Renzi e Bersani all'Obihall, il Pd riparte da Firenze

Segretario e sindaco uniti verso le elezioni. Renzi promette che non farà a Bersani quello che è stato fatto a Prodi. Bersani che lascerà il testimone.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 febbraio 2013 23:50
Renzi e Bersani all'Obihall, il Pd riparte da Firenze

Arrivano insieme in un teatro, quello dell’Obihall di Firenze, gremito di persone, gente venuta con i pullman da tutta la Toscana e dall’Italia per assistere al “ricongiungimento” dei due protagonisti della battaglia politica più avvincente dello scorso 2012. Le Primarie però sono finite e hanno decretato il vincitore, riconfermando a leader il segretario Pier Luigi Bersani. Ora è tempo di guardare oltre, ci sono le elezioni in primavera e il Partito Democratico deve raccogliersi, radunare le forze perché la vittoria non è per nulla scontata.

Sono passati appena tre mesi dalla competizione che vide fronteggiarsi il nuovo e l’usato sicuro, eppure molto, moltissimo è già cambiato. Le forze politiche avversarie sono in rimonta, il Pd non può sbagliare e Bersani non può fare a meno di Renzi né del suo 40% .

Il primo a prendere la parola è proprio il sindaco di Firenze che ha smesso già da un po' i panni del rottamatore; in fondo la parte del ragazzo scalpitante sempre pronto alla provocazione non gli donava già da tempo.

Sarà banale ma le sconfitte insegnano e qualche volta sono solo un diverso inizio. ''Diamo il benvenuto al prossimo presidente del consiglio'' esordisce Renzi senza mezzi termini introducendo il segretario; poi attacca Monti che con la sua discesa o salita in campo ha "deluso". Poi si rivolge alla platea, prima a quelli che hanno votato per lui "e che magari ci sono rimasti male. E’ normale avvertire la stanchezza e la delusione dopo; ma a loro vorrei dire che se un castello è costruito nell’aria allora forse è lì che deve restare; a noi il compito adesso di dare a quel castello delle fondamenta".

Bersani applaude, applaude a lungo. Quindi a quelli che non hanno votato per lui: “non abbiate paura di chi non la pensa come voi su tutto. Ci chiamiamo non a caso partito democratico. Con le primarie ci siamo detti tutto prima, e non come in passato dove i finti unanimismi dell’inizio hanno mandato a casa per due volte Romano Prodi. Noi non lo faremo!”. Al termine del suo intervento Renzi omaggia Bersani con un Marzocco, il leone simbolo fiorentino della forza e della libertà ma anche animale temibile: “Il segretario non usa termini irruenti come me, lui non parla di 'rottamare', lui dice di voler ‘sbranare’ ” ironizza Renzi sui toni usati da Bersani nei confronti degli avversari che in questi giorni stanno cavalcando l’onda anomala dello scandalo Monte dei Paschi per affondare il Pd.

Ed è proprio la vicenda Mps e le rispettive, diverse, posizioni erano il momento forse più atteso della serata. Ma il patto di non belligeranza o di lealtà a seconda dei punti di vista è stato rispettato fino all’ultimo. Nessuno scontro, nessuna divergenza di opinioni. Renzi abilmente sulla faccenda si limita a dire: "L'Italia giusta si aspetta un governo che sia capace di un rinnovato rapporto tra finanza e politica, e di questo parlerà Bersani''. Bersani allora guadagna il centro del palco dopo essere rimasto al fianco del suo secondo per tutto il tempo e restituisce subito l’omaggio a Renzi: si toglie la giacca “in onore a Matteo” dice e riprende proprio da Siena e da Piazza Salimbeni.

“La colpa di quello che è successo al Monte dei Paschi è l’eccessivo localismo, ma vorrei dire a quelli della destra che noi non siamo mammolette e non accettiamo prediche da chi ha cancellato il falso in bilancio. Non accettiamo di essere raffigurati come quelli che vanno a braccetto con le banche. Per quanto riguarda la compravendita dei derivati va accettata solo da quelle banche vigilate da Bankitalia o da organismi europei. Andando in giro per l’Italia ho sentito di tutto durante questa campagna elettorale, chi vuole abolire l’Imu o chi come Grillo in Sicilia addirittura promette mille euro al mese a tutti i disoccupati.

L’unica risposta credibile resta il Pd”. Troppe secondo il segretario le formazioni in campo, spuntate un po’ come funghi attorno alla figura carismatica di uno solo. “Dopo la vittoria con Renzi – conclude Bersani non senza un po’ di compiacimento – avrei potuto anch’io mettere il mio nome sul simbolo, lo hanno fatto tutti. Ma invece no perché dopo Bersani c’è il Pd, e ci sarà anche dopo”. Il posto di Matteo Renzi per ora resta Palazzo Vecchio, anche Bersani lo sa come sa che è al ui che un giorno dovrà lasciare il testimone.

Fuori dal palco dice: "Lui ha un'energia eccezionale, sta facendo bene il sindaco. Cosa farà dopo? Io faccio un giro e poi mi riposo, lui invece ha ancora voglia di andare avanti". Filomena D'Amico

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