Caporetto viola, al Franchi passa anche un modesto Verona

Errori incredibili di Kean, De Gea e Ranieri. Squadra impalpabile e confusa, non basta qualche minuto di arrembaggio

Paolo
Paolo Pellegrini
14 Dicembre 2025 18:57
Caporetto viola, al Franchi passa anche un modesto Verona
Foto Fabio Vanzi

La tentazione sarebbe una sola, offenderli, quelli che il mio amico di Oltreoceano, dirigente del Viola Club Washington, chiama la Banda dei Quaquaraquà. Vestita da Armata Brancaleone, perfino con la vecchia maglia della Pistoiese, tutto quell’inutile arancione abbagliante di poca dignità, aggiungo io, branco di sbandati senza capo né coda. Tanto che abboccheresti perfino al dubbio atroce buttato là da una ragazza mentre usciva dallo stadio insieme all’amica, dopo questa nuova cocente umiliante assurda delusione: “Secondo me sono pagati per perdere, non me la spiego in altro modo”, diceva con voce lucida e chiara.

Dubbio suggestivo, e alla fin fine neppure troppo remoto. Perché la Banda Brancaleone ha sbagliato lo sbagliabile, davanti a un Verona – amici? Gemelli? Vaiavaiavaia – che ha prodotto il solito gioco di scambi rapidi e stretti, di intensità dove ce n’era bisogno, di corse e rapidità di movimento individuale, benché costellato da una marea di errori tecnici e di falli su cui l’incredibile direzione di uno dei peggiori arbitri forse del mondo, tale Andrea Colombo, ha ignobilmente sorvolato, mancandone almeno tre nettissimi sul limite dell’area gialloblù (e quel contatto dentro su Ranieri… bah…), e altrettanto ignobilmente ha sorvolato nell’estrarre dal taschino assai più numerosi cartellini, primo tra tutti quello per il fallo di mano volontario di un tal Frese, già ammonito e nemmeno ripreso per un fallo immediatamente successivo al primo, ma poverino, a quel tale lì disceso dal lago di Como a miracol mostrare forse faceva fatica mettere mano al taschino, chissà, e bontà sua che quella palla di Bernede abbia appena appena sfiorato la linea di fondo…

Sì, la Banda Brancaleone l’ha buttata via. Perché un tale Orban, che di nome fa per l’appunto Gift, in italiano regalo, tolta quella storica tripletta record in Conference quando giocava a Gent, due palloni in rete in una sola partita non li ha mai messi, e oltretutto era subentrato al pezzo pregiato Giovane acciaccato… Ma c’erano stati segnali chiarissimi che il match era messo male. Malissimo. Tipo il tiro al piccione praticato con assurda pervicacia da Moise Kean nei confronti del pur bravino Montipò: messo in condizione di bucarlo almeno quattro volte con abbastanza comodità – ma devo rifare meglio il conto, perché forse sono cinque o sei – lo ha sempre centrato in pieno con precisione da fossa olimpica nel tiro al volo, quasi quasi sarebbe meglio mandarlo ai Cinque Cerchi a tirare al piattello.

Questa volta, in effetti, il tanto criticato povero Fagioli, che ha corso cinque milioni di chilometri, ha distribuito palloni in ogni dove – sì, magari alle solite, troppo in comfort zone, sicché quel possesso palla al 65% è ancora una volta drogato dal reticolo dei tocchi laterali – e appunto in tre occasioni (e una volta anche Gud, a dire il vero) l’ha messo davanti al portierino rivale con lunghi lanci deliziosi, non i soliti spioventacci a casaccio di cui si è infarcita la partita di qualcun altro, vero Dodo? Vero Ranieri? Vero anche Fortini e magari un paio di volte anche Parisi, che comunque in tutto il suo clamoroso arruffio è stato il più propositivo e positivo tra gli arancioncini? Ma era messa male, la paurissima su Bernede dopo appena 5’ per sbandata di Comuzzo s’è detta, e poi quel gol sul finire del tempo preso su una palla di rimessa, Orban che corre e Ranieri lo perde – disastroso, Ranieri: in tanti, in tribuna, speravano in un cartellino per non vederlo domenica prossima con l’Udinese – e lui avanza e da lontano lontano lascia partire una cosetta sulla quale De Gea dorme, prova un tuffetto lasco e il pallone gli rotola in rete a lato del guantone.

