De Zordo: Il Comune esca dalla logica mercantile

Standard and Poor's boccia il Rating di Firenze da "A" a "BBB+"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
31 gennaio 2012 14:41
De Zordo: Il Comune esca dalla logica mercantile

di Ornella De Zordo Consigliera comunale di perUnaltracittà - lista di cittadinanza Standard and Poor's boccia il bilancio del Comune di Firenze e ne taglia il rating, evidenziando previsioni negative; lo stesso giorno Fitch taglia quello di Acea, la multinazionale proprietaria insieme a Palazzo Vecchio di Publiacqua spa, che nonostante il referendum del giugno scorso resta saldamente nelle mani dei privati. L'uso del modello liberista perseguito dall'amministrazione fiorentina a quanto pare non convince nemmeno le agenzie di rating, oggi detentrici assolute del dogma finanziario-capitalista.

Gli enti locali colpiti da Standard and Poor's sono in tutta Italia solo 13 (ci sono ad esempio città ultra indebitate come Roma e Torino, regioni come Lazio, Campania e Sicilia). L'amministrazione non può quindi nemmeno accampare la scusa che si tratta di un declassamento dovuto a seguito del taglio del rating della Repubblica Italiana avvenuto due settimane fa. Un rating maggiore a quello statale può essere infatti assegnato se un'ente locale ha un'economia più vitale, una minore dipendenza dai trasferimenti statali o un'alta flessibilità finanziaria.

Non è il caso di Firenze, che vede un bilancio sofferente, ultraindebitato con le banche e carico di poste che ai tempi di Tremonti avremmo definito "creative" (come ad esempio il Piano delle alienazioni). Detto questo è evidente che è urgente uscire dalla logica della finanza neoliberista, dove la realtà dei fatti viene interpretata e modificata a seconda degli interessi del mercato finanziario che non esita a speculare sulle debolezze degli Stati e degli Enti locali. Le agenzie di rating in mano alle banche pronte a guadagnare dalla bocciatura delle istituzioni non ci porteranno certo a risolvere i problemi esistenti, anzi è vero esattamente il contrario.

Per disinnescare il loro meccanismo perverso è necessario uscire dal modello stesso, sperimentare atti di disobbedienza civile, anche istituzionali, verso azioni del governo centrale che non è difficile reputare incostituzionali, contro il bene comune e i bisogni dei cittadini. Un atto fondamentale di disobbedienza civile e istituzionale è, ad esempio, quello contro il Patto di stabilità imposto agli enti locali, che penalizza soprattutto i servizi sociali destinati alle fasce più deboli della popolazione.

Ci sono poi delle azioni che evidentemente l'amministrazione di Renzi non può e non vuole realizzare - pena l'esclusione dal "grande centro politico" neocapitalista - ovvero utilizzare gli strumenti del Trattato di Lisbona per promuovere e costruire una "Carta europea dei beni comuni" mediante la quale inserire la nozione di bene comune tra i valori fondanti dell'Unione e fronteggiare la dimensione mercantile del diritto comunitario; allo stesso tempo modificare lo Statuto comunale per introdurre la nozione di bene comune, non soltanto simbolica, ma capace di influenzare le politiche pubbliche locali in materia di acqua, rifiuti, consumo di suolo, qualità dell'aria, verde pubblico, servizi e spazi sociali.

Tutte proposte concrete che sono state condivise e formalizzate da amministratori e attivisti partecipanti al Forum dei Comuni per i Beni Comuni tenutosi a Napoli il 28 gennaio, da dove è partito un forte richiamo a un modello del tutto alternativo di governo delle città. Infine è necessario attuare la volontà referendaria espressa dagli italiani lo scorso giugno, e anche il Comune di Firenze deve impegnarsi a gestire l'acqua attraverso un modello pubblico partecipato (come ha fatto Napoli con la società Abc) ed eliminare dalla tariffa dell'acqua il 7% relativo alla remunerazione del capitale investito, uscendo così dalla logica del profitto.

Si tratta di un passaggio fondamentale, che il Ggoverno cerca di neutralizzare anche nell'ultimo decreto "Cresci Italia" in cui si dice che il servizio idrico non va privatizzato ma allo stesso tempo si inserisce la clausola che le aziende speciali devono essere sottoposte al Patto di stabilità: la diretta conseguenza è che i Comuni non avendo risorse non possono che gestire con i privati il servizio.

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