è mai diventata, per noi, di grande attenzione, né c’è mai stata una sollecitazione, una richiesta perché affrontassimo la questione. Sicuramente abbiamo sbagliato, non ho difficoltà a dirlo, non mi sentirei di dire, però, che questo sia il risultato di qualche dolo.

Probabilmente vi erano già elementi sufficienti anche per prese di posizione più nette da parte delle istituzioni. Riconosco che siamo stati probabilmente manchevoli”. In merito alla costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta, Martini ha osservato di non avere “nulla in contrario. Semmai, ho una mia valutazione dettata dall’esperienza: si fanno troppe commissioni d’inchiesta, quando magari ci sono altre autorità inquirenti al lavoro. Però in questo caso personalmente non avrei nulla in contrario.

Sul commissariamento della cooperativa non so cosa dire: a volte risolve, a volte no. Di per sé non è un toccasana, ma non mi permetto di esprimere un parere sul caso specifico, che non ho seguito”. Alla seduta hanno partecipato tutti i membri della commissione d’inchiesta: il presidente Paolo Bambagioni (Pd), i vicepresidenti Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) e Andrea Quartini (Movimento 5 Stelle), i consiglieri Jacopo Alberti (Lega Nord), Stefano Mugnai (Forza Italia) e Paolo Sarti (Sì-Toscana a sinistra).

L’ex presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini, ha ripercorso a sua volta le occasioni d’incontro con il Forteto, tra cui un contatto legato ad una richiesta di presentazione di un libro “su questioni scolastiche” e ha richiamato i propri ricordi “più legati alla prima esperienza di quella comunità, quando nacque a Bovecchio”, fino al momento in cui la storia gli fu “narrata completamente, nel 2012-13, quando me l’ha raccontata e descritta un vecchio amico d’infanzia poi diventato un protagonista della vicenda, Sergio Pietracito”.

Sulle questioni legate alla costituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare e al commissariamento della cooperativa del Forteto, Nencini ha risposto esponendo “una posizione personale: la mia opinione è che qualsiasi posizione si prenda, non solo per fare chiarezza, ma per chiudere la partita vecchia, questa sia non solo saggia, ma obbligata. Credo – ha concluso Nencini – che ciascuno di coloro che in quegli anni portavano delle responsabilità, una parte di mea culpa debba comunque farla: se accade sul territorio un fatto di questa enormità, forse avresti dovuto alzare le orecchie e tenere aperti gli occhi molto di più”.

Le domande rivolte a Giulia Badini sono state incentrate principalmente sull’attività professionale svolta per il Forteto dallo studio notarile condotto prima dal padre, “che all’epoca fece l’atto costitutivo” e poi dalla stessa Giulia Badini e sulla effettiva separazione e autonomia tra cooperativa, fondazione e associazione del Forteto, delle quali lo studio si è occupato nel tempo. “No, non ho avuto la percezione della scarsa autonomia, purtroppo – ha risposto –: certamente riguardo a cooperativa, fondazione e associazione, le persone erano le stesse, ma ognuna aveva il proprio organo decisionale”.

Successivamente, a domanda del consigliere Quartini, ha aggiunto: “La mia impressione è che a questa realtà occorressero diverse forme giuridiche necessarie alle varie attività. Non ho mai avuto nessun sentore, forse ero Alice nel paese delle meraviglie. Per me era tutto bello, ho fatto mie tutte le ottime impressioni che furono di mio padre, un liberale che odiava le cooperative, ma che dell’esperienza del Forteto s’innamorò. Ci credeva, tanto da difenderla anche con prese di posizione pubbliche ai tempi della prima sentenza.

Anch’io ci credevo. Ora, personalmente, sono rimasta molto sorpresa. Delusa per quanto è successo, anche dalla mia incapacità di giudizio”.

In evidenza