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Foto Fabio Vanzi

Povero De Gea, dal grandissimo di una stagione fa all’irriconoscibile di oggi. E non solo lui. Beh, da Compitino Richardson più di tanto si sa che non ci si può aspettare, certo vederlo buttar via palloni su palloni e un tempo di gioco dopo l’altro fa male solo a pensare che una stagione fa, e anche due, il centrocampo viola era un’altra cosa. Ma irriconoscibile, trasfigurato in negativo è Dodo che ne prova centomila e novantamila le sbaglia, e il resto produce poco, e poco significante appare Mandragora per posizione, scarsa corsa, piede loffio.

Centrocampo patetico, con Sohm che è di gran lunga il peggiore in campo, ma Vanoli – sono sempre qui a domandarmi che differenza ci sia fin qui tra lui e Pioli, e addirittura oggi m’è parso anche meno tarantolato del solito – se ne accorge solo dopo una settantina di minuti. Ma anche lui a quel punto compie il capolavoro: perché butta dentro Dzeko, un altro fantasma, capace di poco altro che graziosi passaggini ai difensori avversi. Per cortesia, se questa deve essere la sua condizione, non fatecelo più vedere in campo, fategli fare la chioccia nello spogliatoio e al VP, ma in campo no, grazie, proviamo un po’ di più con Piccoli, dato che adesso non abbiamo altro, no, dai, no, Pesticcio Kouamé nemmeno a nominarlo, dai, ma scherziamo.

Azzecca il cambio di Ranieri, certo, il mister, anche se il buon Niccolò Fortini non si mostra nel migliore spolvero perché come al solito si incaponisce in individualismi poco poco tecnici e non azzecca un cross uno; fa bene a togliere Mandragora ma Compitino non sposterà nulla; fa bene a togliere l’inesistente Sohm (ricordiamoci che dal Parma Pioli aveva chiesto Bernabè…) ma buttar dentro Dzeko, mah. Però non si capisce la necessità di Viti e Ndour a 5’ dal novantesimo, quando hai prodotto e devi portare a termine lo sforzo per vedere di vincerla, e metti dentro un perso e mezzo.

Renda conto anche lui, a quel ventimila che non si sono chetati un istante, che hanno sostenuto la squadra – insomma, squadra… - dalla lettura della formazione fino, certo, all’inevitabile bordata assordante di fischi e insulti del dopo fischio finale. Tanto per smentire chi si provi a dare qualche colpa ai tifosi, quattromila a Sassuolo a fare di quelle figure, tifo incessante oggi. Tutti meritatissimi, i fischi. Per tutti, giocatori in primis, ma il commento che più ricorre è sempre quello, “la colpa non è di loro, è di chi li ha scelti”.

Ed è questo il doloroso capitolo che si apre ogni volta, ogni momento, in questa annata sciagurata in cui tutti, dal primo all’ultimo, hanno responsabilità gravissime, compressa la scarsa conoscenza del tema, che è una colpa anche quella. Intanto domenica arriva l’Udinese che ha fermato il Napoli, e dico poco. Poi tra quindici giorni comincia il mercato di gennaio. E io insisto: gli affari devono essere già fatti, deve mancare solo la firma. Ma lo scouting illuminato non è stile della casa. Ci sentiamo giovedì sera dopo Losanna, perché c’è anche quella, e i playoff sembrano inevitabili.

E la quota salvezza qua resta a otto punti. Ma con una partita in meno.

FIORENTINA (3-5-2): De Gea; Pongracic, Comuzzo, Ranieri (60' Fortini); Dodò (85' Viti), Mandragora (60' Richardson), Fagioli (Dal 85' Ndour), Sohm (68' Dzeko), Parisi; Gudmundsson, Kean. A disp.: Martinelli, Lezzerini, Kouadio, Marì, Nicolussi Caviglia, Kouamé, Piccoli. All. Paolo Vanoli.

VERONA (3-5-2): Montipò; Unai Nunez, Nelsson, Bella-Kotchap; Belghali, Niasse(45' Gagliardini), Al-Musrati (74' Serdar), Bernede, Frese (74' Valentini); Giovane (36' Orban), Mosquera (60' Sarr). A disp.: Perilli, Toniolo, Oyegoke, Slotsager, Ebosse, Cham, Yellu Santiago, Kastanos, Harroui, Ajayi. All. Zanetti

ARBITRO: Colombo di Como; assist. Baccini-Perrotti, quarto uff. Piccinini; Var Gariglio-La Penna

MARCATORI: Orban 42’, autorete Unai Nunez 69’, Orban 90’+3

Note: ammoniti Niasse (V), Frese (V), Gudmundsson (F), Al-Musrati (V), Belghali (V), Unai Nunez (V), espulso Zanetti (All. V). Angoli 9-3 Fiorentina. Spettatori 20.967

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