Testamento Biologico: a Firenze un 70enne presenta un nuovo ricorso

Prendere provvedimenti sulla propria vita in caso di una futura ed eventuale malattia che possa limitare la capacità di intendere e di volere, esprimendo il desiderio di rinunciare anche a qualsiasi trattamento terapeutico. Udienza il 13 dicembre.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 dicembre 2010 15:09
Testamento Biologico: a Firenze un 70enne presenta un nuovo ricorso

Mentre il Governo emana una circolare che nega valore giuridico ai registri per la raccolta dei testamenti biologici istituiti da diversi comuni italiani, la magistratura torna ad occuparsi di testamento biologico. In particolare, a Firenze, l'avvocato Sibilla Santoni ha presentato in Tribunale un nuovo ricorso in materia di testamento biologico nella speranza che magistrati adottino decisioni diverse da quelle passate. Questa volta a presentare ricorso è stato un uomo di settanta anni, sposato, con tre figli, con molte amicizie ed una vita densa di rapporti interpersonali, laureato, in pieno possesso della capacità di intendere e di volere, che si trova, fra l'altro, in buono stato di salute sia fisico che mentale.

L'uomo, consapevole dello scorrere del tempo ha iniziato a pensare a circostanze future riguardanti il proprio stato di salute. Ciò lo ha portato ad esprimere al coniuge le proprie volontà nel caso di una propria futura ed eventuale incapacità, riferendogli di non voler essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico. Questo con particolare riguardo alla rianimazione cardiopolmonare, alla dialisi, alla ventilazione e all'alimentazione forzata ed artificiale, nel caso di malattia allo stato terminale, malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile gravemente invalidante o malattia che lo costringa a trattamenti invasivi e permanenti con macchine o sistemi artificiali che gli impediscano una normale vita di relazione. Nell'eventualità in cui si presentino tali patologie, l'uomo desidera che vengano intrapresi tutti i provvedimenti atti ad alleviargli le sofferenze, compreso l'uso di farmaci oppiacei, anche se questi dovessero anticipare la fine della vita.

Al riguardo è consapevole che nel nostro ordinamento vigono i Principi di Diritto, che garantiscono il rispetto della volontà di non sottoporsi a terapie finalizzate a posporre la morte biologica, espresse dal soggetto in un periodo antecedente la perdita della propria capacità di autodeterminarsi. "Occorre citare gli arrt.2, 13 e 32 della Costituzione – afferma l’avvocato Santoni -. Difatti questa, all'art.2 prevede la libertà di cura come diritto fondamentale della persona nella sua identità e dignità, all'art.13 stabilisce nell'accezione individuata dalla Corte Costituzionale con sentenza 471/1990 l'inviolabilità della libertà quale “sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo” e, infine, all'art.

32 consacra la tutela della salute come diritto fondamentale prevedendo i trattamenti sanitari obbligatori solo con riserva di legge qualificata. Tali norme costituzionali, come quelle ora citate che riconoscono diritti primari, possiedono il carattere di imperatività e di immediata operatività ed applicabilità senza la necessità, ai fini dell'applicazione della norma, di alcun intervento da parte del legislatore ordinario. Eventuali leggi che non le rispettassero sarebbero prima facie incostituzionali oltre che non democratiche". In riferimento al necessario rispetto della volontà del paziente si è espressa anche la Corte di Cassazione nella sentenza n.

23676/08. La Corte, infatti, tenendo in considerazione l'intimo nucleo della personalità (rappresentato dal bagaglio di esperienze vissute dal soggetto, dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali o filosofiche che esprimono le determinazioni personali), ha riconosciuto ad ogni individuo il “diritto assoluto di curarsi” anche nel caso limite in cui tale rifiuto esponga il malato al rischio stesso della vita. In riferimento a quest'ultimo aspetto si precisa che le patologie considerate nel ricorso si caratterizzano per il rispetto del normale percorso biologico sotto il profilo della non interferenza con il suo corso.

Non viene contemplata alcuna ipotesi che configuri fenomeni eutanasici che, difatti, legittimano interventi accelerativi del naturale percorso di morte. Si delinea un dovere dell'ordinamento al rispetto di un'espressione autodeterminativa finalizzata all'evoluzione naturale del processo biologico della patologia con conseguente ablazione di forzature, violenze e interventi tecnologici invasivi diretti unicamente al prolungamento di una sopravvivenza inerte. Per discutere il ricorso è fissata udienza per il prossimo 13 dicembre 2010.

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