Musica, Piero Pelù: the rocky politics theatrical show

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 aprile 2009 23:53
Musica, Piero Pelù: the rocky politics theatrical show

Il Carmelo Bene del Rock, Piero Pelù, sta attraversando l’Italia con il suo tour teatrale Fenomeni 2009. Ed esprime pienamente quella dimensione scenica che ha sempre manifestato sin dall’inizio della sua carriera. La modulazione vocale baritonale, la cadenza metrica appresa al liceo classico, gli studi di mimica e di tecnica teatrale alla scuola di Orazio Costa, un’espressività straripante, nonostante la timidezza che ha sempre celato la sua cultura personale.
Venerdì 3 aprile lo abbiamo visto al Teatro Politeama Prato.

Lo spettacolo prende avvio dall’album "Fenomeni”, che nella primavera del 2008 aveva raggiunto il terzo posto della classifica degli album più venduti e tante arene e piazze nell’estate successiva. La svolta della sua carriera, il debutto a teatro, è maturato nel periodo invernale. Nelle settimane scorse l’avvio del poliedrico show da Civitanova Marche.
Si tratta di uno spettacolo che regala emozioni, atmosfere e colpi di scena tipici dell’illusionismo. La sceneggiatura, basata sui temi delle 21 canzoni della scaletta, è scritta a quattro mani da Pelù e dal regista Sergio Bini -in arte Bustric- così come la scenografia ispirata al futurismo.
In evidenza le capacità interpretative e vocali di Pelù, accompagnato da una rock band in cui spicca però l’uso della chitarra acustiva.

In scaletta brani del repertorio dei Litfiba (alcuni mai suonati dal vivo), ma anche di quello da solista, tutti con nuovi arrangiamenti. Dal palco Pelù dialoga con un variegato pubblico fatto da una prima e pure da una seconda generazione di suoi ammiratori.
Lo spettacolo cuce i testi delle sue canzoni in un percorso impegnato di temi autobiografici, politici e di cultura attiva socialmente. Dal Sud del mondo all’Italia in crisi di identità, passando per la sua infanzia a Firenze. Con una dedica ai lavoratori di aziende in difficoltà.

Il rocker imbraccia infatti una smerigliatrice in proscenio e scaglia scintille in platea, snocciolando un elenco di imprese i cui lavoratori sono in cassa integrazione.
E il pubblico si emoziona in un alternarsi di riferimenti rock e sinfonici, pop e cabaret, come quando si esibisce a sorpresa in un brano di Kurt Weil tratto dall’Opera da Tre Soldi di Berthold Brecht. Dunque uno spettacolo musicale con il quale Pelù arriva al teatro, ma senza assolutamente rinnegare il rock. Uno spettacolo che non trova forse molti riferimenti nella musica italiana.

L’impasto drammaturgico fa piuttosto pensare a certo rock anni settanta, quello dei grandi gruppi della scena britannica, che amavano sceneggiare un un continuum narrativo le loro canzoni oscillando tra i virtuosismi solistici e le ballate popolari.
E’ proprio con questo atteggiamento che Pelù, sveste definitivamente i panni del divo che l’industria discografica imporrebbe. E ritrova le origini del rock, che affonda le proprie radici in bilico tra le pianure del nord america e le gelide banchine dei porti del nord europa.

Cioè di una forma espressiva popolare, ma così antica nei riferimenti da portarsi dietro la storia stessa della musica, dai canti degli schiavi al cabaret, dalla musica klezmer a quella dei cantastorie che nel corso di millenni, attraversando i continenti, avevano portato in Occidente la musica e il linguaggio delle terre dove nasce il sole.
Uno spettacolo che certo rivedremo, in ripresa autunnale, nei principali teatri italiani. Intanto sarà possibile ritrovarlo l’11 maggio a Piombino al Metropolitan.
Nicola Novelli

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