Parte dalla Toscana la lotta all’influenza suina

La strategia è frutto della collaborazione tra esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità e medici di terapia intensiva sancita durante il congresso internazionale di Firenze.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 settembre 2009 18:06
Parte dalla Toscana la lotta all’influenza suina

Evoluzione e complicanze dell’influenza suina saranno costantemente monitorate, per una pronta risposta medica, dai reparti di terapia intensiva degli ospedali di tutto il mondo. È il patto di collaborazione sancito a Firenze tra i rappresentanti dell’Organizzazione mondiale della sanità che sono intervenuti alla Fortezza da Basso in occasione dei lavori del 10° congresso della Federazione mondiale delle società di terapia intensiva e del 63° Congresso nazionale della Siaarti (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva), organizzato da Raffaele De Gaudio, professore di anestesia e rianimazione dell’Università di Firenze.

Lo ha annunciato il professor Edgar Jimenez, presidente delle Federazione mondiale delle società di terapia intensiva, a margine della premiazione del professor Mitchell Levy, al quale il presidente dell’Assemblea legislativa della Toscana, Riccardo Nencini, ha conferito la medaglia d’argento del Consiglio regionale come riconoscimento per la sua attività. “Il professor Levy – ha detto Nencini leggendo le motivazioni del riconoscimento - è stato il primo a promuovere lo sviluppo delle procedure che hanno portato alla ‘umanizzazione’ dei reparti di terapia intensiva (cure di fine vita, apertura del reparto ai familiari dei pazienti 24 ore su 24, sviluppo dei processi di comunicazione, approccio psicologico per gli operatori e per i familiari).

Da più di 10 anni il professor Levy svolge la sua attività in stretta collaborazione con le terapie intensive toscane sia a livello organizzativo che scientifico”. Mitchell M. Levy è professore di medicina alla Brown Medical School e direttore medico del reparto di terapia intensiva del Rhode Island Hospital di Providence. “Traumi, crisi respiratorie o renali, infezioni e malattie incurabili possono colpire chiunque di noi – ha detto il professor Levy – i medici di terapia intensiva hanno il compito di affrontare questi casi e di impegnarsi per strappare alla morte i pazienti”. Al congresso fiorentino hanno partecipato i delegati di 93 nazioni in rappresentanza di tutti i continenti.

“La terapia intensiva – ha spiegato Jimenez – è la più complicata e sofisticata branca della medicina ed è in costante sviluppo, sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista tecnologico”. Fondamentale, come ha sottolineato Ged Williams, presidente della Federazione mondiale degli infermieri di terapia intensiva, “è il ruolo del personale infermieristico, che permette l’applicazione delle indicazioni mediche 24 ore su 24 e mantiene il collegamento tra i pazienti e le famiglie, che sono estremamente vulnerabili”. Uno dei problemi fondamentali del futuro è quello di garantire le cure di terapia intensiva anche al 50% della popolazione mondiale che oggi ne è tagliata fuori.

“La maggioranza dei bambini che vivono una condizione di malattia terminale vive nei paesi più poveri del mondo e non possono ricevere questo tipo di cure”, ha detto infatti Andrew Argent, professore di terapia intensiva pediatrica dell’Università sudafricana di Città del Capo. “Questi quattro giorni di congresso fiorentino – ha confermato De Gaudio - ci hanno permesso di sviluppare nuove idee e nuovi progetti che dovranno trovare applicazione nei paesi con risorse più limitate, e stiamo parlando del 50% della popolazione mondiale, dove la terapia intensiva non è applicabile per gli alti costi che essa comporta”.

(lm)

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