Palazzo di Giustizia (6°): il luogo di culto della contiguità

Intervista di Nove da Firenze a Ornella De Zordo, in Consiglio comunale con la lista perUnaltracittà

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 maggio 2010 09:10
Palazzo di Giustizia (6°): il luogo di culto della contiguità

di Nicola Novelli foto di Emanuele Noferini L'inchiesta giornalista di Nove da Firenze sulla realizzazione del nuovo Palazzo di Giustizia a Novoli volge quasi al termine. Abbiamo intervistato il Vicesindaco Dario Nardella, il presidente della Prima commissione consiliare, Massimo Fratini, la consigliera comunale PdL Bianca Maria Giocoli. Abbiamo anche conversato con altri esponenti politici, raccogliendo i pezzi di un puzzle che non è facile ricomporre nel corso degli ultimi 10 anni. Su questa vicenda, sin dalla precedente legislatura si è distinta per attenzione e interventi Ornella De Zordo, in Consiglio comunale con la lista perUnaltracittà.

Nove da Firenze le ha richiesto un punto di vista alternativo. Tra le domande circa l'operazione urbanistica del nuovo tribunale la prima è relativa alla scelta di localizzazione. Perché proprio a Novoli? D'istinto risponderei che fu una scelta che doveva legittimare un'altra operazione immobiliare. Prova ne sia che la localizzazione del Palazzo di Giustizia non è stata supportata da appropriati studi urbanistici. Né si trovano previsioni di questa enorme struttura su pianificazioni di qualche tipo -precisa la consigliera di perUnaltracittà- E' piuttosto all'epoca della presentazione dei progetti di ristrutturazione delle aree di proprietà di Fiat, La Fondiaria e Agip che si cominciò a concepire l'idea.

Come dire? Il pubblico contratta con il privato e così si arriva alla Città nuova, che si sposta progressivamente verso Castello. Dunque “urbanistica contrattata” alternativa alla Pianificazione pubblica? Non solo. La conseguenza di questa scelta è l'allontanamento di molte funzioni pubbliche dal centro storico fiorentino, che si impoverisce di vitalità sociale ed economica. E il discorso vale anche per le facoltà umanistiche spostate nel nuovo polo universitario in viale Guidoni -risponde Ornella De Zordo- Questo senza la definizione di un progetto di rilancio dell'area svuotata, che rimane soltanto come contenitore dei flussi turistici di massa.

Chi ha progettato e governato questo processo ha ascoltato nell'arco degli anni tante voci critiche, sapeva cosa sarebbe successo. E ora vediamo i risultati. Un'altra questione che salta agli occhi è la scelta del progetto dell'architetto Leonardo Ricci. Perché proprio quello? Si tratta di una sorta di riciclaggio progettuale. L'idea originaria fu concepita da Ricci negli anni '70 per una basilica religiosa che l'architetto propose alla Diocesi di Trento. Ma l'ipotesi non si concretizzò.

La struttura fu ripresentata poi come Palazzo di Giustizia, in dimensioni più ridotte, a Savona. E anche lì non se ne fece di nulla. Successo al terzo tentativo a Firenze, ma ripeto, l'idea di base non si riferiva assolutamente alle funzioni attuali. A quel punto, e dopo la morte del progettista, è stato fatto un gran lavoro di adattamento, aggiornamento e modifica alle necessità concrete del caso fiorentino. E questioni come l'estetica e l'avanguardia progettuale? Non entro nel merito che è soggettivo.

Mi limito a dire che innegabilmente un progetto vecchio di 30 anni risulterà ad esempio inadatto dal punto di vista dei consumi energetici. E in questo almeno si palesa un'inadeguatezza della nostra classe dirigente rispetto all'innovazione urbanistica. Ma discorsi simili, ripeto, si potrebbero fare anche per le altre realizzazioni circostanti il Palagiustizia. Altro tema eclatante la durata dei lavori: com'è possibile che ci abbiano messo 10 anni? Un tempo che non ha paragoni nella civile Europa.

E rilevo quanto il trascorrere del tempo consenta la lievitazione dei costi a tutto vantaggio di chi costruisce. Anzì, per meglio dire -puntializza la De Zordo- rende incontrollabile l'evoluzione delle voci di costo del progetto, regalando l'invulnerabilità alle critiche. Alla fine chi ci capisce più niente dopo 10 anni? Un fenomeno che è stato ampiamente documentato dalle recentissime inchieste giudiziarie sui cantiere delle grandi opere. Guardi: siamo al cuore dei mali che affliggono il paese.

Senza un'etica forte a canalizzare le risorse collettive, i soldi dello stato diventano numeri freddi che, gonfiati con il debito pubblico, finiscono per alimentare il facile interesse per grandi opere quali i tunnel, la TAV, o il Ponte sullo stretto di Messina. Si configura così una pericolosa “contiguità” di ambienti che dovrebbero rimanere separati? Insomma: è innegabile che negli ultimi 15 anni sui grandi progetti immobiliari a Firenze si sia generato un forte sbilanciamento a favore di un cartello di imprese afferenti all'ambiente delle Cooperative.

Questo è il caso del nuovo tribunale realizzato dalla Inso SpA del Gruppo Consorzio Etruria -sbotta la consigliera comunale della sinistra critica- ed è noto a tutti che gli enti locali in questi anni non hanno mai messo in discussione le commesse, o la gestione dei cantieri, offrendo un sostegno di fatto ad interlocutori che, almeno politicamente, erano contigui alle maggioranze di governo locale. La concorrenza sul mercato dell'edilizia è stata limitata? Per garantire pari opportunità a tutti di concorrere agli appalti pubblici si deve accertare che non vincano sempre i soliti noti e che nella scelta dei progetti non prevalga l'interesse dei realizzatori -chiosa Ornella De Zordo- Ricordo che l'allora sindaco Leonardo Domenici per giustificare la propria presenza ad una cena con i proprietari dell'area Castello, chiarì candidamente che c'era andato proprio per definire le realizzazioni immobiliari.

Poi sono arrivati progetti di edifici pubblici commissionati dagli enti locali a salvare i precari equilibri economico-finanziari delle realizzazioni dell'area di Castello. Perché il pubblico corre sempre in soccorso dei privati? Anche in Toscana sembra essere stato esportato un modello urbanistico che era tipico della Lombardia? E' il caso della Firenze Parcheggi che versa in grave crisi per gestire delle strutture ben remunerate a chi le ha costruite -conclude la De Zordo- è non sto esulando dal tema.

Perché se non si guardano le cose con un'ottica più ampia sfugge la contiguità dei portatori di interessi privati con i committenti-controllori pubblici. E non sono la prima a suscitare una questione che è animata da eminenti urbanisti. Ma è difficile alzare il livello di attenzione dell'opinione pubblica. Fortunatamente fu più facile bloccare in Consiglio Comunale l'approvazione del vecchio Piano Strutturale, che questa filosofia dell'urbanistica contrattata incarnava completamente.

Adessio siamo in attesa della presentazione del Piano Strutturale della nuova Giunta comunale. Staremo a vedere.

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